Giuseppe Urbino, Segretario della Confsal-Unsa Beni Culturali, critica il finanziamento ad Ales, società in house di servizi che fa capo al Mibac, ma “di natura privatistica”
“Milioni di euro da parte del Mibact, per attività che il Mibact avrebbe potuto espletare da solo e attraverso i suoi uffici. E che in tutti questi anni ha solo utilizzato per le proprie attività personale completamente esterno al Mibact. Bypassando in maniera assoluta le regole delle assunzioni pubbliche tramite concorso”. Il soggetto? È Ales Spa, società in house di servizi che fa capo al Ministero dei Beni Culturali. E chi ne parla in questi termini è il sindacalista Giuseppe Urbino, Segretario Nazionale della Confsal-Unsa Beni Culturali, intervistato dal quotidiano Libero. E poi ripreso anche dal popolare sito Dagospia.
Qual è lo spunto di questo duro affondo? Lo spiega direttamente Urbino, nell’incipit, rivolto a Franceschini: “apprendiamo del suo ultimo decreto, che porta la firma del 21 aprile 2020, e così formalmente individuato Finalizzazione del contributo di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 132, che lei ha destinato ad Ales 5 milioni destinati a ‘misure per il servizio pubblico essenziale di tutela, valorizzazione e fruizione degli istituti e luoghi della cultura’”.
Il sindacalista non si capacita – nota Libero – di come “’5 milioni di euro nell’anno 2019, 330.000 euro nell’anno 2020 e 245.000 euro nell’anno 2021’ possano essere destinati con procedure velocissime ‘ad una società che ha tutte le caratteristiche di una società per azioni, quindi di natura privatistica’”. Urbino si chiede – scrive il quotidiano – “se i dirigenti di questa Ales abbiano davvero i requisiti per le attività per cui -di fatto- surrogano i vincitori interni di concorsi”.
Cosa comporta questo meccanismo? “Tuttora quasi la metà dei dipendenti dei Beni Culturali è Ales. Che, a sua volta, assumeva lavoratori internali saltando i concorsi pubblici, peraltro bloccati”, asserisce il sindacalista. Prima della sua dura stilettata finale: “Ales è oramai una cassaforte a cui il ministero può attingere senza particolari controlli. Metta che lei ha un parente da fare assumere come custode di museo. Passare dal Mibac è impossibile: all’ultimo concorso pubblico erano in 209mila per 1.052 posti. Con Ales, di fatto, le assunzioni le decide Ales”.
Accuse gravi, alle quali si spera il Ministero dei Beni Culturali darà risposte – o magari smentite – adeguate: che noi saremo prontissimi a farvi conoscere…