Sicilian Ghost Story, una poesia nera e dolorosa, piena di rabbia. Al cinema.
Dopo il successo di Salvo, che ha vinto il Gran Prix alla Settimana della critica di Cannes 2013, i registi siciliani Fabio Grassadonia e Antonio Piazza sono tornati sulla croisette con Sicilian Ghost Story.
Il film ha inaugurato il 18 maggio, a Cannes 70, la Settimana della critica (la prima volta per un film italiano) e contemporaneamente è uscito in sala in tutta Italia.
Rispetto al precedente film di Grassadonia e Piazza, Sicilian Ghost Story si serve, per raccontare una storia terribile, di più registri narrativi. Costruisce attorno a un fatto di cronaca un bozzolo di sogni e visioni, dando vita a una storia d’amore tra ragazzini pieni di speranze. Tutte infrante.
La storia di Giuseppe Di Matteo è una pagina nerissima della Storia del nostro Paese. Figlio di un pentito, aveva 12 anni quando fu rapito dalla mafia, nel 1993; dopo due anni di prigionia è stato strangolato e sciolto nell’acido.
Grassadonia e Piazza la portano sul grande schermo partendo dalla riproposizione letteraria di Mancassola, che ne aveva tratto un racconto, Il cavaliere bianco (pubblicato nella raccolta Non saremo confusi per sempre).Sicilian Ghost Story è un film con pochi fantasmi, ma molti mostri, spaventosi perché reali e non di fantasia. È una storia intensa, raccontata con un respiro ampio ed estremo equilibrio.
Un cuore di tenebra pulsa crudele e implacabile all’interno della storia, alimentandone i tessuti, dai più capillari ai più profondi, dando vita a uno spazio cinematografico sospeso tra realtà e fantasia. Un mondo trasognato, che non basterà come via di fuga dalla crudeltà che circonda i giovani protagonisti.
Luna, interpretata dalla giovane Julia Jedikowska (al suo debutto sul grande schermo) è innamorata di un compagno di classe, Giuseppe (Gaetano Fernandez), viso angelico e una passione per l’equitazione.
Nella prima scena Luna lo segue in un bosco incantato, luogo deputato per magici incontri come nella più tradizionale delle favole. È lui il suo cavaliere bianco.
Una storia d’amore, la loro, osteggiata dai genitori di Luna, un papà diabetico (Vincenzo Amato) e una madre svizzera che ha più l’aria della matrigna (una bravissima Sabine Timoteo). Nessuno ha il coraggio di parlarne, ma Giuseppe è “il figlio dell’infame”: meglio non averci nulla a che fare.
Ma Giuseppe sparisce nel nulla, e nessuno sembra interessato a scoprire cosa gli sia successo. Luna non si dà pace, è l’amore della sua vita e senza di lui non riesce a vivere. Lo pensa, lo cerca, lo raggiunge nei suoi sogni.
Il suo amore e la sua determinazione ne delineano chiaramente il carattere forte, orgoglioso: da sola tiene testa alla famiglia, alla polizia, ai compagni di scuola e agli insegnanti… O almeno ci prova.
Quello che la giovane protagonista di Sicilian Ghost Story non può sapere è che i fantasmi di una società mafiosa sono invisibili, ma hanno forme molteplici e inaspettate.
Il film, parte come una storia d’amore tra adolescenti, sull’onda della “nostalgiorrea” verrebbe da dire, ma gradualmente sprofonda in territori paludosi e sbilenchi, catturando lo spettatore fino alla fine, nella speranza di un lieto fine, di una catarsi.
Sicilian Ghost Story evoca magicamente la dualità della natura come un ambiente rivelatore e ostile al contempo, fatto di erbacce, pietre, una foresta magica abitata da furetti, gufi e farfalle. Un lago misterioso diventa la porta per mondo nascosto dove Luna vede la prigionia di Giuseppe.
Un esempio di cinema italiano bello e tremendo, un film di fantasmi sognati ma con mostri verissimi. Praticamente impossibile da digerire. Destinato a restare a lungo negli occhi e nel cuore di guarda, inerme, la forza di un amore schiacciata dalle mille forme di un orrore senza senso; ma i sogni, quelli, non muoiono mai.