Una chiacchierata che prende spunto dal progetto Crescit eundo, curato ad Ancona da Butik Collective con la collaborazione del Festival art+b=love (?) e Sineglossa creative ground
Il festival art+b=love (?) e Sineglossa creative ground, che hanno reso Ancona protagonista del contemporaneo dal 16 al 19 maggio scorsi, hanno funto da occasione per conoscere gli esisti di un progetto di residenza artistica, Crescit eundo, curato da Butik Collective, di cui è stata protagonista l’artista Sonia Andresano, al momento impegnata anche con un proprio lavoro nella rassegna di video arte La Superficie Accidentata. Il progetto Crescit eundo ha preso avvio nel febbraio 2019 e ha attraversato luoghi dismessi, al fine di ripercorrerne la funzione originaria, le tappe della loro storia, in maniera tale da farsi varco, reale ed allegorico, di valori esistenziali abbrutiti dal tempo, dall’abitudine e dall’ovvietà del banale. La Andresano, dunque, ha scelto di agire insieme con la comunità di un quartiere, quello degli Archi, ad Ancona, secondo i prodromi di una catarsi di natura architettonica, ma anche antropologica. L’abbiamo incontrata e le abbiamo posto qualche domanda, per raccontare Crescit eundo a chi non l’ha visto o per approfondire la visione di chi ha avuto modo di condividerlo.
Come è nato Crescit eundo e perché la scelta di rifarsi al motto virgiliano?
È nata prima l’idea e poi il titolo, ma vado un attimo indietro. A dicembre scorso ho conosciuto una persona che, dopo aver visionato alcuni dei miei lavori, mi recitò il motto Crescit eundo. Mi disse che tale locuzione latina utilizzata da Lucrezio nel De rerum natura e in seguito da Virgilio, le sembrava perfetta per descrivere le mie opere. Crescit eundo significa cresce con l’andare, è legato al movimento, al viaggio, alla scoperta.
Mi piacque molto questa sintesi della mia poetica; appuntai tutto e ringraziai Noemi per questo piacevole scambio. A febbraio, dopo circa due mesi da questo incontro, è iniziata la mia residenza ad Ancona. Un giorno, durante un sopralluogo, mentre passeggiavo sotto gli Archi con Alice Cerigioni, una delle curatrici di Butik Collective, notai subito che tutti i negozi hanno una doppia entrata che li rende dei veri e propri attraversamenti. I negozianti si ritrovano a lavorare al centro di queste traiettorie con duplice apertura, inoltre le persone li utilizzano come corridoi per passare da una parte all’altra del quartiere senza per forza acquistare qualcosa, dunque un’abitudine. Ai locali commerciali aperti si alternano però quelli chiusi, non attivi, che in qualche modo bloccano questa transitorietà.Da questa spiacevole constatazioneè nata l’idea di ripulirne e riaprirne temporaneamente uno come buon augurio per la rinascita commerciale del quartiere. La scelta di agire in una zona multiculturale come il ‘Quartiere degli Archi’, un tempo costituito dalle case dei pescatori, ha dato vitaa un movimento verso più direzioni in questo luogo per eccellenza di ‘scambio’.
Gli archi sono la cerniera dello sviluppo urbano di Ancona, rappresentano un ambiente di passaggio e si affacciano sul mare, Qui le persone vivono, lavorano ma soprattutto transitano. Solo dopo aver osservato questi tragitti mi è ritornato in mente crescit eundo: mi sembrava perfetto come titolo per questo progetto.
Qual è il tuo rapporto con la città di Ancona in cui spesso hai lavorato e come è nata la collaborazione per il festival?
Ancona è stato uno dei porti in cui sono approdata nel 2018 per la mostra Tandem al Museo Omero e alla Mole Vanvitelliana. Alice in quell’occasione recensì la mostra, così ci siamo conosciute. Dopo uno studio visita Roma mi propose di pensare ad un progetto che si sviluppasse nel quartiere degli Archi, a lei molto caro e, in quanto architetto, oggetto di molti suoi studi e ricerche.
Il progetto si è concretizzato attraverso una residenza che si è svolta da febbraio a maggio e che è stata una preziosa occasione di confronto con gli abitanti del quartiere. Alice è stata anche il gancio per la partecipazione al Festival Art+b=love (?) organizzato da Sineglossa, proponendo la presentazione di Crescit eundo,a cura da Butik Collective, all’interno della manifestazione.
Era fondamentale che la mostra mantenesse una forte connessione con il quartiere, per questo motivo è stata allestita in uno dei negozi sfitti. Tale decisione è stata fin da subito accolta da Federico Bomba e Cesare Biasini Selvaggi, direttori del festival, che ne hanno compreso e appoggiato la specificità.
Il progetto Crescit eundo in che modo ti ha toccata nel profondo e ha portato ad emersione quell’essenza che ricercavi quando hai iniziato la residenza?
Questo progetto mi ha davvero toccata nel profondo. Da sempre cerco di raccontare il divenire di un vissuto temporaneo, il passaggio nei luoghi che provvisoriamente mi trovo ad attraversare. Crescit eundo è stato come un viaggio organizzato: parti da solo, sai che conoscerai altre persone ma non sai ancora chi.
Citando parte del testo critico: ‘Lo spostamento e il movimento sono da sempre elementi cari alla poetica di Sonia Andresano che in questo progetto perdono, però, parte del carico personale, oserei dire emotivo, per riflettere su una transitorietà comune, propria della condizione umana e tanto più caratteristica di un quartiere in continuo mutamento, dinamico e variegato.
Non c’è una narrazione diretta delle storie dei suoi abitanti, non c’è un’azione giornalistica e documentaristica ma c’è certamente una danza collettiva, immortalata nella sua spontaneità’.
Dopo aver attraversato luoghi ormai in disuso, immaginati come destinati all’oblio, cosa resta, ora, in te e cosa resta in quei luoghi di questa operazione che è nuova memoria?
In questa nuova partenza che è costruzione di una nuova memoria collettiva rimane la bellezza dell’incontro. L’incontro è un viaggio e come ogni viaggio il risultato è il tragitto, la trasformazione che incide sugli individui coinvolti.
Un artista che stimo molto mi ha detto che sono dentro il mio lavoro, credo avesse ragione. Non riesco ad immaginarmi esterna al processo, ci sono sempre parti di me che raccontano aspetti personali anche nei posti che sembrano non appartenermi. Durante questa residenza gli archi sono diventati per me corridoi domestici.
La tua ricerca, che percorre gli invisibili fili mnemonici, si confronta spesso con i luoghi che attraversi, altrettanto spesso essi appartengono alla tua vita esperita o sono contatto diretto con la natura. In questo caso hai attraversato luoghi già vissuti da altre generazioni con scopi precipui. Hai sentito intorno a te il peso di questa passata esistenza?
Non ho sentito il peso di questa passata esistenza ma ne ho percepito la spinta. L’azione che si è svolta in questo negozio disattivo, ex pizzeria, racconta le molte vite di questo luogo ma anche un ennesimo passaggio: il mio.
Il bancone era ancora lì con la sua scritta PIZZERIA in nero sul vetro. Gli specchi e le vetrine riflettevano i miei numerosi movimenti e gesti nel tentativo di far rientrare la luce all’interno del negozio e contemporaneamente riflettevano le camminate delle persone all’esterno. Un moto corale e imprevisto in un luogo fino a quel momento abbandonato ha generato luce, colore e calore.
Crescit eundo, da Lucrezio, a Virgilio, a Sonia Andresano; una parabola mirabolante, un volo pindarico fondato sul concetto di “espansione”, sul luogo che si fa metafora e nuova ombra di sé. Una lieve malinconia, vivida vibrazione percepita dalla collettività, diventa percorso e tragitto, tangibile, percepibile, calpestabile; il non luogo torna ad essere altro da sé, con una identità rinnovata, filiazione di una rinascita e di quel che Sonia Andresano descrive come una volontà di “movimentare un luogo di realtà vissuta, attualmente in disuso, incoraggia la contaminazione e la molteplicità conferendogli un carattere transitorio e condiviso”. L’artista, in maniera complessa ma poetica, si lascia affascinare e conquistare da ciò che è stato, attraverso il medium di quel che oso definire “nostalgia del futuro”.
Azzurra Immediato