La Fondazione Magnani-Rocca a Mamiano di Traversetolo (Parma) ospita una grande retrospettiva sull’opera di Alberto Pasini, il caposcuola della pittura orientalista italiana.
115 opera fra dipinti, incisioni e disegni, che raccontano la spedizione nell’Impero Ottomano, fra il 1855 e il 1856. Una raffinata antologica curata da Stefano Roffi e Paolo Serafini, visitabile fino al 1 luglio 2018.
Nello strano e imprevedibile corso della storia, può accadere che anche le vicende politiche e militari abbiano la loro importanza nell’orientare l’interesse del mondo dell’arte. È quanto accadde con la spedizione napoleonica in Egitto, effettuata fra il 1798 e il 1801, con l’obiettivo di minare il monopolio commerciale della Gran Bretagna nel Mediterraneo. Al seguito della spedizione militare, furono ammessi anche numerosi storici e archeologi, incaricati di svolgere ricerche sul campo, guidati dal matematico e fisico Joseph Fourier.
Una di queste,fra gli importanti rinvenimenti, anche la celeberrima Stele di Rosetta, che riporta un’iscrizione in tre differenti registri: geroglifico, demotico (una lingua egizia del tardo periodo), e greco. Grazie a quest’ultima traduzione, fu possibile compiere decisivi passi avanti nella comprensione degli antichi documenti egizi, e quindi nella conoscenza della loro civiltà. Sullo slancio di questa sensazionale scoperta, e dell’eco che la spedizione militare ebbe in Europa, l’Egitto, e con esso il mondo arabo, catturarono l’interesse anche del mondo dell’arte, incuriosito da quei paesaggi esotici e dalla civiltà araba che si era sovrapposta a quella islamica.
Se in Francia Ingres, Chassériau e Delacroix furono i maggiori esponenti del nuovo sentire pittorico, anche In Italia fiorì una valente scuola orientalista, che contava fra gli altri anche Ippolito Caffi e Fausto Zonaro; il “caposcuola” fu però l’emiliano Alberto Pasini (1826-1899) nato a Busseto qualche anno dopo Giuseppe Verdi, e come lui destinato a una brillante carriera in campo culturale. La grande mostra Pasini e l’Oriente. Luci e colori di terre lontane, comprende i dipinti realizzati a seguito del viaggio intrapreso dal pittore attraverso l’Impero Ottomano, al seguito di una missione diplomatica francese. Un’occasione unica per documentare e soprattutto conoscere da vicino Paesi che all’epoca apparivano luoghi di leggenda.
Pasini compì gli studi artistici all’Accademia di Belle Arti di Parma, e mosse i primi passi misurandosi come incisore; nella sezione d’apertura, una selezione di incisioni e litografie dedicate a vari castelli italiani testimoniano della sua perizia. Una carriera, quella dell’incisore, che, pur assicurandogli il pane quotidiano, non soddisfaceva appieno le sue ambizioni artistiche, e per tale ragione nel 1851 lasciò la natia pianura emiliana per recarsi a Parigi, all’epoca capitale culturale europea. Qui poté conoscere la pittura della Scuola di Barbizon, visitò la piana di Fontainebleau, e si spinse fin sulle coste bretoni e normanne. Qui in particolare, lo colpirono la vastità delle spiagge, le scogliere a picco sull’Oceano, i cieli imponenti e cupi delle tempeste marine. Capì che l’incisione non bastava più per tradurre in immagini le emozioni che gli procuravano quegli spettacoli naturali, e per tale ragione nel 1854 lasciò lo studio dell’incisore Eugène Cicéri per quello del pittore Théodore Chassériau. E sarà proprio quest’ultimo a segnare la futura carriera di Pasini, per una di quella coincidenze che nella vita capitano soltanto una volta. Nicolas Bourée, ministro dell’Imperatore Napoleone III, aveva proposto al pittore francese l’incarico di disegnatore ufficiale di una missione diplomatica che si sarebbe svolta a Teheran. Chassériau declinò l’offerta, ma propose come suo sostituto il suo giovane allievo, prontamente reclutato da Bourée.
S’inizio così, nel febbraio del 1855, per un fortunato caso, un’avventura che portò Pasini in Persia, Turchia, Siria, Arabia ed Egitto, dove ebbe occasione di vedere di persona quei paesaggi al limite del leggendario, delle quali in Italia aveva sentiva parlare solo attraverso la fiabe de Le mille e una notte. La missione si concluse nell’agosto dell’anno successivo, e nei diciassette mesi di permanenza in Oriente, Pasini ebbe modo di realizzare numerosi bozzetti e disegni che poi tradusse in pittura, una volta rientrato in patria. Quei numerosi paesaggi e scene di vita quotidiana furono il primo nucleo di quel del genere verista di stampo esotico, che lo portò alla fama prima in Francia e poi in Italia. Il suo stile rivela un tentativo originale di coniugare il fascino per l’ignoto e l’esotico, d’ispirazione tardo-romantica, con l’esigenza verista della documentazione geografica e antropologica, disposizione all’analisi più che alla contemplazione. Perché Pasini fu tra i pochi pittori orientalisti ad aver visitati i luoghi delle sue tele, mentre la maggior parte dei suoi colleghi si limitava a dipingere convenzionali scene di genere, riprese da stampe o fotografie. Dopo la missione francese, tornò più volte in Oriente, fra il 1859 e il 1873, recandosi poi in Spagna, in Andalusia, regione a forte impronta araba.
L’assolata vivacità delle antiche cittadine arabe, con il loro mondo di mercati, moschee, giardini lussureggianti, affascinarono il pittore emiliano, che seppe renderli con vivace cromatismo e attenzione al bello stile, mutuati dalla Scuola di Barbizon conosciuta poco prima a Parigi; nelle sue tele, Pasini traspone una calda luminosità che sembra lasciare sulla pelle l’effetto del sole onnipresente in quell’immenso Impero Ottomano, che dalla Turchia si estendeva fino in alla Palestina e alla Siria.
Un Impero e un popolo che Pasini ci restituisce attraverso i suoi paesaggi naturali, quelle distese di sabbia o di prateria che rievocano le scorrerie di Tamerlano o Alessandro il Grande, e attraverso le scene quotidiane di un popolo sostanzialmente dedito al commercio; Lo scribano, Forno a Istanbul, Il maniscalco, Caravanserraglio, Dal venditore di tè, testimoniano la laboriosità di un popolo, che faceva del commercio non un semplice mezzo di sussistenza, ma anche un’occasione di conoscenza dell’altro, di confronto e discussione, che nasceva davanti all’inevitabile contrattazione accompagnata dal tè e dal narghilè. Un commercio che aveva un ritmo più lento, meditativo, filosofico, al passo, quasi, con i ritmi immutabili del sole e della luna. Più ancora di Ingres o Fromentin, Pasini cattura quella luce orientale che imbeve il paesaggio e gli individui, con i suoi cieli velati da nuvole di calura; a questo proposito, si può affermare che se l’Ottocento è stato il “secolo delle nuvole”, probabilmente quelle dipinte da Pasini sono fra le più grandiose e suggestive. In amabile contrasto con tanta eterea bellezza, contrasto, le architetture, spesso monumentali delle facciate degli edifici, dipinte con dovizia di particolari, spinge a immaginare la frescura delle stanze e dei cortili interni, case e palazzi che sono rifugi di pace, e scrigni segreti che nascondono quanto la morale musulmana giudica sconveniente.
Rare sono le donne, tra le folle orientali di Pasini, che esprimono una società rigorosamente patriarcale. E accanto ai colorati mercati e alle strade cittadine, spicca lo stretto e ancestrale rapporto fra l’uomo e la natura circostante, fatto di tradizioni quali la vita all’aria aperta, un costante uso del cavallo, la caccia con i falconi, una vita circondata da una natura tanto selvaggia quanto affascinante, con assolati deserti, oasi spazzate dal vento, montagne rocciose perse in lontananza. Pasini trovò corrispondenze del mondo orientale anche a Venezia e Granada, città delle quali ritrasse rispettivamente alcune vedute della laguna, e il superbo palazzo dell’Alhambra.
Dalle splendide tele esposte, emerge un Oriente arcaico, affascinante, ma soprattutto pacifico, che dopo la colonizzazione occidentale perderà quell’equilibrio fra popoli e culture diverse, su cui si era fondata l’unità ottomana. Immagini che però restano nell’immaginario collettivo, e non è infrequente, ammirando un caravanserraglio o un cavaliere turco, ripensare alle pagine di Andric, mirabile cantore dei Balcani islamizzati.
PASINI E L’ORIENTE. Luci e colori di terre lontane
Dal 17 marzo al 1 luglio 2018
Fondazione Magnani Rocca,
via Fondazione Magnani Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma).
Orario: dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17)
sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18).
Aperto anche tutti i festivi (25 aprile, 1° maggio, 2 giugno).
Lunedì chiuso, aperto il lunedì di Pasqua.
Informazioni e prenotazioni gruppi: tel. 0521 848327 / 848148 info@magnanirocca.it
www.magnanirocca.it