È stato recentemente pubblicato l’Art Market Report 2016 che illustra i risultati ottenuti dal mercato dell’arte rispetto all’anno da poco conclusosi. La collaborazione tra i portali Artprice e AMMA (Art Market Monitor of Artron), capitanati dai rispettivi fondatori Thierry Ehrmann e Wan Jie, ha dato vita a questa nuova analisi di mercato, allo scopo di fornire un fondamentale oggetto di studio dei risultati delle aste pubbliche nei diversi mercati nazionali e degli artisti maggiormente premiati dai collezionisti nell’arco dei dodici mesi di sessioni.
Nonostante il dato negativo del calo del 23% rispetto al fatturato mondiale del 2015, all’interno del report si identifica l’attività del mercato nel 2016 con un “lento sviluppo”, conseguenza di un processo di consolidamento dei prezzi. Se tra il 2009 e il 2014, il mercato ha vissuto cinque anni consecutivi di eccezionale crescita, il 2015 con una perdita di fatturato del -26% rispetto all’anno precedente, era riuscito ancora a stupire con ben 140 risultati in asta superiori a 10 milioni di dollari, di cui due perfino sopra ai 170 milioni.
Nel 2016 il mercato invece si trova a subire una contrazione. Questa si spiega con la quasi totale assenza dei numerosi record che avevano caratterizzato il 2015. Orfano dunque di questa spinta estrema, causata però da un numero relativamente esiguo di lotti rispetto al totale, il complessivo risulta minore.
L’obiettivo principale, condiviso a livello globale dalle case d’aste, è stato dunque procedere verso il consolidamento del mercato, strategia che si ipotizza si protrarrà anche nell’arco del 2017. Se da una parte questo ha certamente significato sacrificare un’ipotetica seconda caccia ai record, è vero anche che un’esasperazione del mercato di questo genere avrebbe potuto perfino danneggiarlo. L’analisi specifica del report invece rivela invece stabilità, nonostante i fatturati minori, e una decisa crescita del numero di scambi, +24% negli Stati Uniti e +27% nel Regno Unito.
Uno degli elementi positivi del 2016 è infatti il numero di opere d’arte proposte globalmente in vendita alle aste (+ 8%, con un totale di 938 mila lotti presentati). Questo dato evidenzia bene come, in un contesto economico mondiale in difficoltà, l’investimento in arte riesca a presentarsi con successo come un segmento di mercato in grado di stimolare la domanda.
“Mai come ora, il Mercato dell’Arte garantisce la possibilità di acquisto e di vendita, al posto giusto e nel momento giusto. In un’epoca di tassi bancari negativi, l’Arte offre un’alternativa di investimento particolarmente competitiva e accattivante”. Thierry Ehrmann
A evidenziare ancora una volta la crescita sostenuta sono i dati che dipingono il bipolarismo del mercato dell’arte come una contrapposizione tra Est e Ovest. Rispetto al 2015, complessivamente l’Occidente riscontra una crescita dell’11%, con un volume delle transazioni che non è mai stato così alto (398.000 lotti venduti) il mercato delle Belle Arti consacra però singolarmente la Cina come prima potenza mondiale, con un fatturato sulle vendite all’asta di 4,79 miliardi di dollari, pari a un aumento dell’8% rispetto al 2015.
Il podio dunque ospita le medesime potenze mondiali dell’anno precedente, ma è caratterizzato da un fondamentale cambio al vertice. La crescita del mercato della Cina, le permette di superare gli USA, penalizzati dalla mancanza di elevati record nella piazza principale di New York, e di raggiungere il 38% del fatturato complessivo delle vendite in asta globali.
Seguono, come accennato, gli Stati Uniti con il 28% (3,5 miliardi di dollari) e il Regno Unito che, con il 17% di quote di mercato mondiale e forte della piazza di Londra, mantiene la terza posizione con un fatturato di 2,1 miliardi di dollari.
Come accennato, il trend generale dei risultati d’asta ha evidenziato una diminuzione del numero di opere aggiudicate per valori che superano i 10 milioni di dollari, dai 140 lotti del 2015 si passa agli 80 dell’anno successivo. Questa tendenza non indica però la scomparsa dei grandi capolavori dal mercato delle aste pubbliche, come testimonia il record mondiale del 2016 dell’opera “La Meule” (1891) di Monet , aggiudicata nel novembre scorso da Christie’s per 81,5 milioni di dollari.
Un rapido sguardo ai alla Top Ten dei lotti più costosi del 2016 rivela una maggiore consapevolezza nell’investimento da parte dei collezionisti, non più schiavi di mode o capricci, ma motivati da strategie ben sviluppate, in particolari sulla base di valori culturali e non solo, strettamente connessi ai nomi degli artisti.
Interessante notare anche la presenza delle piazze di Hong Kong e Pechino all’interno di questo breve elenco. Un elemento non casuale, considerato che sono ben sei le case d’aste cinesi nella Top Ten per fatturato annuale e che le restanti quattro (in ordine di apparizione: Christie’s, Sotheby’s, Phillips e Bonhams) operano tutte nel mercato cinese con sedi a Hong Kong e Shangai
Una forte presenza, quella degli attori cinesi sul mercato dell’arte che non si limita alla categoria delle case d’aste o ai loro fatturati, singoli e complessivi, ma che si estende anche al mondo del collezionismo e delle fondazioni museali.
I collezionisti cinesi sono generalmente più giovani rispetto a quelli occidentali e spesso hanno affrontato percorsi di studi all’estero, hanno quindi imparato a diversificare i propri investimenti in arte e non si limitano più agli acquisti presso il mercato interno, ma ampliano le proprie collezioni includendovi opere dei grandi maestri dell’arte occidentale (sia old masters e impressionisti, sia moderni e contemporanei).
I nomi preferiti dal crescente mercato cinese (Modigliani, Monet, Picasso solo per citarne alcuni) sono gli stessi che generalmente svettano ai primi posti delle Top Ten per record, fatturato annuale o per numero di presenze nelle istituzioni museali affermate. Come conseguenza di queste attente strategie, le collezioni diversificate, una volta assunto il carattere internazionale e l’attrattività necessari, vengono convogliate nei numerosi musei privati, e non, in continua crescita (oltre 700 ogni anno).
I dati dimostrano come negli ultimi quindici anni sono infatti stati istituiti più musei che nei secoli diciannovesimo e ventesimo, in particolare grazie alla vocazione di mecenate che tipicamente caratterizza il collezionista orientale, non solo asiatico.
Percepito il nuovo trend dei collezionisti, le case d’aste cinesi hanno incominciato a guardare con maggiore costanza ai patrimoni occidentali per aumentare l’appeal delle proprie sessioni e mantenere nel mercato interno i grandi capitali. Tali scelte si sono dimostrate molto efficaci e hanno premiato con il primato mondiale il mercato cinese rispetto a quello statunitense. Nonostante questo cambio di tendenza, il precedente impegno dei mecenati e collezionisti cinesi per valorizzare l’arte del proprio Paese ha prodotto nel 2016 ottimi risultati.
All’interno della Top 500 mondiale degli artisti con più alto fatturato in asta nel 2016, è un artista cinese a svettare in classifica: Zhang Daqian (1899-1983). Le opere del pittore hanno ottenuto in totale, negli ultimi 12 mesi un risultato che sfiora i 355 milioni di dollari, 31 milioni in più del secondo classificato, Pablo Picasso (1881-1973), e ben 124 milioni di più rispetto al gradino più basso del podio, occupato da un altro artista cinese, QI Baishi (1864-1957).
La lista mostra una percentuale di artisti cinesi premiati dal mercato nel 2016 supera il 30% del totale. Ancora una volta questo dato supera quello ottenuto dalla rappresentanza dei colleghi statunitensi, che si arresta a quota 15%. Gli artisti italiani raggiungono quota 6% della lista, in particolare grazie ai maestri del dopoguerra, spesso protagonisti delle cosiddette Italian Sale, tra i contemporanei svetta Cattelan (posizione 101) mentre è di molto limitata la presenza degli Old Masters.
Il 2016 non è stato un anno di soli cambiamenti, ma ha visto l’intensificarsi di pratiche già ampiamente diffuse. Primo tra tutti l’uso dei canali di internet da parte delle auction houses. A distanza di una decade, la percentuale di case d’aste presenti sul web è passata da 3% del 2005 al 97% del 2016. Le maggiori attrici del mercato sanno che i nuovi strumenti garantiscono vendite sempre maggiori e ampliano il range dei nuovi collezionisti che si approcciano al sistema delle aste, sedotti dalla semplicità di utilizzo e da una segmentazione di prezzi che rende l’ingresso nel mercato dell’arti meno elitario.
Le intense strategie attuate dal mercato nel corso di questi dodici mesi fanno sì che l’arte sia ancora una volta vista come fonte di un ritorno sull’investimento privilegiato rispetto agli investimenti tradizionali. La critica maggiore al mercato dell’arte, riguardo all’incapacità di controllare e prevedere gli andamenti è ancora una volta confutata dalla redazione di questi report e dalla intensa attività del mercato, che ha saputo gestire la diminuzione di fatturato come una dimensione necessaria del proprio consolidarsi.
Informazioni Utili
I siti ufficiali di Artprice (qui) e AMMA (qui), i portali che hanno collaborato per la redazione dell’ Art Market Report 2016.