Manca ancora un mese all’inizio della Biennale des Antiquaires, che si terrà a Parigi dal 10 al 18 settembre, ma già è possibile scoprire alcuni capolavori che saranno in mostra nella splendida cornice del Grand Palais.
La galleria Sarti esporrà alla Biennale una ventina di rari e rappresentativi dipinti dal XIV al XVII secolo, oltre ad alcuni mobili d’eccezione in marmo e pietra dura. La galleria, nota per essere specializzata nei Primitivi e Caravaggeschi, è anche ben conosciuta per la sua selezione di opere di Maestri italiani del XVII secolo.
Tra i pezzi più interessanti, si segnala una deliziosa anconetta opera di un maestro ferrarese, recentemente identificato, di cui la galleria possiede una seconda pala rappresentante la Vergine con il Bambino e san Bernardino da Siena. Le due opere ci permettono di scoprire un artista che in parte ha aderito al linguaggio Rinascimentale diffuso a Ferrara verso la metà del XV secolo. La caratteristica sta nel suo stile: pigmenti densi, abbondanti drappeggi delle pieghe, volti appuntiti, pennellate di bianco su naso e labbra. Avendo lavorato per il duca Borso d’Este, la sua arte è molto vicina a quella dei miniaturisti. Vi si legge una grande coerenza nella costruzione dei volumi modellati dalla luce. I pesanti drappeggi, le espressioni dei personaggi, le barbe lunghe e i capelli disegnati minuziosmente, sembrano rievocare in particolare l’arte di Giorgio d’Alemagna, che senza dubbio ha permesso al nostro pittore di adottare, sebbene timidamente, le innovazioni contemporanee.
In fiera sarà presente anche un dipinto che rappresenta il martirio di San Sebastiano, insolitamente vestito come un cavaliere. Quest’opera, in eccellente stato di conservazione, fu attribuita già da Roberto Longhi a Giovanni da Modena. Considerato come uno dei pittori più importanti e più innovativi del gotico tardivo in Emilia, fu un artista estremamente creativo e di grande raffinatezza intellettuale, che ha saputo coniugare eleganza ed espressività con un senso drammatico veramente eccezionale. Questo dipinto va considerato come punto di rifrimento per ricostruire gli ultimi anni dell’opera di Giovanni da Modena. Rivela infatti uno stile più pacato ed emozioni meno tumultuose.
Questo raro ritratto manierista fiorentino della metà del secolo XVI è stato esposto nella prestigiosa mostra: «Ritratti alla corte dei Medici», organizzata da Carlo Falciani al Musée Jacquemart André di Parigi nel 2015. Si tratta di un’opera di Michele Tosini, pittore dal talento originale. Associato all’atelier di Ridolfo del Ghirlandaio (di cui aggiungerà il nome al suo) è anche responsabile di uno dei tre atelier più importanti di Firenze. Il tocco leggero del pennello forma uno strano contrasto con la corporatura imponente del soggetto, proteso a metà verso lo spettatore – l’inquadratura molto ravvicinata del personaggio rende la corporatura ancora più accentuata. Al contrario il viso, su cui si legge una certa malinconia, è dipinto in modo molto libero, come uno schizzo, con grafismi sovrapposti. La bella testa del cane, il ricco costume e la spada designano, molto probabilmente, uno di quei borghesi – banchieri, commercianti – che sotto il regno di Cosimo tentavano di assimilarsi all’aristocrazia copiando le loro tradizioni di cui il ritratto era un elemento essenziale.
L’episodio biblico fornisce a questo dipinto il pretesto per una rappresentazione teatrale e raffinata dei sentimenti. La scena si svolge interamente in primo piano, senza spazi riservati alla decorazione di fondo (fatta eccezione delle pieghe di un tendaggio al centro). Sono i due personaggi femminili che da soli fanno da sfondo alla testa del guerriero. Il dipinto è il frutto di un ibrido culturale d’inizio XVII secolo, ovvero coniuga la durezza del manierismo nordico con l’intenso naturalismo di evidente matrice bolognese. Il pittore, che fa sua questa contaminazione culturale così particolare, è Matteo Loves (il nome è iscritto sulla tela), il collaboratore più indipendente del Guercino. Questo dipinto inedito è un apporto molto prezioso per ricostruire l’attività dell’artista nei suoi primi anni. Il soggetto, ispirato al Vecchio Testamento, permette al pittore di mettere in scena una Giuditta molto idealizzata, vestita in modo ricercato, ma estraneo all’Italia dell’epoca. E’ in contrasto con il personaggio della vecchia ancella, con il realismo del suo profilo, con le pieghe del tessuto a righe, con le sue mani, e questo tradisce l’influenza diretta del Guercino.
Il dipinto, di grande forza espressiva, porta in modo evidente attorno agli anni 1620 dell’opera di Matteo Loves, anni in cui le componenti nordiche erano ancora preponderanti rispetto all’assimilazione progressiva dello stile di Guercino che si sviluppa nei decenni successivi.
LA GALLERIA G. SARTI
sarà presente alla
Biennale des Antiquaires – Grand Palais, Parigi
10-18 settembre 2016
STAND – D11