Inchiesta fra critici e storici dell’arte, artisti, galleristi, collezionisti, operatori culturali dicono la loro sulle ultime novità e sul futuro del museo romano Macro
A rivitalizzare un fine anno che per il mondo dell’arte pareva presentarsi con gli ormai abituali toni sommessi sono giunte le deflagranti novità per la scena museale romana, annunciate con una conferenza convocata quasi in segreto il 21 dicembre dal Vicesindaco con delega alla Crescita Culturale di Roma Luca Bergamo. Il titolo? Un nuovo Macro per il sistema dell’arte contemporanea di Roma. I contenuti della conferenza e del comunicato poi emesso ve li abbiamo raccontati ieri, con la prima puntata della nostra inchiesta con la quale abbiamo raccolto una serie di opinioni di critici e storici dell’arte, artisti, galleristi, collezionisti, operatori culturali, che ha visto intervenire Duccio Trombadori, Pablo Echaurren e Massimo Mazzone. Ecco il secondo step, ma tenete d’occhio gli articoli dei prossimi giorni…
Barbara Martusciello – Critica d’arte
È un pasticciaccio brutto questo del MACRO Roma, affidato per comanda diretta da un’area politica a una persona compagno di scuola di un proprio Assessore: non uno qualsiasi ma Luca Bergamo. Ciò è imbarazzante e stride con le sue tanto vantate differenze di quest’area politica e amministrazione rispetto alle precedenti. Già il metodo e il principio di questa scelta sono esecrabili, pertanto, e poco o nulla cambia, quindi, se tale incarico è inteso come “temporaneo” e come “progetto” e se la gestione economica è dichiarata tutta in mano di altra istituzione. Rammento le parole di Giorgio de Finis, alla presentazione del suo catalogo al MAAM, evento ove parteciparono ufficialmente lo stesso Bergmo e molta parte dello staff 5S: Giorgio disse di volere “assaltare il fortino”, ovvero il MACRO. La notizia, di fatto, fu chiara quel giorno: de Finis lo avrebbe avuto, quel museo, come e con che modalità sarebbe stato per loro irrilevante. Non solo: quando, nello stesso contesto, io chiesi insistentemente a Bergamo – che seguivo ai tempi di Enzimi, Zone Attive e dei vari incarichi dal Comune di Roma negli anni dei sindaci Rutelli e poi Veltroni – se voleva “MAAMmizzare” tutti i Musei di Roma, lui ammise. Il MAAM e le altre operazioni di Giorgio sono opere di Giorgio, ovvero funzionano per la coralità ed emerge che anche per lui “uno vale uno”: nelle sue mostre e nelle sue iniziative (per ora, ma notiamo che ad un certo punto fu chiamato e arrivò Pistoletto). Ma non è questa la qualità né su questa convinzione che la si individua o la si costruisce. Per essere militanti, antisistema e attivisti di un cambiamento virtuoso non è obbligatorio essere presuntuosi, dopolavoristi dell’arte, aggressivi e avere smanie da rivalsa sociale e culturale (o del… potere?): basterebbe essere liberi e preparati davvero, profondamente, a livelli alti, non bassi e nemmeno sottoboschivi. Parlo in generale, ovviamente. Sono notoriamente un’indipendente, mai avuto tessere di partito, mai appartenuta a lobby né ho mai flirtato con alcun “potere” pertanto mi sento di dichiarare con onestà la mia delusione per come è stata gestita tutta la faccenda, la preoccupazione per le sorti del museo, dell’arte e della cultura contemporanea: a Roma ma non solo a Roma. Perché, ad ogni modo, questo “sistema” aveva da tempo e ha ancora bisogno di pulizia, trasparenza, meritocrazia e rispetto delle regole e della pubblica decenza: al MACRO come all’ex GNAM, nelle varie Commissioni come nei Ministeri e nei Concorsi. Voi che dite?
Antonio Martino – Collezionista
Per me è molto chiara la situazione. Il Macro è stato in qualche precedente gestione, un centro di potere con evidentissimi conflitti d’interesse. Tutto questo non giustifica comunque che in contrapposizione, il populismo estremo debba essere strumentalmente applicato in maniera autoritaria ad un Museo Pubblico tramutandolo in laboratorio e centro sociale sperimentale per andare in soccorso a chiunque si consideri un artista.
Concettualmente un “déjà vu“ perché lo stesso fece Sgarbi in maniera però concettualmente provocatoria con gli inviti fatti per la sua Biennale, in un’Italia oggi già alla deriva per il crollo vertiginoso del livello medio culturale. Insomma si incrementa così il caos e la confusione e la promiscuità invece di valorizzare la qualità, la cultura, l’intellettualità, la scienza, i concetti e quindi una sana meritocrazia non influenzata dal mercato o da interessi personali. Vorrei un Macro non per tutti ma di tutti.
Bruno Ceccobelli – Artista
Chi vivrà vedrà, certo le premesse non sono di buon auspicio, i rischi sono molti, vediamo: le parole (e le parole contano perché portano a delle azioni e a delle economie) “asilo” = asilo infantile, o asilo dei poveri, o dei rifugiati; e la parola Mattatoio = spero nel senso spazio per matti. Parole che abbinare all’arte viene la pelle d’oca, si ha subito in mente l’Art Brut, fonte di grande libertà, ma anche di pratiche Naif; e abolire poi la parola Museo (da Muse, cioè alte ispirazioni) per la parola laboratorio = dopolavoro (o per la parola dilettante?) è contro la Storia dell’Arte classica e contro i Maestri, le scuole, l’artigianalità, la perfezione e l’abilità concettuale degli artisti del passato. Sudore e non facilità e semplicità! Cosa sarà la nostra nuova società senza direttive? Vedremo, io non ho mai creduto alla democrazia, soprattutto quella culturale. Speriamo che non diventi una bagarre da muretto come quella dei social, dove ogni uomo, nudo da qualsiasi esperienza e moralità, può agire ed essere ad esempio per tutti gli altri e fare volgarità e violenza. Dicendo ciò non voglio difendere quello che è stato fatto precedentemente nei musei in questione, nei Musei non devono esserci mostre di contemporanei, ma questo è un altro capitolo!
Cari Amici, tutto giusto e vero quel che dite e auguriamoci che non sia poi una rassegna di dilettanti allo sbaraglio. Ma ripensando alle varie programmazioni museali dei soliti arcinoti che passano da un museo all’altro, forse, spero, mi auguro, uno sguardo più attento alle tantissime realtà fuori dal coro del mercato. Sono decenni che operazioni finanziarie decidono la qualità di pochi artisti e credo sia giunto il momento per scombinare certe ovvietà del visto e rivisto e dell’investimento sicuro.