La Fondazione Marconi Arte moderna e contemporanea riapre settimana prossima, lunedì 24 agosto, dopo la pausa estiva.
Continuano le due mostre organizzate per celebrare i 50 anni di attività: un omaggio a Lucio Fontana e una collettiva di 22 dei molti artisti che, nel corso degli anni, hanno esposto il loro lavoro nello storico Studio Marconi, suo primo spazio espositivo in via Tadino 15, Milano inaugurato nel 1965 e diventato in poco tempo uno dei punti di riferimento dell’attività artistica milanese.
Abbiamo incontrato Giorgio Marconi in occasione di questo importante anniversario.
Per i tuoi cinquant’anni di attività celebri l’evento con due mostre una dedicata a Lucio Fontana e l’altra una collettiva di ventidue artisti. Cinquant’anni di successi sempre nella stessa sede storica, oggi ampliata con una connotazione di spazio museale, mi racconti la genesi della tua avventura?
Mio padre era un corniciaio, il suo laboratorio artigianale era conosciuto e frequentato da molti artisti, aveva incorniciato tutte le opere della Pinacoteca di Brera nel dopoguerra, la sua era una bottega con circa venti dipendenti, per quei tempi una discreta attività.
Artisti come Carrà, Casorati, De Chirico, Morandi, Sironi, ma anche da quelli che allora erano i giovani come Pomodoro, Baj, Tadini erano suoi assidui clienti. Frequentavo quotidianamente il laboratorio, era la mia seconda casa, vedevo arrivare gli artisti giovani e meno giovani con i loro quadri sotto braccio, io da sempre curioso li tempestavo di domande.
Fu inevitabile, come un leggero e lento abbandono, dalla psicologia dei libri (ero studente in medicina, ramo psicanalisi) passare all’analisi della vita tramite gli occhi e i sentimenti degli artisti, ero mosso da una grande curiosità verso il magico mondo dell’arte.
Gli artisti, spesso agiscono anticipando i desideri, le utopie, i pensieri e i tempi della società. Quando mio padre decise di cessare l’attività per me fu normale pensare alla continuità, ma in modo diverso, trasformando così l’attività, dalle cornici alla galleria con un unico obbiettivo: l’arte. Ed eccomi ancora qui a fare le cose che mi piacciono e che mi divertono.
Hai deciso di trasformare la tua galleria di Via Tadino 15 a Milano, sede dal 1965, in Fondazione, proseguendo il lavoro di divulgazione e promozione, oggi pensi a un museo, perché questa scelta?
Senza accorgermi mi sono ritrovato a sviluppare un cospicuo lavoro con gli artisti, con i musei ma soprattutto, anni addietro, con le banche che acquistavano da me le opere per la loro collezione. Non guadagnavo molto ma mi divertivo e ampliavo le mie opportunità.
Il progetto è di rendere la Fondazione Marconi in un Museo, dove poter esporre le mie opere, è un nuovo “giochino”. Mi piace pensare a ogni particolare del progetto, sono talmente maniaco nel mio operare che lascerò disposizioni anche su come e dove esporre le opere. Anche oggi super visione ogni fase del lavoro espositivo.
Quanti e quali artisti sono passati di qui?
Tanti, tantissimi, per citarne alcuni Schifano, Pardi, Tadini, Paolini, Uncini, Man Ray, Louise Nevelson, Lucio Fontana, Gianni Colombo, Joe Tilson, Hsiao Chin, Antonio Dias, Valerio Adami e altri ancora.
Con tutti, o quasi, ho instaurato un rapporto di amicizia. Molti venivano in galleria tutti i giorni, si sedevano davanti alla mia scrivania, parlavano e disegnavano su qualsiasi supporto trovassero, così decisi di mettere sul tavolo dei fogli a loro disposizione, così nasce parte della mia collezione. Ho veramente un numero spropositato di carte degli artisti con cui ho lavorato ne sono la testimonianza alcuni dei cataloghi che ho prodotto.
Sei un gallerista arguto, simpatico, intelligente, soprattutto generoso e disponibile. Tutte prerogative che fanno di te l’Uomo prima ancora del Gallerista. Caratteristiche non comuni nel panorama attuale, quale è tua filosofia di vita?
Grazie per i complimenti Susanne, pensi veramente io possa essere tutto questo?! Filosoficamente penso solo che viviamo per migliorarci, ma soprattutto per divertirci. Nel lavoro come nella vita non ho mai usato strategie a priori, la mattina mi alzo, vengo in galleria e qui nascono idee e progetti. Sono istintivo, naturale, mi vengono in mente cose improbabili e poi cerco di realizzarle, faccio il possibile per renderle realizzabili.
E la tua filosofia commerciale?
Chi vuole fare un mestiere come il nostro, promuovendo e producendo cultura prima ancora che produrre denaro, deve essere coerente e amare profondamente il mestiere, il resto viene da se, certo io ho lavorato in tempi migliori di quelli attuali e ho avuto la fortuna di lavorare con grandi artisti.
Altri progetti per il futuro?
Continuare a essere curioso.
Un suggerimento da dare alle nuove generazione di galleristi?
Una sana gavetta serve sempre, non basta una laurea per essere un gallerista, ci vuole intuito, consapevolezza, curiosità e umiltà.
Non bisogna pensare che sia solo una questione di denaro altrimenti fai il commerciante e non il gallerista.
Giorgio! Vorrei tanto che ci fosso… avevi qualche bollo in più di me, tu DUCA e io VISCONTE! Che belle gogiiardate! Dammi un segno, anche in FB.. o in IN… o TWITT… Mi trovi, tra Milano, Busto e Mandelieu La Napoule… e Corteno Golgi! Quanti amici “dantan” tengono ancora botta? Intanto che ci siamo, da qualche parte ci vediamo!