Quali lezioni possono trarre, i collezionisti d’arte, dalla conclusione – lo scorso 22 agosto – della decima causa contro la Knoedler Gallery di New York e il suo direttore Ann Freedman?
In sintesi: fate i vostri compiti; le truffe sul mercato dell’arte non sono così rare; prendete seriamente i segnali d’allarme. Stiamo parlando di una delle frodi più grandi, dal punto di vista monetario, nella storia del mercato dell’arte: la vendita di 70 milioni di dollari di quadri falsi di pittori dell’Espressionismo astratto, fra i quali Robert Motherwell, Jackson Pollock e Mark Rothko.
Lo scandalo era scoppiato nel 2011 con la chiusura della più che centenaria galleria newyorkese, aperta nel 1846, quasi un quarto di secolo prima che il Metropolitan Museum of Art fosse fondato. E da allora i collezionisti truffati hanno chiesto giustizia, ma tutte le cause si sono chiuse con accordi “amichevoli”, senza la dimostrazione che Freedman fosse complice della truffa.
Facciamo un passo indietro. Nella sua epoca d’oro la galleria Knoedler era stata un fornitore importantissimo di opere degli antichi maestri ai baroni delle prime industrie americane come Cornelius Vanderbilt, J.P.Morgan e Henry Clay Frick. Ma nella seconda parte del XX secolo, mentre il mercato per l’arte contemporanea si espandeva enormemente, la galleria aveva sofferto. Nel 1970, dopo aver investito molti soldi in una town house al numero 19 della East 70ª strada, la galleria era quasi finita in bancarotta. Era stata salvata da un magnate del petrolio, Armand Hammer, che l’aveva comprata per 2,5 milioni di dollari. Il direttore Lawrence Rubin aveva spostato il focus del suo business su opere più contemporanee, proponendo opere di artisti come Frank Stella e Scully. Rubin aveva anche assunto Freedman, una ventinovenne receptionist di una galleria rivale, che fece presto carriera diventando nel 1994 il nuovo direttore della Knoedler. Freedman era un’ottima venditrice, ma quello stesso anno è stato anche l’inizio della fine della galleria.
Nel 1994 infatti Freedman ha conosciuto la dealer Glafira Rosales, di Long Island, che le ha detto di avere un cliente anonimo che aveva ereditato i quadri da suo padre e voleva disfarsene. Da allora fino al 2008 Rosales ha consegnato alla Freedman 40 quadri fino ad allora sconosciuti, non documentati fra le opere degli artisti di cui portavano la firma. Nel 2013 Rosales è stata arrestata e ha confessato che i quadri erano falsi, dipinti da un truffatore immigrato cinese, Pei-Shen Qian, che viveva a New York, nel Queens e poi è scappato in Cina.
Freedman, che nel 2011 ha aperto la propria galleria FreedmanArt nell’Upper East Side di Manhattan, ha sempre sostenuto di aver creduto nella autenticità dei quadri della Rosales. «Ci sono state molte incomprensioni – ha dichiarato a The Art Newspaper -. In retrospettiva, ci possono essere cose che non ho visto all’epoca. Sono una commerciante e un’amante dell’arte, ma non sono un’esperta o una connoisseur. Chiedo sempre il parere agli studiosi».
In effetti alcuni esperti e perfino la moglie di uno degli artisti di cui erano state falsificate le opere, interpellati al momento della vendita dei quadri avevano detto che erano autentici; altri invece – a partire da quelli dell’International Foundation for Art Research (IFAR) – avevano sollevato seri dubbi sulla autenticità dei quadri della Rosales.
Un altro campanello d’allarme avrebbe dovuto essere il prezzo dei quadri offerti dalla Rosales, molto inferiore alle quotazioni di mercato; ma la dealer aveva spiegato che spesso gli eredi di famiglie facoltose vogliono liquidare in fretta le opere d’arte senza badare troppo al prezzo.
Dopo la chiusura della galleria del 2011 e la scoperta di essere stati truffati, i collezionisti-vittime hanno presentato diverse querele al tribunale di Manhattan. Fra i più famosi, l’italiano Domenico De Sole – ex ceo di Gucci e co-fondatore di Tom Ford International – con la moglie Eleanore: avevano comprato per 8,3 milioni di dollari un falso Rothko nel 2004; la loro causa è stata l’unica a finire in tribunale, con due settimane di discussione, ma anche quella è stata chiusa con un accordo, l’anno scorso, prima che Freedman testimoniasse davanti ai giudici.
Al momento ci sono ancora due querele aperte e un terzo caso è pendente contro un avvocato svizzero che aveva facilitato una delle vendite.
Tutta la saga ha sollevato importanti interrogativi sulla non trasparenza del mercato dell’arte e sulla fiducia da accordare alle gallerie. Jason Hernandez, un procuratore di New York che aveva sostenuto l’accusa contro Rosales – l’unica finita in carcere -, ha detto: «Per molto tempo i collezionisti si sono basati troppo sulla reputazione della galleria che vendeva un pezzo. Ora dovrebbero cominciare a considerare i rischi legali che si assumono non conducendo una loro personale ricerca sulla autenticità delle opere».