MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI Sec.
(30 Maggio – 7 Novembre 2010)
(30 Maggio – 7 Novembre 2010)
Il MAXXI (Museo Nazionale Delle Arti del XXI secolo) di Roma apre con una mostra retrospettiva dedicata a Gino De Dominicis (patafisico ad honorem) come omaggio ad una delle personalità più ricche e controverse dell’arte italiana del XX secolo.
Nasce ad Ancona il primo Aprile del 1947, espone giovanissimo nel Maggio del 1967 nella Galleria del padre, successivamente si sposta a Roma dove cresce il suo interesse per la fisica moderna realizzando opere che esprimono gesti e azioni “impossibili” nel tentativo di snodare l’ambiguo rapporto tra realtà e immaginazione tra ciò che è e ciò che potrebbe essere.
Entropia, rovesciamento prospettico, ubiquità, metamorfosi, evoluzione, confine tra visibile e invisibile sono le parole chiave del suo personale e sregolato percorso artistico, al di sopra delle quali il comune denominatore rimane sempre la riflessione “sull’immortalità”.
Questo il motivo per cui l’impostazione illustrativo-visiva della mostra non è stata costruita seguendo un esatto ordine cronologico lineare bensì in un’ottica di tempo circolare.
E’ una spazialità singolare quella che il museo stesso contribuisce a conferire alle opere ospitate, che godendo di assoluta forza visionaria, entrano in un rapporto di reciproco valore articolandosi in tre sezioni ben definite, La sala Claudia Gian Ferrari al pian terreno, Il corpo scala e la Galleria 5 al terzo livello, spazio pervaso da una risata fuori campo (opera che porta il nome di Vittorio Bignardi, anche questa voluta da De Dominicis e titolata “D’io”).
Questo il motivo per cui l’impostazione illustrativo-visiva della mostra non è stata costruita seguendo un esatto ordine cronologico lineare bensì in un’ottica di tempo circolare.
E’ una spazialità singolare quella che il museo stesso contribuisce a conferire alle opere ospitate, che godendo di assoluta forza visionaria, entrano in un rapporto di reciproco valore articolandosi in tre sezioni ben definite, La sala Claudia Gian Ferrari al pian terreno, Il corpo scala e la Galleria 5 al terzo livello, spazio pervaso da una risata fuori campo (opera che porta il nome di Vittorio Bignardi, anche questa voluta da De Dominicis e titolata “D’io”).
1.“Calamita Cosmica” (1989) la prima opera, posta all’ingresso del Museo. L’imponente scheletro umano che ci rimanda alla realtà dell’artista, il cui scopo rappresentativo si traduce proprio nel tentativo di dare corpo al possibile raggiungimento dell’immortalità umana.
L’introduzione al percorso espositivo, contenente più di centoquaranta opere autografe, è determinata da “Mozzarella in carrozza” dove l’oggetto, nonché titolo dell’opera, si materializza sul sedile posteriore in connubio perfetto tra parola e immagine.
Seguono gli anni che intercorrono tra il ’60 e ’70 e saranno questi a fare da perno alla ricerca artistica sulla possibilità di confutare le tesi sull’irreversibilità dei fenomeni terreni attraverso la scelta di azioni impossibili.
“Tentativo di volo” (1969), 2.“Statue invisibili”(1979) – undici per l’esattezza – rivelano la propria presenza esclusivamente attraverso il copricapo e le calzature che ne manifestano l’immortalità, concetto alla base della stessa vita artistica di G.DD.
Seguono gli anni che intercorrono tra il ’60 e ’70 e saranno questi a fare da perno alla ricerca artistica sulla possibilità di confutare le tesi sull’irreversibilità dei fenomeni terreni attraverso la scelta di azioni impossibili.
“Tentativo di volo” (1969), 2.“Statue invisibili”(1979) – undici per l’esattezza – rivelano la propria presenza esclusivamente attraverso il copricapo e le calzature che ne manifestano l’immortalità, concetto alla base della stessa vita artistica di G.DD.
2.“Statue invisibili”(1979)
E’ il 1969 l’anno dell’approdo al panorama romano segnato da “Il tempo, Lo sbaglio, Lo spazio” e “Necrologio” (1969) dove la morte del corpo diventa il tema principale, annunciando la propria morte con l’indicazione della data e del luogo del decesso.
Da quegli anni in avanti l’artista tenderà ad una costante riflessione sul possibile raggiungimento dell’immortalità fisica, tema questo che riecheggia nelle successive opere come: “Equilibrio 1″ (Asta) del 1967 in ottone e metallo con colori simili all’oro, materiale questo sin dall’antichità riconducibile alla saggezza, all’eternità, al culto del sole e della divinità in perfetto connubio tra la forza che connette l’uomo alla forza interstellare.
Da quegli anni in avanti l’artista tenderà ad una costante riflessione sul possibile raggiungimento dell’immortalità fisica, tema questo che riecheggia nelle successive opere come: “Equilibrio 1″ (Asta) del 1967 in ottone e metallo con colori simili all’oro, materiale questo sin dall’antichità riconducibile alla saggezza, all’eternità, al culto del sole e della divinità in perfetto connubio tra la forza che connette l’uomo alla forza interstellare.
Ed è proprio a questo punto che il percorso espositivo cambia registro di lettura, rispetto al precedente teorico, assume un aspetto tortile, dove all’insegna di una visionarietà fantastica emergono “Diavoli” che dal un buio irrazionale di uno spazio dall’apparenza infinitamente percorribile ci conducono alla terza scala, dedicata alla riscoperta della cultura sumera e al fascino dell’universo interstellare.
Qui attraverso un modulato percorso tra buio e luce, la galleria di ritratti che segue un andamento curvilineo ci introduce all’atto finale del percorso espositivo, a partire dalla ricreazione di un passato originario che va da una attenta riflessione sulla Gioconda di Leonardo ad una rivisitazione delle avanguardie storiche.
Si spengono i riflettori di questo nuovo e prodigioso percorso artistico e perdura un sapore antinaturalistico ed eccentrico come vero e proprio inno alla bellezza visionaria del nostro tempo.
Qui attraverso un modulato percorso tra buio e luce, la galleria di ritratti che segue un andamento curvilineo ci introduce all’atto finale del percorso espositivo, a partire dalla ricreazione di un passato originario che va da una attenta riflessione sulla Gioconda di Leonardo ad una rivisitazione delle avanguardie storiche.
Si spengono i riflettori di questo nuovo e prodigioso percorso artistico e perdura un sapore antinaturalistico ed eccentrico come vero e proprio inno alla bellezza visionaria del nostro tempo.