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Christian Zucconi – Rivoluzione Kenoclastica

Christian Zucconi - Rivoluzione Kenoclastica (Foto: Luca Zuccala © ArsLife)

KENOCLASTIA 

VIA DOLOROSA ALLA PIETA’

Christian Zucconi – Rivoluzione Kenoclastica (Foto: Luca Zuccala © ArsLife)



6 marzo – 25 aprile 2010, Castello Sforzesco – Milano

 

Quattordici innovative opere di Christian Zucconi dialogano con l’arte antica nelle sale del Castello Sforzesco di Milano, accanto alla michelangiolesca Pietà Rondanini, dove per la prima volta lo scultore espone dal 6 marzo al 25 aprile gli esiti della sua “Rivoluzione Kenoclastica”.

La mostra, curata da Rudy Chiappini, dà vita ad un inedito incontro tra opere contemporanee e l’arte di Michelangelo, modello assoluto e punto di riferimento imprescindibile per ogni scultore.

 

Quella di Zucconi si pone come una rivoluzione talmente radicale che per essere definita è stato coniato il termine “Kenoclastia”, un neologismo che mette in evidenza il particolare processo tecnico di rompere la scultura finita e di svuotarne i pezzi.

Nelle sculture kenoclastiche le leggi naturali sono come sovvertite: il vuoto prende una propria consistenza fisica; il peso del rosso travertino persiano diventa leggero, ricomposto in soluzioni formali estreme, fino ad oggi impensabili nella scultura in pietra.

 

Prendono così vita figure segnate e ferite, nate da un’operazione creatrice di corpi che sembrano liberarsi dalle forme indistinte del marmo, per poi, letteralmente, essere distrutti in frammenti, svuotati e infine ricomposti nell’espressione drammatica di fratture e suture.

Il travertino rosso, lavorato da Christian Zucconi, rende vivi e pulsanti i soggetti dell’antichità classica e della tradizione cristiana, come Marsia, Salomè e Selemno, scelti per raccontare la sofferenza del mondo contemporaneo, concentrato sull’esteriorità, sulla forma anziché sulla sostanza, sugli involucri che camuffano vuoti e debolezze.

Opere dotate di una forza attrattiva magnetica, che riescono a penetrare nel profondo con la loro indefinita durezza, nascono da un artista capace di estrarre dalla materia informe ogni sensazione, di filtrarla e trasmetterla al vivo nella sua scultura. 


Christian Zucconi – Edipo


Percorso espositivo

Il percorso espositivo, che mette in rapporto le sculture antiche presenti nel Museo e le sculture di Zucconi, è pensato come “via dolorosa” verso la Pietà Rondanini custodita nell’ultima sala.

Dall’ingresso alla Sala delle Assi si incontrano sculture mutuate dal mito, da quel mondo precristiano che tuttavia propone figure che anticipano la sofferenza di Cristo e la lacerante condizione dell’uomo alla ricerca di Dio. Inizio e conclusione del percorso è Selemno, figura acquatica, fluviale, simbolo di una memoria che non vuole più esserci, che vuole soltanto scorrere, scivolare via. Collocata accanto allo specchio d’acqua del cortile del Museo, dove le stille gocciolanti nella vasca dell’opera si accompagneranno al sommesso incresparsi dell’acqua, Selemno (e in generale le prime opere incontrate), da un lato prepara lo spettatore alla visione delle ultime sculture del percorso, immettendolo in un tempo mitico, in uno spazio liquido in cui la visione si ammanta di una quieta melanconia; dall’altro vuole collocarsi come termine di un percorso che, per eterno fluire e ciclico rincorrersi, idealmente potrebbe non finire mai.

Dalla Sala delle Asse, gli antenati veterotestamentari e i precursori preparano alle rappresentazioni del Cristo crocifisso e deposto. Collocata nel cobaltino raccoglimento della Cappella si trova una Depositio Christi silenziosa. Sotto il pietoso sguardo della Vergine che tiene tra le braccia un piccolo Gesù, quasi prefigurazione della profezia di Simeone, il corpo del figlio morto in tutto il suo crudo realismo. Vera “spada che trapassa l’anima”, il rapporto dialettico che si crea tra le due sculture azzera i secoli, creando una stretta relazione tra due opere di tempi diversi che nella nuova situazione acquistano un senso e una sfumatura prima estranei.

Con questa intenzione comincia l’ultima parte del percorso espositivo, ricreando cioè con opere sempre più drammatiche quella passio, quella “via dolorosa” verso il più lacerante dei rapporti filiali e il più tenero: l’Edipo di Zucconi e la Pietà di Michelangelo. Nella Sala degli Scarlioni, culmine di un percorso sempre più tragico, la raffigurazione di Edipo accecato. Strappo non più ricucibile, ferita che non potrà più rimarginarsi, Edipo alza lo sguardo al cielo senza poterlo vedere, fagocitato e soppresso da un amor filiale corrotto e guasto che, oltrepassando i limiti dell’umano, può soltanto cercare rifugio nel divino. E proprio in quelle braccia che sostengono il corpo del figlio morto, icona del dolore universale ma anche della Grazia infinita e beatificante, Edipo cerca infine asilo, ristoro, perdono e tranquillità. Conclusione del percorso, omaggio che per Zucconi prende quasi sapore di preghiera, accanto alla maschera mortuaria di Michelangelo, di fronte alla sua Pietà, un ritratto fittile del Maestro eseguito da uno Zucconi bambino, che del Castello Sforzesco e dei suoi tesori ha fatto meta e pellegrinaggio dall’età di sei anni. 

Christian Zucconi – Depositio Christi



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Biografia

Christian Zucconi nasce il 12 gennaio del 1978 a Piacenza. Fin da giovanissimo sviluppa una chiara attitudine a plasmare forme con i materiali che ha a disposizione, come la cera ricavata dalle candele, e capisce presto di voler essere uno scultore vero, capace di far sì che le sue opere parlino a chi le osserva. Il suo primo incontro con la scultura, a sei anni, è con un ritratto dallo sguardo schivo ma dolcissimo: “Il fauno” di Michelangelo Buonarroti. Zucconi terrà come riferimento costante il sommo artista rinascimentale tanto da considerarlo un vero e proprio maestro. Si farà anche accompagnare dai genitori dove è custodita l’opera michelangiolesca a lui più vicina: la Pietà Rondanini, a Milano, al Castello Sforzesco, Museo d’Arte Antica. Era il 1984. Cinque anni dopo la madre in estate lo porta dallo scultore piacentino Paolo Perotti, che, divertito, lo accetta in studio per consentirgli di osservare da vicino il lavoro e di dare qualche scalpellata. Tra l’anziano scultore e il giovanissimo apprendista si crea un rapporto d’affetto e reciproca stima che dura tuttora. Perotti consiglia alla famiglia di Christian di portarlo in un laboratorio di sua conoscenza a Carrara, là dove Michelangelo andava a scegliere i blocchi e lavorava. Zucconi, dodicenne, si trasferisce a Luni con la famiglia e comincia il suo rapporto con il Laboratorio Corsanini, dove con la sua caparbietà conquista il cuore degli operai. Fino al 1996 per Christian si susseguono regolarmente le stagioni: l’estate a Carrara tra gli amici del Laboratorio Corsanini e il resto dell’anno a Piacenza, tra il Liceo Artistico “Cassinari” e l’Istituto d’Arte “Gazzola”, dove l’insegnante di scultura è l’amico Paolo Perotti. Sono anni di totale applicazione, alla ricerca di quel linguaggio che ancora il giovane scultore non sente completamente suo. Si diploma nello stesso tempo al “Cassinari” e al “Gazzola” col massimo dei voti. Decide, nonostante le sollecitazioni della famiglia e degli amici, di non proseguire con il percorso accademico. Si sente pronto ad aprire il suo primo laboratorio di scultura. Era il 1996. I primi anni sono durissimi e Zucconi lavora come prestatore d’opera da qualunque marmista lo chiami, ma la maggior parte del tempo la passa nell’azienda di Francesco Perotti, fratello di Paolo, bocciardando vasconi in pietra e imbancalando davanzali. La sera, finito il lavoro che gli permette di sopravvivere, si chiude in uno sgabuzzino che il prozio don Agostino gli ha ricavato nella canonica di Campremoldo Sotto: la stanza misura 2,5 metri per 3 e nella parete di fronte c’è una piccola finestra che non si apre. In questa stanza, nel giro di due anni nascono opere come Cristo bianco, Io sono bella, Auto da fe’ e Sogni altrove. Grazie al sostegno di Piero Molinari nel 1998 organizza la sua prima personale: “Marmo e figura”, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza. Assieme a Molinari, Zucconi definisce una linea di condotta artistica e un’etica del lavoro che lo scultore persegue tuttora. Assieme a lui studia profondamente il proprio linguaggio, sondandone dapprima i motivi interiori e poi quelli tecnici per renderlo sempre più personale e autonomo, mettendone alla prova le potenzialità espressive e semantiche, ancora molto influenzate da Michelangelo e perciò ancora acerbe. Purtroppo, fisicamente questo fruttuoso sodalizio finisce nel 2000 con la prematura scomparsa di Molinari. In questo periodo Christian si trasferisce nella casa/studio in cui tuttora abita e lavora: un ambiente molto più ampio che gli permette di misurarsi con le grandi dimensioni, cui si sente istintivamente attratto. Lavora in taglio diretto, dando al travertino persiano, ormai assurto a “sua” pietra, quanto più spazio possibile di esprimersi naturalmente attraverso un oculato studio delle superfici. Frutto di questa ricerca sono opere come Le cose che non si possono fare, Lo sguardo degli altri, Paolo e Francesca e la raffinatissima Dormire nell’acqua, dove la ricerca della bellezza intrinseca del travertino porta ad un’opera che sembra scolpita dagli elementi naturali. Stefano Fugazza intuisce l’importanza e la coerenza stilistica di queste opere e affianca Zucconi in questi anni di voluto silenzio. Dopo quattro anni dalla personale in Cattolica i nuovi lavori vengono esposti negli spazi della Galleria Rosso Tiziano, ancora a Piacenza. È il vero esordio nel mondo dell’arte ma anche l’inizio di un periodo sempre più buio, di stanchezza fisica e psicologica per lo scultore: si susseguono commesse pubbliche e religiose, mostre, riconoscimenti, un’importante monografia firmata da Fugazza e da Alfonso Panzetta che racchiude i suoi primi quindici anni di lavoro, ma Zucconi sembra non ottenere alcuna gratifica interiore da tali riconoscimenti. Per comprendere il momento, per dare una dimensione al vuoto che sente, lo scultore aumenta le dimensioni e il peso stesso delle proprie opere fino a quella pazzia di pietra che è Legione, mastodontico gruppo di blocchi in cui ventidue figure sono condannate ad una violenta lotta con sé stesse: la scultura è un vero e proprio autoritratto che l’artista estrae dalla pietra senza nessuno studio preventivo, senza nessun bozzetto, soltanto la pietra contro di lui e lui contro la pietra. Tutto ciò fino alla notte del 25 dicembre 2007 nella solitudine del laboratorio, quando, osservando i mucchi di macero ricoperti di polvere rosso sangue, così simili alle macerie dentro di lui, Zucconi intuisce che le potenzialità del precetto michelangiolesco di “levare il superfluo” non sono ancora completamente sondate. Distruggere. Svuotare. Ricomporre.  Ritrovando le aspirazioni di un tempo, lo scultore piacentino si pone una nuova sfida: “saltare d’un fiato secoli di storia, movimenti artistici e tutte le avanguardie per ricollegarsi idealmente alla lezione michelangiolesca” dandole nuova linfa e ulteriori prospettive. Dopo due anni di lavoro ininterrotto ed entusiasta, nel 2010 Zucconi torna dove tutto è cominciato: Castello Sforzesco, Museo d’Arte Antica, Sala degli Scarlioni, accanto alla Pietà Rondanini. 

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Informazioni utili:

Christian Zucconi – Rivoluzione Kenoclastica
6 marzo – 25 aprile 2010
A cura di Rudy Chiappini 
CASTELLO SFORZESCO, Milano
Piazza Castello  
tel 0288463700  
orari: da martedì alla domenica dalle 9.00 alle 17.30
biglietti: 3 euro


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