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Arte africana, oceanica e delle Americhe: nuovi sguardi sulla collezione di Peggy Guggenheim, a Venezia

Allestimento_Maschera a spalla D'mba, Baga, Guinea e Busto di uomo in maglia a righe, Picasso, 1939 Crediti fotografici: © Collezione Peggy Guggenheim. Photo Matteo De Fina Allestimento_Maschera a spalla D'mba, Baga, Guinea e Busto di uomo in maglia a righe, Picasso, 1939 Crediti fotografici: © Collezione Peggy Guggenheim. Photo Matteo De Fina
Allestimento_Maschera a spalla D'mba, Baga, Guinea e Busto di uomo in maglia a righe, Picasso, 1939 Crediti fotografici: © Collezione Peggy Guggenheim. Photo Matteo De Fina
Allestimento_Maschera a spalla D’mba, Baga, Guinea e Busto di uomo in maglia a righe, Picasso, 1939
Crediti fotografici: © Collezione Peggy Guggenheim. Photo Matteo De Fina

In mostra a Venezia, fino al 14 giugno, il nucleo di 35 opere “esotiche” della collezione di Peggy Guggenheim. Dopo i recenti studi, mirati a ricostruirne il contesto culturale e le funzioni originarie, i manufatti, raramente visibili al pubblico, sono per la prima volta esposti tutti assieme in una mostra a loro dedicata. Dialogano con questo nucleo meno noto della collezione della mecenate newyorkese le opere d’arte del XX secolo, in un allestimento che ripropone alcuni degli accostamenti che Peggy Guggenheim era solita fare nella sua casa museo.

Che i manufatti provenienti dall’Africa, dall’Oceania e dalle Americhe avessero avuto grande influenza sull’arte europea e statunitense del XX secolo non è un mistero. Con la nascita dei musei etnografici e il proliferare di mostre dove venivano esibiti i reperti raccolti durante le spedizioni colonialiste e imperialiste,  nell’Europa dell’Ottocento e del Novecento non mancarono al pubblico le opportunità di venire a contatto con le produzioni artistiche provenienti dai territori colonizzati. A testimoniare il grande fascino che queste esercitarono nella cultura occidentale furono soprattutto le arti visive. I canoni estetici di cui questi manufatti erano rappresentavano infatti una novità assoluta rispetto alle manifestazioni artistiche tradizionali, e la loro riscoperta coincise con la necessità dei movimenti delle Avanguardie storiche di rinnegare l’arte che li aveva preceduti, assieme ai valori di cui era portatrice.

Alcuni artisti ne divennero collezionisti, scoprendo un nuovo vocabolario dal quale poter attingere, arricchendo il proprio linguaggio con nuovi stilemi, passati attraverso le maglie del modernismo. Testimoni di questa fascinazione, per citare alcuni esempi, sono le opere cubiste di Picasso e Braque, i lavori di Matisse, di Paul Klee e dei movimenti espressionisti tedeschi Die Brücke e Der Blaue Reiter, e ancora di Modigliani, Brancusi, Giacometti, Max Ernst. L’interesse di Peggy Guggenheim per questo genere di manufatti nacque con ogni probabilità durante il matrimonio con quest’ultimo, che li collezionava sin dai primi anni ‘40. La mecenate invece acquistò le sue prime opere d’arte non occidentale soltanto nel 1959, dal mercante newyorkese Julius Carlebach; qualche anno più tardi poi comprò altri pezzi dai mercanti italiani Franco Monti e Paolo Barozzi.

Allestimento_ Copricapo Ago Egungun, Atelier di Oniyide Adugbologe, Nigeria, e L'habitué, di Louis Marcoussis, 1920 Crediti fotografici: © Collezione Peggy Guggenheim. Photo Matteo De Fina
Allestimento_ Copricapo Ago Egungun, Atelier di Oniyide Adugbologe, Nigeria, e L’habitué, di Louis Marcoussis, 1920 Crediti fotografici: © Collezione Peggy Guggenheim. Photo Matteo De Fina

A cura di un comitato scientifico guidato da Christa Clarke, studiosa delle Arti dell’Africa, R. Tripp Evans, Ellen Mc Breen, Fanny Wonu Veys e Vivien Green, la mostra Migrating Objects è risultato di un lungo periodo di ricerche mirate a ricontestualizzare questo nucleo di opere della collezione Guggenheim dal punto di vista temporale, geografico e culturale. L’esposizione si articola secondo due approcci contrastanti: il primo è basato su una prospettiva storico-scientifica, che vede questi oggetti delle culture “oltreconfine” raggruppati in base alla loro provenienza culturale e ne individua le destinazioni d’uso originarie. Nella ricontestualizzazione estrema che li ha visti coinvolti a seguito della loro migrazione in Europa e negli Stati Uniti, infatti, questi elementi – spesso usati in cerimonie religiose o riti di passaggio – erano vittime di uno svuotamento di significato, e venivano apprezzati solo per le loro caratteristiche estetiche. In secondo luogo, l’esposizione rimette in scena alcuni tra i più classici accostamenti che Peggy Guggenheim era solita creare tra questi manufatti provenienti da varie culture e i pezzi  d’arte moderna della sua collezione, consapevole di come i primi avessero influenzato in maniera decisiva i movimenti modernisti.

Peggy Guggenheim nella sala da pranzo di Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, fine anni ‘60. Photo Archivio Cameraphoto Epoche
Peggy Guggenheim nella sala da pranzo di Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, fine anni ‘60. Photo Archivio Cameraphoto Epoche

Gli allestimenti in continuo cambiamento nella sua dimora veneziana di Palazzo Venier dei Leoni seguivano – secondo l’usanza culturale dell’epoca – criteri astorici, basati su elementi di somiglianza formale, cromatica o tematica. Ecco allora che, per via di un’accidentale rassomiglianza di colori, L’habitué di Louis Marcoussis (1920), veniva accostato al copricapo Ago Egungun proveniente dalla Nigeria della metà del XX secolo, e la maschera D’mba di un artista Baga della Guinea era spesso esposta a opere di Picasso, come Lo studio (1928). Allo stesso modo, cinquecento anni di distanza non impedirono a Peggy Guggenheim di cogliere l’affinità cromatica e la somiglianza tra le piume variopinte intessute nel poncho Chimù del Perù settentrionale e le pennellate leggere di Trasparenze degli elementi di Tancredi Parmeggiani, del 1957.

Maschera a spalla D’mba, probabilmente prima metà del XX secolo Artista non riconosciuto Baga, Guinea Legno e bullette di ottone, 142 x 40 x 75 cm Photo © manusardi.it Photo © manusardi.it
Maschera a spalla D’mba, probabilmente prima metà del XX secolo Artista non riconosciuto Baga, Guinea Legno e bullette di ottone, 142 x 40 x 75 cm Photo © manusardi.it Photo © manusardi.it

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