Dalla sinergia di tre realtà culturali, arricchite da donazioni private, nasce il nuovo Museo San Pietro, ospitato nell’edificio dell’omonimo ex monastero. Un segnale importante di tutela e di rilancio della città di Colle, che riscopre le sue radici secolari, dai Longobardi al Novecento.
Colle Val d’Elsa (Siena). Adagiata su un clivio circa a metà strada tra Firenze e Siena, Colle Val d’Elsa è una di quelle perle storico artistiche che si donano all’occhio del viaggiatore più attento, che sappia spingersi al di fuori degli itinerari classici. Se già fu sede di un insediamento etrusco, la sua crescita si ebbe in epoca longobarda, per poi consolidarsi lungo tutto il Basso Medioevo, fino allo sviluppo seicentesco sotto l’egida della diocesi, e il primo sviluppo industriale del tardo Ottocento. Oggi, inserita in uno scenario paesaggistico d’incomparabile bellezza, e con un patrimonio storico-architettonico di tutto rispetto, la cittadina intende valorizzare al massimo queste sue risorse, aprendo alla comunità una nuova istituzione culturale. Dall’unione del Museo Civico e Diocesano d’arte sacra, con la Collezione del Conservatorio di San Pietro nasce il nuovo Museo San Pietro, al quale si aggiungono, per il periodo dell’arte moderna e contemporanea, le donazioni della Collezione Bilenchi e della Collezione Fusi, entrambi esponenti del mondo intellettuale e artistico, e nati a Colle Val d’Elsa.
Alla base della sua apertura, la volontà di non rendere il Museo una semplice esposizione di opere d’arte, ma di farne un luogo inteso a narrare la storia della comunità colligiana e della sua diocesi nell’arco dei secoli attraverso le opere d’arte, inserite in un percorso costruito sull’aspetto civico come su quello religioso, dimensioni tipiche della civiltà italiana antica. Un progetto che nasce da lontano, accarezzato dalle precedenti amministrazioni comunali che intuirono la necessità “strategica” di restaurare l’antico monastero di San Pietro. Qui, nelle sue sale restituite allo splendore originale, dialogano le collezioni di differenti istituzioni e donazioni, inserite in un unico percorso ben armonizzato e coinvolgente, caratterizzato da quella sobrietà che è propria dell’anima toscana, per la quale niente è superfluo, e le opere di presentano al visitatore senza soffocarlo, anzi accogliendolo e guidandolo nella storia locale.
Il percorso si apre con il Tesoro di Galognano, un corredo di oggetti sacri del VI Secolo, che costituisce la prima testimonianza cristiana a Colle; il calice che lo compone, porta inciso l’emblema del Sacro Chiodo, la reliquia assai venerata in città e conservata nel Duomo. Suggestiva la prosecuzione con le pitture religiose di esponenti della scuola senese, fra i quali il Maestro di Badia a Isola e Cennino Cennini; un’influenza che verrà meno a partire dal 1349, quando Colle passò dalla sfera d’influenza senese a quella fiorentina, e anche in campo artistico si respirò un clima nuovo, ravvisabile ad esempio nella ben più scenografiche pale di Giovanni Maria Tolosani (sua l’Adorazione dei Magi del 1522), vicino al Ghirlandaio, mentre Girolamo Genga ricorda il Perugino.
Dopo una breve parentesi sotto il Duca Alfonso di Calabria, Colle tornò ai fiorentini nel 1481, pagando però queste continue guerre con la quasi completa distruzione. Il 1592 segna un anno di svolta, con l’istituzione della diocesi e un profondo rinnovamento artistico e architettonico; i cambiamenti urbanistici sono ravvisabili confrontando le raffigurazione di Colle nelle tele o nelle pale del Trecento e Quattrocento, con le raffigurazioni presenti negli sfondi del Seicento; una comunità che ha ricevuto il titolo di città, e che appariva allora in piena espansione, anche grazie al potere religioso. Degna di nota, la galleria dei ritratti dei personaggi illustri di Colle: il busto di Arnolfo di Cambio, quelli di alcuni esponenti della famiglia degli Usimbardi (che espresse il primo vescovo della diocesi e patrocinò il Monastero di San Pietro, sede dell’attuale Museo), e ancora il garibaldino Giuseppe Bordi. Poiché però nel Settecento la città ebbe numerosi benefici da parte del Granduca Leopoldo, in galleria campeggia anche il suo ritratto.
La Galleria Civica, che costituisce la sezione moderna del Museo, accoglie le tele del tardo Macchiaiolo Antonio Salvetti, e l’astrattismo novecentesco di Walter Fusi. Per la cronaca, oltre che artista, Salvetti fu anche esponente politico, ricoprendo la carica di primo sindaco socialista della città fra il 1897 e il 1898. Dalle sue tele, scaturisce la vitale comunità colligiana, presa nei suoi momenti di quotidianità, immersa nella quiete campestre.
A suggello di questa panoramica sulla storia e sull’arte di Colle, la collezione di Romano Bilenchi, che consta numerosi volumi accolti nella sala della biblioteca, cui si affiancano le tele di Moses Levy, Ottone Rosai, Mino Maccari, artisti cari allo scrittore.
Il Museo è stato pensato come luogo attivo, non semplice raccolta di opere, e pertanto accoglierà un laboratorio didattico per le scuole, così come una sala per mostre temporanee, in modo da accogliere artisti differenti e sviluppare un dialogo con l’arte che sia continuo nel tempo.
Ma il fermento culturale colligiano non intende fermarsi qui: a breve riapriranno sia il Museo Archeologico sia il Museo del Cristallo, importanti tasselli della storia cittadina. A dimostrazione di come sia possibile investire nella cultura, se solo c’è la volontà politica. A questo proposito, da Colle si lancia un appello al Ministero dei Beni Culturali e alla Regione Toscana, affinché si proceda al restauro dell’antica chiesa di San Pietro, attigua all’edificio del monastero, e purtroppo attualmente chiusa perché in pessimo stato di conservazione. Un appello che è auspicabile venga raccolto rapidamente e in maniera fattiva, per restituire un altro pezzo del suo patrimonio a Colle Val d’Elsa, che con San Gimignano, Casole e Poggibonsi costituisce una delle perle della Toscana centrale.
Tutte le informazioni: http://www.collealtamusei.it/