Ha ragione Cristina Taglietti che di Andrea Pinketts, sul sito del Corriere, scrive: “L’unico posto in cui poteva scrivere era il bar. Il Trottoir, per la precisione, locale milanese prima in corso Garibaldi poi in piazza XXIV maggio che di fatto era l’ufficio di Andrea Pinketts, scomparso oggi a Milano a 57 anni”. Andrea era così, come un personaggio dei suoi romanzi noir. Lo incontravi spesso e quasi ovunque già un po’ imballato di birre, ma con l’occhio rapace cui non sfuggiva nulla. Era intelligentissimo. E tutti gli artisti e gli intellettuali milanesi lo conoscevano. Io gli ho voluto bene sul serio. Lo conoscevo sin dagli anni Novanta quando, abitavo a due passi dal vecchio Trottoir in corso Garibaldi e ci incontravamo spesso. Ricordo pure quando nel 2013, per protestare contro la chiusura imposta al locale (per il non rispetto delle norme di sicurezza), decise di incatenarsi all’ingresso insieme a Run, il “soprannome” del proprietario. In quegli anni sembrava di vivere in un fumetto. Al Trottoir si mangiava, beveva e ballava sui tavoli sino a notte fonda. Ma non era come i locali di oggi o le discoteche di provincia. Si iniziava nel tardo pomeriggio con un dibattito o una conferenza su qualche libro o argomento culturale. Si proseguiva mangiando insieme parlando d’arte. Poi qualche gruppo cominciava a suonare e alla fine l’atmosfera si surriscaldava. Era il regno di Andrea. Lui stesso amava ripetere di avere una «passione sfrenata per le cattive compagnie: la letteratura, i bar equivoci, i sigari e le donne». Sul fronte della carriera di romanziere il suo apice, forse, arrivò nel 1996 quando entrò nell’antologia Einaudi Stile libero Gioventù cannibale, accanto a Niccolò Ammaniti, Aldo Nove, Daniele Luttazzi e altri. Ma per lui era quasi indifferente. Bello, con l’aria da duro e il cuore tenero, non sopportava di scrivere al chiuso. Era uno scrittore ambulante. Quando le Trottoir si spostò nella sede attuale in piazza XXIV Maggio lo si poteva incontrare anche lì. Ma circolava ovunque a Milano. Io stesso l’ho incontrato più volte in zona fiera, piazza Wagner. Di Andrea ho il ricordo di una persona buona e sagace. Pronto a seguirti nei ragionamenti più ripidi sia di letteratura che di filosofia o arte. Sempre veloce ad aggiungere riflessioni caustiche, illuminanti e mai banali. Con lui ho condiviso alcune ore, diverse birre, qualche donna futile di cui ho perso la memoria e lunghe riflessioni sull’arte e la letteratura. La specie umana è strana. E noi siamo di passaggio. Un abbraccio Andrea. Ti porto nel cuore e voglio ricordarti così, mentre sorridendo sornione guardi il cielo. Ti abbraccio. Paolo