L’antologica di Gianni Berengo Gardin è in corso a Palazzo delle Esposizioni a Roma fino al 28 agosto
In occasione dell’antologica di Gianni Berengo Gardin a Palazzo Reale di Milano nel 2013, il fotografo guidò un gruppo di visitatori attraverso il percorso che insieme a Denis Curti, curatore e direttore de “Il Fotografo” aveva delineato mettendo in mostra stampe fotografiche formato 30 per 40. Un uomo gentile che rispondeva alle molteplici domande dei curiosi con garbo e che di fronte all’unico scatto prodotto con una digitale gli era piaciuto indurre all’osservazione chiedendo ai presenti di cercarlo ed indicarlo.
Sorrideva Berengo Gardin nel domandarlo e, quanto lo scatto venne individuato, si soffermava a richiedere indicazioni sulle caratteristiche attraverso cui era stata trovata la foto “altra”. In quel piccolo gesto di domanda, sorriso e richiesta di indicazioni, o gioco per l’autore e conoscitore dell’arte fotografica, si poteva intuire tutto ciò che abbracciava il mondo fotografico di Gianni Berengo Gardin: la scelta dell’analogico e del bianco e nero per raccontare la realtà senza interventi successivi. Alla predilezione del mezzo meccanico si riferisce il timbro Vera Fotografia che l’autore appone sul retro delle sue fotografie dal quale è stato tratto il titolo della mostra a Roma.
La scelta formale del formato di stampa 30 per 40 lo ritroviamo nell’antologica di Gianni Berengo Gardin a cura di Alessandra Mammì e Alessandra Mauro in corso al Palazzo delle Esposizioni per tutta l’estate. Un formato gentile che rappresenta il modo non urlato, anzi delicato, di guardare il mondo e la realtà, italiana in primis, dell’autore.
I vintage di Gianni Berengo Gardin invitano ad osservare come eravamo e come siamo e per questo sono documento della storia che dal 1954 al 2015 il fotografo italiano racconta del Bel Paese. Le circa 250 fotografie scattate in oltre sessant’anni di professione in giro per l’Italia per il settimanale il Mondo e poi per il Touring Club Italiano e ancora per l’Istituto Geografico De Agostini e poi per l’Olivetti, l’Alfa Romeo, la Fiat, l’Ibm e l’Italsider o ancora la collaborazione con Renzo Piano, gli hanno permesso di conoscere dal di dentro le bellezze dei paesaggi e dell’ambiente italiani, il mondo operaio coeso e in frantumi poi, l’architettura.
Gianni Berengo Gardin ha realizzato una documentazione sulla vita in Italia dagli anni Cinquanta ad oggi che impreziosisce il valore delle fotografie già di per sé preziose. Perché ciò che più attrae e sorprende nel vedere le immagini firmate dall’autore è la delicatezza con cui induce ad osservare e a denunciare ciò che non va. E’ la capacità, gentile, dell’occhio con cui osserva e svela, ascolta e ferma i momenti.
Indimenticabili le fotografie scattate nei manicomi, a testimonianza delle condizioni ai limiti con cui le persone erano trattate, o i ritratti degli Zingari. “Nonno Gianni”, così racconta in un testo in mostra Gianni Berengo Gardin, lo chiamavano gli Zingari con cui ha vissuto per documentarne la vita “perché in Italia sono stati sempre messi ai margini”.
E’ con la stessa delicatezza che Berengo Gardin immortala le Grandi Navi davanti a Venezia. Un bianco e nero dalle mille sfumature, profondo, che rende appieno il fastidio allo sguardo e l’invadenza provocato dalle navi da crociera di passaggio davanti a quella che fu la città del Doge. Impossibile credere che la sua documentazione, sottolineando ciò che non va, non contenga anche l’invito ad evolvere e migliorare. La sua è una protesta svolta sottovoce ma altrettanto efficace. Quest’ultima materia quanto mai uguale nello sguardo che annota la bellezza delle linee curve di alcuni paesaggi e delle geometrie delle architetture, tanto quanto delle persone, uomini e donne, immortalate nei contesti in cui sono ritratti con l’uso del grandangolo.
Persino il bacio, rubato agli innamorati che sfuggono a occhi indiscreti rifugiandosi sotto porticati di Venezia, diventa la poesia della conoscenza dell’uomo, conoscenza dell’altro da sé che ha un posto di primo piano in Berengo Gardin.
Suddivisi in sezioni che ripercorrono la successione temporale dei reportage realizzati nel corso della sua carriera, la documentazione in esposizione a Roma di Berengo Gardin è interrotta quà e là da 24 immagini in grande formato ognuna scelta da un autore che dedica un commento ad uno dei maestri della fotografia italiana.
Un omaggio che amici come Sebastiao Salgado e Ferdinando Scianna, intellettuali come Goffredo Fofi, Maurizio Maggiani, curatori e giornalisti come Giovanna Calvenzi e Michele Smargiassi, artisti quali Mimmo Paladino e Jannis Kounellis, e i registi Merco Bellocchio, Alina Marazzi e Carlo Verdone, per indicarne alcuni, hanno dedicato a Berengo Gardin per testimoniare quante sensazioni le sue immagini inducono all’animo.
Sensazioni ed emozioni, racconti o riflessioni che definiscono un autore riconosciuto a livello mondiale. La molteplicità delle esposizioni, tenute in tutto il globo, e dei premi ricevuti testimoniano l’apprezzamento della fotografia internazionale verso il grande autore italiano.
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Informazioni utili
Gianni Berengo Gardin . “Vera fotografia”. Reportage, immagini, incontri
19 maggio – 28 agosto 2016
a cura di Alessandra Mammì e Alessandra Mauro
Palazzo delle Esposizioni
Via Nazionale, 194 – 00184 Roma
Biglietti
Intero € 12,50 – ridotto € 10,00
www.palazzoesposizioni.it