Getulio Alviani è morto. L’artista protagonista assoluto dell’arte cinetica e programmata italiana ci ha lasciati all’età di 78 anni dopo una lunga malattia. Nel 2012 aveva promosso l’apertura di Alviani ArtSpace, spazio di ricerca e di contaminazione tra linguaggi artistici e tecnologici nato all’interno dell’Aurum di Pescara.
Ecco un breve ricordo di questo grande artista italiano.
Alviani nasce a Udine il 5 settembre 1939. Osservatore lucido fin dall’infanzia delle proprie attitudini, incline al mondo del fare con forme e colori in una dimensione ordinata ed essenziale, verso il 1952 esegue rari lavori a olio e smalto, sul movimento delle onde del mare, astratti e geometrici. Entrato a quindici anni in uno studio di architetti e ingegneri, si sente attratto dalla riflessione su piccoli particolari nell’esigenza di acutizzare le proprie capacità di analisi. Attento ai principi del Bauhaus e dell’arte astratto-concreta, concentrato sui fenomeni della visione, dalla fine degli anni Cinquanta inizia ricerche nell’ambito della strutturazione dinamica della percezione, collaborando anche con il mondo industriale. In un progetto orientato ad ampliare l’intelligenza visiva dell’uomo e a rendere l’osservatore protagonista attivo nella ricezione dell’opera, Alviani comincia a realizzare autonomamente lavori per lo più in lamiere di alluminio trattate, che nel loro costituirsi implicano una dimensione di continuum spazio-temporale. Considerando fattori sensoriali, psicologici, emotivi, ecc., nell’ambito delle problematiche cinetiche perviene, con ambiguità gestaltica, a un equilibrio sinergico di componenti, quali la specularità, la riflessione, l’angolazione visiva, la luce, il movimento, la vibratilità e l’intervento dello spettatore. Nel rifiuto, appunto, di una contemplazione inerte dell’opera, egli articola la ricerca con una programmazione costruttiva aperta e disponibile alla riproducibilità, fra superfici a testura vibratile e oggetti plastici in serie, otticamente dinamici nella graduazione intensiva della luce, fra strutture speculari e cromostrutture.
La sua disciplina è modulazione dei contrari (concavo-convesso, piano-rilievo, negativo-positivo, luce-buio) e tensione a un massimo di risultati percettivi col minimo di mezzi. Nel 1963 progetta per G. Marucelli tessuti ottico-cinetici che aprono alla moda op art; altri ne progetta per R. Gernreich nel 1966, mentre sempre per la Marucelli nel 1968 idea elementi in alluminio. Alla metà degli anni Sessanta, all’interno di un rapporto integrativo con l’architettura, Alviani studia moduli per pareti, mentre più tardi la riflessione su fenomeni connessi al calore, all’umidità, all’evaporazione si sostanzia in oggetti e in proposte di environnements d’acqua e di fuoco. Ancora, nei cromogrammi realizza il suo interesse per il colore indagato sia nei connotati tecnici sia nella fenomenologia combinatoria. Dal 1976 Alviani insegnava pittura all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Continua e significativa è stata la sua attività espositiva anche internazionale: a partire dagli anni Sessanta è presente, tra l’altro, alla Biennale di Venezia (1964), alla mostra Nouvelle Tendance a Parigi (1964), alla rassegna The Responsive Eye al Museum of Modern Art di New York (1965) e in varie occasioni alla Biennale di Grafica di Lubiana ricevendo il premio internazionale (1973 e 1977). Sue opere si trovano al Museum of Modern Art di New York, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, al Kunstmuseum di Basilea, ecc.
http://www.alviani-artspace.net/