Il trittico di Antonello da Messina si ricompone ed è visibile nella Sala 20 della Galleria degli Uffizi, al secondo piano. Vi rimarrà per 15 anni.
La ricomposizione del trittico (1470-1475 circa) di Antonello da Messina comprende due opere dell’artista siciliano già presenti nel museo fiorentino (la Madonna col Bambino e il San Giovanni Evangelista), più una terza – il San Benedetto – di proprietà della Regione Lombardia e proveniente dalle Civiche Raccolte d’Arte, Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano.
In cambio un’opera degli Uffizi, la Madonna col Bambino e un angelo del pittore bresciano Vincenzo Foppa, sarà esposta per lo stesso periodo di tempo nella Pinacoteca del Castello Sforzesco.
“Per segnalare il valore culturale d’uno scambio – scrive il Direttore degli Uffizi, Antonio Natali, nel pieghevole realizzato dal Centro Di che illustra il significato di questa operazione -, che rende possibile (almeno per 15 anni) l’esibizione agli Uffizi del trittico d’Antonello nella sua interezza, è stata ordinata nel Museo Bagatti Valsecchi, per volontà di Vittorio Sgarbi e con la collaborazione di Lucia Pini, una piccola ma preziosa mostra, alla cui curatela ha lavorato con me Tommaso Mozzati.
In quella rassegna, chiusa pochi giorni fa e inaugurata il 18 giugno 2015 nell’ambito dell’Esposizione Universale, figuravano il trittico medesimo e la soave e sensitiva Madonna col Bambino di Vincenzo Foppa, offerta dalla Galleria degli Uffizi alla Regione Lombardia in cambio del pannello con San Benedetto. Una tavoletta, quella di Foppa, ch’è di così casta e fine vena poetica e di così alte virtù espressive da costituire l’adeguata ricompensa al sacrificio sopportato dalla Regione Lombardia e dal Castello Sforzesco, nelle cui stanze il San Benedetto era stato dalla Regione stessa temporaneamente sistemato per offrirlo al godimento pubblico”.
L’ACQUISTO DELLE DUE TAVOLE DEGLI UFFIZI
Grazie all’impegno dell’allora Ministro per i beni culturali, Antonio Paolucci, nel 1996 lo Stato acquisì la Madonna col Bambino e il San Giovanni Evangelista, opere di Antonello da Messina.
L’acquisto delle due tavole, come anche dello Stemma Martelli di Donatello oggi al Museo Nazionale del Bargello, ottemperava alla volontà testamentaria di Ugo Bardini, figlio del famoso antiquario Stefano Bardini, che aveva nominato erede universale lo Stato italiano affinché venissero acquistate una o due opere d’arte da destinare agli Uffizi o al Bargello, di valore pari a quello dell’eredità.
L’opera di Antonello da Messina era tuttavia “mutila”, poiché le due tavole giunte agli Uffizi altro non erano se non le parti d’un trittico (forse addirittura un polittico) che includeva anche il San Benedetto di proprietà della Regione Lombardia e esposto a Milano.
NOTE STORICO-ARTISTICHE
Le tre tavole, parti di una pala d’altare che comprendeva forse altri pannelli laterali e cimase, costituiscono la più importante delle acquisizioni recenti nel catalogo di Antonello da Messina, sebbene di esse si conosca, in modo piuttosto lacunoso, solo gli ultimi quarant’anni di storia.
Attraverso la casa d’aste Finarte a Milano, nel 1995 il pannello con San Benedetto fu acquistato dalla Regione Lombardia ed esposto nel Museo del Castello Sforzesco, mentre gli scomparti con la Madonna in trono col Bambino e San Giovanni evangelista furono comprati dal Ministero per i beni culturali per la Galleria degli Uffizi nel 1996 tramite l’antiquario Giancarlo Gallino di Torino.
I due pannelli sono pervenuti agli Uffizi nel 2002, al termine delle indagini diagnostiche e della revisione del restauro cui furono sottoposti presso l’Istituto Centrale del Restauro di Roma.
La ricomposizione del trittico permette di leggere meglio l’ampiezza dello spazio continuo entro il quale stanno le figure, i cui corpi proiettano ombre in diagonale che sconfinano nei pannelli adiacenti. Il San Benedetto, impropriamente identificato talvolta con un santo domenicano, è raffigurato in vesti vescovili e il pastorale con la terminazione in forma di drago che allude al veleno offertogli col vino da alcuni monaci insofferenti alla sua regola. Nel dipinto si apprezza, ancor più che nella superficie pittorica impoverita dei pannelli degli Uffizi, la sapiente stesura di Antonello da Messina, attento alla resa delle luci sui ricami metallici nel piviale del santo e alla trasparenza dell’iride degli occhi.