Variations. I Décors lumineux di Eugène Frey presentati da João Maria Gusmão è la nuova mostra presentata dal Nouveau Musée National de Monaco. La curatrice Célia Bernasconi ha allestito un fitto dialogo tra il proto cinema di Frey e l’indagine di Gusmão sulle dinamiche del suo linguaggio. Dal 7 febbraio al 20 maggio 2020.
Non è tutta luce quella che brilla tra il cielo terso e il mare blu del Principato di Monaco. Dentro il Nouveau Musée National de Monaco si agitano ombre misteriose e affascinanti, che occupano gli spazi del museo per tutti i tre piani di Villa Palama, uno dei due edifici che costituisce il museo. Ma sopratutto affondano nei magazzini del museo, dove decine e decine di lastre di vetro – e altrettanti disegni preparatori – realizzate da Eugène Frey (1864-1940).
Sono i Décors lumineux, un complesso sistema di proiezioni luminose che combina tecniche fotografiche, pittoriche e cinematografiche, che consentivano di realizzare scenografie in molteplici varianti di colori, luci e forme sino ad incorporare immagini in movimento. L’esposizione recupera 100 di questi magici vetri e li affianca, oltre che a 300 opere su carta utilizzate come modelli e bozze, anche a moderne e contemporanee interpretazioni del medesimo fascino illusionistico. Il filo rosso sono dunque le illusionistiche variazioni di colori, luci e forme che se un tempo hanno dato vita, per esempio, ai teatri delle ombre, in tempi moderni si declinano in più o meno complesse opere d’arte. Le due dimensioni si integrano, spesso anche confondendosi, nell’allestimento armonico della curatrice della mostra Célia Bernasconi.
Proseguendo lungo il sentiero tematico dell’ombra, potremmo intendere questa esposizione come luce che illumina il cinema e genera due ombre opposte. La prima è quella che assume i contorni dell’origine del meccanismo cinematografico – i pièces d’ombres di Caran d’Ache; il teatro meccanico dell’artigiano orologiaio Emmanuel Cottier; il teatro delle ombre dell’artista Hans-Peter Feldmann e le performance di Lourdes Castro; i film di silhouette creati da Lotte Reiniger o Michel Ocelot; le esperienze fantasmagoriche di Georges Méliès, Alexandre Alexeïeff e Claire Parker e Jean Hugo. La seconda è quella che proietta il linguaggio cinematografico in una dimensione contemporanea dove, grazie ad una struttura narrativa ridotta all’osso, l’elemento tecnico emerge in maniera preponderante, legandosi in modo immediato a quel proto cinema ben esemplificato dalle opere di Eugène Frey.
In mostra il principale interprete di questo linguaggio basilare è indubbiamente João Maria Gusmão (Lisbona, 1979), che invitato dal NMNM si è adoperato per creare delle installazioni che dialogassero, approfondendoli, i Décors lumineux di Frey. João Maria Gusmão (con il supporto di Paiva) ha elaborato così un’installazione scenografica composta da proiezioni multiple di diapositive modificate, sincronizzate nei diversi spazi di Villa Paloma in modo da rievocare le differenti tecniche di animazione utilizzate da Frey sotto forma di un «micro-cinema a luce continua».
Su questi due binari le ombre aleggiano ininterrotte. Le vediamo danzare sul muro con le sembianze di oggetti stranamente affiancati (statuette, modellini, giocattoli, lattine) e messi a ruotare su giostrine artigianali; nascono misteriosamente dall’oscurità, grazie al necessario ausilio della luce, disegnando placide scene d’interni o immobili paesaggi immensi; si fanno protagoniste di narrazioni cristallizzate – impossibilitate nel procedere per mancanza di spazio, fisicità, volontà – ma allo stesso tempo infinitivamente evocative proprio perché prive di dettaglio, incline a prendere le sembianze di ciò che è – a un primo sguardo o a una profonda riflessione – vorremmo che queste fossero.