In occasione del Photo Vogue Festival 2016 da NonostanteMarras a Milano, il 25 novembre ha inaugurato la prima mostra personale dell’inedito duo Christto & Andrew con un lavoro sul concetto di moda e bellezza.
Che risultato può dare il lavoro a due mani di un ragazzo del Portorico, Christto Sanz, classe 1985, con un altro, Andrew Jay Weir, 1987, del Sud Africa che si sono conosciuti a Barcellona (nel 2009) ed hanno deciso di vivere insieme a Doha, nel Qatar?
Qualcosa d’insolito ed utopico, certamente contradditorio ed innovativo, specialmente se esposto in spazi suggestivi come questo di Antonio Marras a Milano.
Le opere del duo non sono fotografie di moda, ma ne attingono forma e schemi estremizzandone gli archetipi. Formalmente perfette, le fotografie sono patinate e luccicanti, artificialmente manipolate con sfarzosi colori di sottofondo, acidi e forzati, con cornici dello stesso colore, ritraggono messe in scena di ordinate composizioni studiate a tavolino, nature morte e volti apparentemente banali, rassicuranti.
Ma, osservati con attenzione, i soggetti ritratti in questi contesti fluorescenti, hanno invece elementi di disturbo ed il lavoro, visivamente sfavillante e ben illuminato, si rivela contraddittorio e spiazzante. L’ammiccamento compositivo della scena si svela con dettagli surreali e stranianti, in netto contrasto con la sembianza dell’immagine.
E’ l’inganno della fotografia, come a dimostrare che nulla è uguale a se stesso.
I particolari accostamenti, volti e indumenti, pose classiche e ordinarie, come una natura morta o un semplice ritratto, evocano identità artificiose ed inaspettate, esaltate da scelte cromatiche eccessivamente cariche.
Il lavoro del duo esprime quanto raccolto nelle contraddizioni del processo di contaminazione nella regione del Golfo dove diverse culture sociali si contrappongono. Christto & Andrew mischiano gli effetti della storia, della religione, e della cultura popolare nella costruzione della società contemporanea in continua evoluzione assoggettata alla globalizzazione.
I due giovani talenti della fotografia contemporanea indagano senza indugi le possibili rotture con la tradizione facendo breccia all’interno di un sistema che ha radici nella tradizione ma che allo stesso tempo guarda e fa proprio un processo di innovazione che può risultare straniante e definitivo.
Il risultato non è irriverente ma nemmeno ironico e derisorio, sembra piuttosto un omaggio alla potenza del sistema consumistico con le sue possibili, insane e paradossali, derive.
La mostra Muddy Waters, prodotta da Metronom è correlata da una pubblicazione con un’intervista agli artisti di Alessia Glaviano e Chiara Bardelli Nonino con un testo di Francesca Alfano Miglietti.