Pioniera della pittura austriaca al femminile, in equilibrio fra l’Impressionismo e l’Espressionismo, Olga Wisinger-Florian è celebrata dalla prima grande retrospettiva a lei dedicata. “Olga Wisinger-Florian. Flower Power of Modernism”, è visitabile al Leopold Museum di Vienna fino al 21 ottobre 2019.
L’edizione del 1908 della Kunstschau, presieduta nientemeno che da Gustav Klimt, sui 179 artisti invitati, un terzo erano donne. Un numero considerevole, cui si era giunti dopo anni di lunghe e faticose lotte da parte delle pittrici austriache, per vedere riconosciuta la loro arte a livello accademico e per avere accesso ai circuiti espositivi ufficiali. Fra le pioniere della pittura austriaca al femminile, la viennese Olga Wisinger-Florian (1844-1926), che dopo una promettente carriera da pianista – che fu costretta a interrompere nel 1873 a seguito di una brutta ferita alla mano destra -, tornò al suo “primo amore” adolescenziale, ovvero quella pittura che all’epoca, però, per le donne era considerata soltanto come un passatempo domestico, e non un percorso professionale.
Lottando contro i voleri della famiglia e i pregiudizi sociali, prese lezioni da August Schaeffer e Emil Jakob Schindler (padre di Anna Mahler), che erano all’epoca fra i più affermati pittori di paesaggio austriaci. Le lezioni private erano l’unico mezzo per un’istruzione artistica di livello, poiché l’Accademia di Belle Arti non ammetteva, all’epoca, le donne. I suoi primi passi seguirono il sentiero del naturalismo classico, all’epoca assai in voga. Wisinger comprese ben presto che rimanere su quelle posizioni non le avrebbe permesso di sviluppare una carriera indipendente e riconoscibile, tuttavia le furono assai utili i viaggi di studio fra i pianori montani e i laghi della regione del Salzkammergut, dove sperimentò la pittura en plein air.
Già sul finire degli anni Ottanta, pur rimanendo nella pittura di genere, aveva trovata una sua cifra: i fiori. Nei paesaggi o nelle nature morte, fanno sentire la loro presenza sulla tela in tutta la loro vitalità fatta di colori, che si vedono, e di profumi, che si riescono a immagine proprio in virtù di uno stile pittorico che, in contrasto con l’atteggiamento dei pittori Biedermeier come Schindler, attenuava l’attenzione per il dettaglio privilegiando una visione d’insieme più dinamica, vagamente impressionista, quasi una “fotografia animata”.
Dimostrandosi sensibile all’evoluzione del gusto nei generi pittorici, Wisinger guardò con attenzione alla pittura di ritratto e di figura, e per questa ragione si rivolse al pittore serbo Uroš Predić, negli anni Ottanta assistente all’Accademia, perché le impartisse alcune lezioni in tal senso. Ma ancora, il senso innovativo della pittrice si fece sentire, poiché lasciò da parte l’approccio storicista di Predić per dedicarsi alla società contemporanea, come in Francia stavano facendo gli Impressionisti.
Una pittura aggraziata la sua, che, in particolar modo nei paesaggi, è un tripudio di colori, un’immersione nella luce e nei profumi della natura, seguita nelle sue stagioni: di ognuna, l’ampia e vigorosa pennellata di Wisinger ci restituisce l’atmosfera, dalle montagne austriache alle spiagge francesi. La sua natura non è mai selvaggia, sempre si percepisce la discreta, rispettosa presenza dell’individuo.
La retrospettiva del Leopold Museum permette di scoprire i vari aspetti di un percorso artistico moderno e poetico, che ha nella celebrazione della natura il mezzo ideale per affermare una visione ottimistica e densa di speranza per il futuro, dove ai progressi tecnici si affianchino anche quelli civili, a cominciare dall’emancipazione femminile. E in un’Europa dove la presenza femminile nella società cercava di ampliare il proprio raggio d’azione (ad esempio con il movimento delle Suffragette in Inghilterra), Wisinger portò il suo contributo nel campo dell’arte, fondando nel 1901, assieme alla collega Marie Egner, il primo gruppo artistico di sole donne, le Acht Künstlerinnen aperto a pittrici, scultrici, grafiche, disegnatrici: un’eterogeneità che portò all’attenzione del pubblico il potenziale artistico delle donne, che guardava sia alla tradizione sia all’avanguardia. Wisinger stessa, nell’ultima fase della sua carriera, realizzò dipinti che guardavano all’Espressionismo figurativo di Van Gogh, nei quali si avverte il pulsare della natura.
Data l’alta posizione della sua famiglia – il padre era stato consigliere della Cancelleria Imperiale -, Wisinger poté vantare relazioni con la famiglia Asburgo così come con il resto dell’alta nobiltà austriaca, ma ciò non la chiuse nel dorato mondo dell’élite, perché mantenne intatta la voglia di conoscere il mondo e le sue novità: visitò più volte le esposizioni mondiali, fra cui quelle di Parigi e quella di Chicago, ma soprattutto fu per vari anni un delegato attivo del Congresso Internazionale per la Pace, che teneva numerose assemblee in Europa. Una voce che purtroppo rimase inascoltata, in quella fine d’Ottocento in cui la corsa all’industrializzazione e al riarmo erano le priorità nell’agenda dei governi.
Nonostante il suo talento, e la sua forte personalità, dopo la sua scomparsa nel 1926, Olga Wisinger-Florian è stata quasi del tutto dimenticata dal grande pubblico e dalla critica, che poco si è occupata di studiare e diffondere la sua opera. La mostra voluta dal Leopold Museum le restituisce il posto che merita all’interno della scena artistica europea.
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