Veloce come il vento, conosciuto anche col titolo internazionale Italian Race, è un film co-scritto e diretto da Matteo Rovere (Gli sfiorati), liberamente ispirato alla vita del pilota di rally Carlo Capone.
«Nostro Signore del sangue che corre nel buio delle vene, reggi il mio braccio sul volante, regola la forza dei miei piedi sull’acceleratore e freno, proteggimi e fa che niente mi accada»
Giulia Di Martino è una giovane pilota automobilistica di classe Gran Turismo, vive con padre ed il fratellino minore Nico in un casale della campagna romagnola. Da anni la madre ha abbandonato la famiglia per trasferirsi in Canada e suo fratello maggiore Loris, ex-pilota e vecchia leggenda dei rally è caduto nel tunnel della droga. Quando il padre muore in seguito ad un attacco cardiaco Giulia si trova a gestire una situazione familiare difficile, segnata dal ritorno a casa del fratello Loris e dai debiti contratti dal padre per poterle permettere di gareggiare nel campionato italiano GT.
>> Veloce come il vento è un film solido e adrenalinico, costruttivo sul piano morale, basato su una classica struttura drammatica di “comin back” e seconde possibilità conquistate attraverso la disciplina sportiva, genere che dal Rocky di Sylvester Stallone in poi hanno segnato la storia e l’immaginario collettivo del cinema moderno. Una storia di amore e di ricongiunzione familiare descritta tra le righe di un vero film di corse automobilistiche, che insegna a superare le difficoltà con la forza di chi ci crede davvero e che a volte è necessario trovare il coraggio per assumersi qualche rischio.
Ottima inoltre la prova del cast dove a fare da contraltare ad una brava ed intensa Matilda De Angelis, per la prima volta al debutto sul grande schermo troviamo un incredibile Stefano Accorsi, quasi trasfigurato in ruolo a tinte forti che forse in pochi avrebbero avuto il coraggio di affidargli e molto probabilmente nella migliore interpretazione della sua carriera. Di Veloce come il vento bisognerebbe inoltre dire che è un bel film perché è un film italiano e nonostante mantenga alcuni difetti del cinema nazionale riesce comunque a darsi un taglio moderno ed innovativo, in grado di rivaleggiare con le grandi produzione e apparendo credibile senza quasi mai cadere nell’ironia.
Le riprese delle gare (con l’aggiunta di un ottimo inseguimento automobilistico per le strade del centro di Imola) sono realistiche e convincenti, in grado di attrarre e soddisfare anche spettatori non avvezzi al genere, soprattutto non privilegiano mai le caratteristiche tecniche delle auto rispetto alla dimensione umanistica del piloti, sotto il casco si suda, si soffre e si spera. I personaggi sono credibili e Rovere, attraverso la sanguigna realtà romagnola descrive molto bene la realtà delle gare automobilistiche. Non è un caso se Veloce come il vento esce nello stesso anno di Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, opera gemella per coraggio e freschezza, tanto da far scrivere a molti testate del settore di “Nuovo cinema italiano”.