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Tra meravigliose scale a chiocciola e sensualità simbolista. La bellissima Casa-Museo Gustave Moreau a Parigi

“Stasera, 24 dicembre 1862. Sto pensando alla mia morte e al destino delle mie povere piccole opere e di tutte quelle composizioni che mi prendo la briga di assemblare. Se separate, periscono; prese insieme, danno una piccola idea di quello che sono come artista e dell’ambiente in cui mi piaceva sognare”

Con queste parole affidate alla carta in una notte di insistenti preoccupazioni Gustave Moreau introduce alla possibilità di creare un museo con le sue opere. E sarà infatti l’artista stesso a trasformare la sua abitazione al numero 14 di Rue de la Rochefoucauld, Parigi, nella casa dei suoi lavori grafici e pittorici: 14 000 tra tele, opere incompiute, acquerelli, schizzi riempiono la casa-museo del precursore del simbolismo. Il pensiero della morte e della conseguente iniziativa di predisporre un luogo che mantenesse integro il complesso della sua produzione ruotò nella mente dell’artista fin dal 1862, momento in cui Moreau concluse il suo grand tour formativo in Italia e ritornò a Parigi carico delle conoscenze apprese.

Perciò ben 36 anni prima di morire percepì con spietata lucidità la necessità che le sue opere “stessero insieme”. La radice di questa inevitabile compresenza è da rintracciare nell’originario significato di simbolo, da cui Moreau deriva gli aspetti fondamentali della sua arte. Simbolo trova origine infatti dal greco symballo, che significa letteralmente “mettere insieme”. Come nell’antica Grecia i contraenti di un patto si dividevano due metà di un pezzo di terracotta, così l’osservatore all’interno di una tela di Moreau è chiamato ad avere un ruolo attivo, a stringere un rapporto con l’opera. Se infatti cronologicamente non può essere considerato un simbolista, rimane in ogni caso un precursore del movimento. Difatti le sue immagini non si esauriscono nella composizione estetica della scena, ma ogni figura rappresenta un’idea che nel rapporto organico con le altre completa il concetto. Ogni opera si configura dunque come un disegno ideale, una narrazioni visiva per mezzo della quale l’osservatore viene condotto fino alla visualizzazione di un pensiero. Davanti al quadro simbolista guardare non è perciò sufficiente, l’interpretazione attiva è perciò indispensabile.

Cogliere e riunire i riferimenti che l’artista dissemina nella scena è propedeutico alla sua totale comprensione: la sintesi degli elementi è la chiave. Proviamo ora a muoverci come rintocchi di vari cerchi concentrici che si espandono dagli oggetti alle figure delle scene di Moreau, dall’opera che stiamo osservando a quella vicina, a quelle della stanza accanto e ancora più avanti fino ad abbracciare ogni angolo del museo, ogni angolo del suo operato. Vedremmo illuminarsi di volta in volta il lume individuale di ogni creazione fino a ritrovarsi circondati da una costellazione di simboli che solo se accostati sono in grado di brillare della verità che Gustave Moreau si era illuso di aver intravisto.

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