Lo spazio espositivo Musia di Roma ospita la grande mostra Dal Simbolismo all’Astrazione. Il primo Novecento a Roma nella Collezione Jacorossi. Fino al prossimo 30 settembre 2018.
Percorrere con pochi passi cinquant’anni di storia dell’arte: un’esperienza inattesa e sorprendente per la spiazzante e futuristica sintesi di spazio-tempo che ci coinvolge e ci cattura emotivamente. Sostano a lungo davanti ai nostri occhi – stupefatti testimoni di una composta e sincronica epifania – Cambellotti, De Carolis, Ferrazzi, Donghi, Sironi, Balla, Janni, Socrate, De Chirico, Galli, Oriani, Severini, Cagli, Ziveri, Mafai, Leoncillo, Tancredi, Rotella… Che hanno trascorso tutta o parte della loro vita a Roma e la cui esistenza ci appare qui infinitamente contratta nel meditato perimetro di un dipinto o di un’ideazione plastica.
Nomi che evocano movimenti artistici più o meno noti che hanno scandito i decenni doviziosi dai primi del secolo al secondo dopoguerra, lasciando un solco più o meno profondo nell’humus culturale della capitale: il sodalizio dei XXV della campagna romana, il Simbolismo, la Secessione romana, il Futurismo, il Novecento, la Scuola romana, la Pop Art, l’astrattismo… Stiamo parlando della mostra “Dal Simbolismo all’Astrazione”, una silloge di cinquanta di opere selezionate dalla nutrita collezione Jacorossi (un corpus di circa 2500 pezzi) con la curatela affidata ad Enrico Crispolti.
Perché in via dei Chiavari, nello storico rione Parione, da pochi mesi è stato inaugurato lo spazio multifunzionale Musia – in un’area di mille metri quadri – fortemente voluto dell’industriale e collezionista Ovidio Jacorossi. E proprio nella stessa strada dove, negli anni venti, suo nonno aveva avviato una rivendita di carbone, primo embrione di un’attività imprenditoriale che acquisterà negli anni rilevanza nazionale, prestando sempre una concreta attenzione – evento non comune tra gli industriali – all’universo molto poco pragmatico dell’arte.
Ricordiamo che il gruppo Jacorossi ha investito nella ristrutturazione del Museo Guggenheim a Venezia, del Palazzo Ducale a Genova, del Palazzo delle Esposizioni a Roma. Le opere in mostra, ordinate secondo rigore cronologico, patiscono un complicato ma stimolante dialogo con la storia stratificata (è così ovunque nel centro di Roma) del luogo prescelto: una fabbrica cinquecentesca concrescente sui ruderi dell’imponente teatro di Pompeo; un piccolo cortile quadrato attribuito al disegno di Baldassarre Peruzzi; l’impronta animica di Cassiano dal Pozzo, medico, alchimista, letterato, mecenate e collezionista, che fu uno degli intellettuali più importanti dell’Europa barocca e che qui visse e ospitò la sua celebre collezione di stampe.
Ci attardiamo pensosi davanti ai Giocatori di palla ovale (1932) di Pippo Oriani, futurista eclettico: un’umanità anonima, raccolta al centro della scena in una solitudine plumbea, la cui inquieta motilità è boccata da rigide quinte braquiane.
L’attenzione si raccoglie per un istante sul Ritratto del padre (1929) di Guglielmo Janni, tormentato esponente della Scuola Romana, un quadro metafisico pur nel suo apparente realismo. Di una composizione aniconica (1950) di Gianni Dova, sodale di Lucio Fontana e di Enrico Baj, apprezziamo il tentativo, eternamente vano, di afferrare con l’arma spuntata del pensiero geometrizzante, l’insondabile mistero dello spazio.
Informazioni utili
Dal Simbolismo all’Astrazione. Il primo Novecento a Roma nella Collezione Jacorossi
Musia living(&)arts, via dei Chiavari 7/9, Roma
Galleria 7
Dal 30 novembre 2017 al 30 settembre 2018
A cura di Enrico Crispolti
Dal martedì al sabato: 16:00 – 22:30
Domenica e lunedì: chiuso