La nuova esposizione di Donato Piccolo sarà alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano dall’11 aprile al 25 maggio. Imprévisible rifletterà sull’interazione natura-tecnologia provando a definire lo spazio dell’esistenza umana.
La Fondazione Pomodoro apre la nuova stagione con la prima di tre esposizioni del progetto Project Room 2018, con protagonista Donato Piccolo e visitabile dall’11 aprile al 25 maggio. Si tratta di una mostra in tre atti curata da Flavio Arensi che prende il nome di La stanza di Proust. Il rimando al genio del tempo perduto suggerisce un approccio particolare all’indagine artistica, ma non solo. Le quattro pareti che delimitano una stanza rappresentano tanto un limite quanto un’occasione. Se il mondo esterno ci è precluso, o se dal mondo esterno vogliamo fuggire (come fece lo stesso Proust ricoprendo la sua camera da letto con il sughero), il ristretto raggio di movimento attorno a noi può essere in un attimo rovesciato ed aprire spirargli invisibile alla luce. L’isolamento è il sacrificio necessario per insinuarsi nella propria intimità e grattarne le pareti fino a riportare alla luce vecchi ricordi e nuove emozioni.
In un viaggio introspettivo a ritroso natura e macchina si interrogano sulla loro relazione e sulle dinamiche che regolano il mondo. Donato Piccolo costruisce un sistema mirato a far emergere i sottili meccanismi dell’esistenza (invisibile) e le forze misteriose che li regolano (imprevedibile). Nasce da qui Imprévisible, una riflessione sul pensiero e sulla sua necessità di scovare ciò che sta dietro al visibile. Come nella solitudine della nostra stanza ci capita di indugiare sulle nostre esperienze, di riallacciare gli attimi che compongono le nostre storie e di rintracciarne una ragione sotterranea, così fra le pareti della Fondazione Pomodoro natura e tecnologia si guardano alla scoperta dell’incalcolabile cammino che le ha portate ad abbracciarsi/scontrarsi.
« Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l’uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza. »
(Alan Turing, Macchine calcolatrici e intelligenza, 1950)
In un saggio del 1950, Alan Turing preannunciò quello che poi sarebbe diventato più popolarmente noto come “Effetto farfalla”. Una piccola variazione nelle condizioni iniziale di un dato sistema, possono produrre grandi cambiamenti sul lungo periodo all’interno del medesimo ambiente. Libere dalla distrazione del sentimento, le macchine di Piccolo sfilacciano i nodi del tempo e ne separano i fili, recuperano la scia di quel battito di farfalla e la percorrono a ritroso. Unnaturalis e Acquarium rappresentano i due poli in questione, tecnologia e natura. In Acquarium due tartarughe agitano l’acqua che le accoglie generando un movimento sulla superficie. Queste vibrazioni, colte da appositi sensori, vengono trasmesse alla carcassa svuotata e rovesciata di un’automobile. Qui crescono delle braccia robotiche, i quali movimenti sono indiretta (o forse diretta?) conseguenza delle azioni dei due animali. Il sistema cela la sua complessità nelle impercettibili dinamiche ora casuali, ora estremamente precise che regolano il suo funzionamento. Se il muoversi delle tartarughe non è dettato da nient’altro che dal loro istinto, la decodificazione di questo induce una precisa reazione da parte della macchina. Risalire con precisione ad una relazione causa-effetto sembra a tratti impossibile, a tratti possibile. È il tentativo di scoprire quell’invisibile meccanismo che nasce da una catena imprevedibile di attimi all’apparenza marginali, ma in realtà determinanti.
Ci si perde allora ad immaginare quanti anelli possiede la catena dell’esistenza che si spinge indietro di millenni fino a perdere contatto con la nostra concezione di mondo. Ma da questo rapporto sembra essere stata rimossa la congiunzione: dove si trova l’uomo? L’essere umano si ritrova ad essere in mezzo tra tecnologia e natura, che non sono più mezzi del nostro delirio di controllo ma si evolvono autonomamente. Anna non porta rancore è una scatola di cartone dotata di intelligenza artificiale, che reagisce agli stimoli esterni e ne imposta il comportamento di conseguenza. Il visitatore si trova coinvolto in un mostra dove le sculture non sono oggetto passivo dell’occhio umano, ma protagoniste attive che costringono l’uomo a subirne l’azione calcolata ma imprevedibile.
Tra caos e controllo, tra ordine ed imprevedibilità Donato Piccolo dà vita alle macchine e meccanizza la natura, riduce l’uomo a totale spettatore e ne esalta quindi le possibilità introspettive. Di fronte ad uno spettacolo di cui abbiamo perso il controllo, forse una stanza ricoperta di sughero è il rifugio migliore dove recuperare i nostri passaggi a vuoto.
Il sito ufficiale della Fondazione per ulteriori informazioni.