Una nuova amica, è in sala il nuovo film di François Ozon, il regista di Otto donne e un mistero.
Profondamente scossa dalla morte della migliore amica, con la quale aveva instaurato un’intesa speciale, Claire fa una scoperta inaspettata sul marito della defunta: a David piace vestirsi da donna. In un vortice di segreti, pulsioni inaspettate e doppie identità nascoste, Claire si lascia così coinvolgere in un gioco per lei nuovo, fino a quando la situazione comincia a sfuggirle di mano…
La protagonista, prima sospettosa -come lo spettatore probabilmente- si apre a un nuovo mondo, inaspettato, e lo accoglie per mettersi in discussione e riscoprirsi una donna nuova. Il suo è un percorso pieno di dubbi, David sembra essere invece più a suo agio questo cambiamento: a lui piacciono le donne, ne è sicuro, ma si sente sé stesso solo in abiti femminili. Claire è perplessa, gli dà del pervertito. Cambierà presto idea e scoprirà in David… Una nuova amica.
Un progetto a cui il regista francese di Gocce d’acqua su pietre roventi pensava da ormai vent’anni: dai tempi di Une robe d’été – A Summer Dress (1996), un corto in cui proprio un vestito femminile dona nuova e inaspettata libertà al protagonista.
Una nuova amica è liberamente tratto di un breve racconto di quindici pagine di Ruth Rendell, molto simile sia nel tono sia nello spirito alla serie televisiva Alfred Hitchcock Presenta. Questo nuovo Ozon si presenta come un piccolo melodramma color confetto, perfettamente in linea con lo stile del regista, che chiama a raccolta tutti i temi a lui più cari: la maternità (Ricky, 2009), la donna (Angel, 2007; Swimming Pool, 2003), l’indagine della sessualità (Jeune & Jolie, 2013); una lente d’ingrandimento puntata sulla borghesia d’oltralpe (Potiche, 2010; Dans la maison, 2012).
C’è molto Almodovar in questo storia: l’elaborazione del lutto, il travestitismo, il mistero, la riscoperta del sé; una rielaborazione -e un aggiornamento- dei grandi melodrammi di Douglas Sirk e dei Mc Guffin di Hitchcock, tòpoi sui quali il regista di Tutto su mia madre ha fondato gran parte della propria poetica autoriale, da Tacchi a Spillo fino a La pelle che abito.
Perfetto il cast. La giovane Anaïs Demoustier nel ruolo di Claire è impeccabile, sempre in bilico tra la fuga e la voglia di lanciarsi in un questa inaspettata avventura, in un nuovo gioco, proprio con lo spirito di una bambina pronta a una nuova marachella.
Romain Duris -già splendido in Persécution di Patrice Chéreau al fianco di Charlotte Gainsbourg, in Populaire e in nell’onirico Mood Indigo di Michel Gondry- nel ruolo di David si conferma un attore di primo livello, sincero e senza ironia, a tratti comico, a tratti dolce. Il suo David, nell’ingenuità di riscoprirsi libero nei panni di una donna, ricorda a tratti l’Ed Wood di Glen or Glenda, spontaneo e naive, ma invincibile grazie alle sue coperte di Linus: l’orrido golfino color cipria e la parrucca bionda.