L’artista novantenne Yayoi Kusama pensa al domani. Nel suo museo a Tokyo una mostra con opere di ispirazione botanica e autoritratti
Chiusa nel suo mondo a colori, Yayoi Kusama continua a dipingere. L’artista giapponese, che dal 1977 vive di sua volontà in una struttura psichiatrica a Tokyo, compirà 90 anni il prossimo mese di marzo. La sua vena creativa è ancora fruttuosa e sembra inesauribile: dipinge ogni giorno nel suo studio. Impossibile avvicinarla, protetta da una specie di cordone di sicurezza del suo ufficio stampa.
Non è stato facile neppure visitare il museo, dove è in corso la mostra I Want You to Look at My Prospects for the Future: Plants and I, fino al 28 febbraio. Due settimane di anticipo per prenotare la visita non bastano. È la regola ferrea dei musei nipponici: il biglietto va acquistato per tempo. Ferrei anche gli orari. È bene mettersi in coda già una mezz’ora prima. In compenso, ne vale doppiamente la pena. Il museo, innanzitutto: una torre candida in vetro e cemento, che si staglia a Shinjuku, molto vicino al quartiere defilato e tranquillo di Kagurazaka. Il progetto, firmato dallo studio di architettura Kume Sekkei, è stato finanziato dalla stessa artista ed è gestito dalla Yayoi Kusama Foundation.
Aperta dal 2017, l’istituzione è finalizzata soprattutto a promuovere l’arte di Yayoi Kusama, ma anche a trasmettere qualcosa di più: un messaggio di amore e di pace.
Come afferma la stessa artista: “Ho infuso la mia anima eterna in questo museo. … Forse il museo può elargire amore per tutta l’umanità, accompagnando vita e morte, cercando di raggiungere la pace suprema nel mondo…”. Le due mostre annuali che vengono organizzate, con corollario di conferenze ed eventi, occupano i cinque piani della struttura. Visitatori rispettosi ascendono dal pianterreno all’ultimo piano, sostando in silenzio quasi sacrale davanti alle opere.
Yayoi Kusama, partita dalla città di Matsumoto, nella prefettura di Nagano, era coraggiosamente approdata da sola a New York nel 1957, con un bagaglio di poche parole d’inglese e una volontà disperata di affermarsi come artista. Sin da giovane aveva avuto esperienze di allucinazioni, da cui erano nate la ripetizione ossessiva e la moltiplicazione di singoli motivi (le famose Infinity Nets e i Pois). Il mondo dell’avanguardia newyorkese ne riconobbe il genio, consacrato poi da esposizioni in tutto il mondo e da recenti retrospettive dei suoi dipinti, sculture e installazioni alla Tate Modern e al Centro Pompidou. I risultati delle ultime aste (per esempio, Philips a Londra) sono stati da record.
La mostra in corso è focalizzata sulla relazione tra opere di ispirazione botanica – la sua famiglia, molto conservatrice, era proprietaria di un vivaio; un elemento che ha influenzato l’artista – e autoritratti, compresi lavori in cui vengono utilizzati specchi, che introducono un universo infinito. L’excursus permette di avvicinarsi al mondo creativo di Kusama, in quanto le opere coprono un periodo lunghissimo, dagli inizi della sua carriera ad oggi. Dai primi disegni ai capolavori che rivelano l’influenza delle tecniche tradizionali giapponesi nihonga, alle opere degli anni Sessanta e agli acquerelli introspettivi del decennio successivo, alle sculture soft anni Ottanta e ai dipinti posteriori, fino a My Eternal Soul, le serie più recenti.
L’universo poetico di Yayoi Kusama, oltre che di pittura si è sempre nutrito anche di scrittura. Sull’esempio della madre, che fu poetessa e calligrafa, anche Yayoi è autrice di delicate composizioni, illuminanti per comprendere la sua opera. Ancora di più lo è la lettura della sua autobiografia, tradotta in Italia nel 2013 (Yayoy Kusama, Inifinity Net, Johan & Levi editore). Un racconto sincero e illuminante di una vita dedicata all’arte. “Voglio approfondire la mia ricerca della verità, la tensione verso la luce, innalzare il cuore verso un domani sfavillante nel rispetto degli esseri umani… A questo fine, lo strumento che ho scelto è l’arte, a cui dedicherò tutta la vita”.
Nel piccolo shop del museo si vendono cataloghi e alcune riproduzioni, come quelle delle famose zucche, in versione mignon. Una tentazione a cui si può cedere per circa 148 euro. E ancora mi pento di non averlo fatto.