Curatore dell’Archivio Storico Barilla, della Biblioteca Gastronomica di Academia Barilla e della Collezione d’Arte Moderna della famiglia Barilla. Giancarlo Gonizzi nasce a Parma nel 1960, dopo gli studi in Biblioteconomia presso l’Università di Parma si dedica alla libera professione nel campo della valorizzazione dei Beni Culturali, della storia locale e della storia d’impresa con particolare attenzione all’industria alimentare e alla cultura gastronomica.
È consulente di aziende, fondazioni ed enti pubblici, oltre ad aver curato numerose mostre, allestimenti, siti web, eventi e pubblicazioni locali e nazionali. Il fil rouge dell’attività lavorativa di Gonizzi è la valorizzazione della storia dell’imprenditoria e del lavoro. Ha curato e tuttora cura l’ordinamento di diversi archivi di impresa, fra cui l’Archivio Storico Barilla che ha contribuito a fondare nel 1987 e che da allora valorizza con il proprio lavoro. Gonizzi è, inoltre, curatore della Biblioteca Gastronomica di Academia Barilla e della Collezione d’Arte Moderna della famiglia Barilla.
Giancarlo, come nasce la sua passione per l’arte? Come si è avvicinato alla professione di curatore?
Mia mamma faceva la sarta e da bambino uno dei giochi che più mi appassionava era quello di rovesciare sul tavolo la scatola dei bottoni (quelli accumulatisi con gli “avanzi” dei vari lavori, per intenderci) e organizzare questi piccoli “soldatini” per colore, tipologia e dimensioni. Mio nonno faceva il salumiere, mi raccontava la storia della città e dei prodotti che preparava con grande maestria e mi portava a visitare i monumenti e i musei cittadini. Terminato il liceo ho scelto di specializzarmi in biblioteconomia, ma il progetto dell’Archivio Storico mi ha portato a collaborare con una grande azienda alimentare come Barilla e le mie “radici” mi hanno permesso di ampliare l’attività alla gestione dell’Archivio e della Biblioteca e, quindi, della Collezione d’Arte, rispondendo alle esigenze che maturavano in azienda. Lavorando come libero professionista le stesse competenze mi hanno permesso di lavorare a progetti d’ambito culturale per altre aziende o istituzioni garantendo competenze, per così dire, “trasversali” che pochi in quel momento avevano. Ho avuto così la fortuna di allestire mostre e musei, di coordinare attività di comitati nazionali, di curare pubblicazioni, di dirigere musei, attento a privilegiare sempre l’immagine dell’istituzione o dell’azienda. Io stesso resto stupito, quando aggiorno il mio sito e curriculum, della incredibile fortuna che mi ha permesso di occuparmi di straordinari progetti. La cosa bella è che lo faccio di rado (aggiornare il sito), perché i nuovi progetti non mi lasciano molto tempo.
Da oltre trent’anni si prende cura dell’Archivio Storico, della Biblioteca Gastronomica e della Collezione d’Arte Barilla. Cosa significa essere curatore di queste tre diverse e importanti realtà? Quali sono le sue principali mansioni?
La realtà e sempre graduale. Il progetto Archivio Storico partì nel 1987 e nel contesto delle attività seguii anche la pubblicazione del volume sulla storia della pubblicità Barilla e la relativa mostra. Dal 1994 iniziai a curare la Collezione d’Arte e, con la nascita di Academia Barilla, mi venne chiesto nel 2003 di creare, organizzare e gestire la Biblioteca Gastronomica. A loro volta questi tre differenti ambiti hanno aperto ulteriori attività: mostre, conferenze, pubblicazioni. In pratica, anche se in settori diversi, ho finito col seguire le iniziative di ambito culturale varate dall’Azienda. È bene però chiarire subito che – ne sono fermamente convinto e lo dico da anni – un’Impresa fa veramente cultura nel momento in cuifa bene il suo lavoro. Anche la “cultura del fare” porta la C maiuscola. Nella realtà del Gruppo Barilla, oltre alla attività produttiva, che vanta oltre 140 anni di vita, si sono venute affiancando nel tempo settori che attraverso la cultura comunicano con pubblici particolari. L’Archivio Storico è struttura fondamentale per l’Azienda stessa, per la formazione interna e il mantenimento della propria identità, ma utile anche nei confronti dell’Università, dei giornalisti e dei ricercatori. La Biblioteca Gastronomica, che in una città come Parma offre un sostegno importante al mondo accademico e alle ricerche universitarie, svolge in via primaria una attività di supporto alla comunicazione e alla definizione dei contenuti dei corsi di Academia Barilla. La Collezione Barilla di Arte Moderna è, invece, conservata ed esposta all’interno degli uffici e ambienti di lavoro. L’attività rivolta all’esterno è, per questo, estremamente contenuta nei limiti della fattibilità tecnica e buona parte del lavoro è dedicato alla manutenzione del patrimonio e alla gestione dei prestiti.
Dal 1987 l’Archivio Storico Barilla – nato per volontà dell’allora Presidente Pietro Barilla – custodisce le testimonianze della vita, dei progetti, delle scelte, delle strategie, dei prodotti, degli uomini che hanno operato nell’azienda italiana oggi leader mondiale nel segmento pasta e prima in Europa per i prodotti da forno. Oltre 50.000 unità conservate presso la sede di Pedrignano, alle porte di Parma. Come si mantiene vivo un archivio storico?
Come un giardino: innaffiandolo e curandolo ogni giorno. Che parrebbe risposta banale, ma che in realtà contiene riflessioni importanti. La prima è che ogni oggi è destinato a diventare ieri e che l’attività contemporanea diventerà un frammento dell’Archivio. Da un lato è necessario garantire l’alimentazione costante dell’Archivio d’Impresa con il resoconto dell’attività quotidiana. Dall’altro è necessario leggere in filigrana le linee di tendenza per selezionare e decidere ciò che vale da ciò che non servirà. Nel contempo è indispensabile “leggere i tempi” e rilanciare frammenti di passato perché possano arricchire il presente: per la formazione dei collaboratori, per i nuovi progetti in corso di studio, per le iniziative rivolte al pubblico. E, ancora, gestire e arricchire il sistema informatico di gestione dell’Archivio, integrando e aggiornando le serie, studiando, schedando. E valutare, fra tutte le richieste e proposte che quotidianamente pervengono, quelle fattibili. La vitalità dell’Archivio è anche figlia della vitalità dell’Azienda e di quanto l’Azienda considera utile per il lavoro quotidiano il proprio Archivio. La sfida è proprio far percepire che il futuro è figlio anche del proprio passato e che questo può rappresentare un patrimonio utile e prezioso per affrontare il presente.
Quali sono gli aspetti fondamentali per la buona gestione di un Archivio Storico d’impresa? Quale sistema di ordinamento e informatico avete adottato? E quali i metodi di promozione e di valorizzazione della documentazione storica relativa alla vita più che centenaria della Società?
Nel mondo dell’impresa, gli Archivi Storici – che si chiamino archivi o musei non cambia la sostanza – documentano il processo che porta dal progetto all’oggetto. Per questo, a differenza degli Archivi di Stato o della Pubblica Amministrazione, a fianco della “carta”, esistono numerosissime altre categorie di materiali: supporti audio e video in molteplici standard e materiali (nastri, dischi, pellicole, cassette, CD, DVD, file digitali e così via), disegni tecnici (lucidi ed eliocopie), manifesti di grande formato, libri e oggetti (dagli utensili alle promozioni), foto su supporti e formati diversi (lastre in vetro, negativi in pellicola e in lastra, positivi trasparenti e stampe su carta, formati digitali) che richiedono un sistema di gestione (e di conservazione) molto articolato. Per questo, quando nel 1987 iniziò l’attività dell’Archivio Storico, l’Azienda si dotò, da subito, di un sistema informatico proprietario, costruito su misura, per gestire in maniera corretta la molteplicità di materiali e documenti. Il sistema, aggiornato e costantemente mantenuto, è ancora estremamente efficace ed è stato affiancato, dallo scorso anno, da un’interfaccia web semplificata che – mutati profondamente il contesto e le modalità di approccio – permette ai Collaboratori dell’Azienda ma anche al pubblico di interrogare direttamente la base dati per individuare i materiali ricercati. Il sito web dell’Archivio consente anche letture trasversali e approfondimenti, grazie a rubriche e studi pubblicati, cronologie e repertori, gallerie iconografiche e video.
A conferma dell’importanza storica e sociale dell’Archivio Barilla, il 30 novembre 1999 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, tramite la Sovrintendente agli Archivi per l’Emilia Romagna, dichiara l’Archivio Storico Barilla “di notevole interesse storico” in quanto “testimone dello sviluppo dell’industria alimentare a Parma e dell’evolversi del costume in Italia.” Cosa ha comportato a livello curatoriale e organizzativo questo provvedimento?
Il vincolo – qualunque vincolo – può trasformarsi in un limite. Nel nostro specifico caso ha invece rappresentato un valore aggiunto, grazie al confronto con i funzionari della Sovrintendenza Archivistica che hanno aiutato a indirizzare l’attività di selezione dei materiali e hanno certificato il valore per la Comunità del patrimonio conservato. Ricordo con grande piacere Ingrid Germani – un’archivista molto concreta e preparata – che ci seguì per i primi anni per conto della Sovrintendenza e i funzionari che l’hanno poi sostituita nel tempo. Credo – almeno per l’ambito archivistico – che si tratti di ragionare con un approccio diverso e nuovo. Le “carte” sono sempre di “qualcuno” e ne raccontano storia e vicende. Ma in virtù dei rapporti e delle relazioni che ciascuno ha col resto del mondo – e Barilla è una realtà estremamente articolata e diffusa – questi documenti finiscono con l’avere importanza non solo per chi le ha prodotte, ma anche per la comunità intera. Questo modifica anche in parte i criteri di selezione della documentazione da conservare, aprendo scenari più ampi e assegnando all’archivista – che lavora sul passato – forti responsabilità per il futuro: per evidenti ragioni di spazio e di costi si “salverà” (dalla selezione) solo quello che è ritenuto di valore. Ecco allora che il nostro futuro viene fortemente condizionato solo dal passato che viene conservato. In questo senso il vincolo posto dalla Sovrintendenza Archivistica è portatore di grande responsabilità.
La Biblioteca Gastronomica di Academia Barilla – di cui è curatore dal 2003 – custodisce una collezione di oltre 14 mila volumi, dal XVI secolo ad oggi, tra cui importanti pietre miliari della letteratura gastronomica. Tra queste, l’opera La Cucina Futuristadi Filippo Tommaso Marinetti e Fillìa, pubblicato nel 1932 a Milano, il cui obiettivo era quello di rivoluzionare i valori della tradizione, creando qualcosa di nuovo e sconvolgente, prospettando anche l’abolizione della pastasciutta, “assurda religione gastronomica italiana”, considerata nemica della velocità e della modernità. Considerato l’interesse storico di questi volumi, spesso fragili e delicati, come vengono conservati, tutelati e protetti?
Quando Barilla volle creare Academia Barilla per promuovere e valorizzare la cultura gastronomica italiana nel mondo, fu subito evidente che era necessario dotare la nuova istituzione di un suo patrimonio culturale capace di dare contenuto e credibilità alla sua azione. Per questo mi venne chiesto di costituire la Biblioteca Gastronomica – partendo dal primo nucleo di 4.000 volumi raccolti dal Delegato dell’Accademia della Cucina di Parma, Giorgio Orlandini. L’Azienda fece proprie alcune scelte importanti: la biblioteca doveva essere accessibile al pubblico e il suo patrimonio condiviso nel più ampio modo possibile. Da qui l’adesione al Sistema Bibliotecario Nazionale attraverso l’inserimento della Biblioteca nel Polo Bibliotecario Parmense. Questo portò anche alla definizione di una classificazione di tipo decimale, ma specifica per il mondo gastronomico. Non essendo stato reperito nulla di già esistente, con l’aiuto di vari esperti delle varie discipline gastronomiche costruimmo una classificazione decimale con oltre 900 voci, che è divenuta l’ossatura e la struttura della biblioteca, a scaffale aperto e con i testi organizzati per macroaree, così da facilitare i ricercatori che trovano, fianco a fianco, i testi fra loro correlati. Così i testi storici e più preziosi si sono trovati raggruppati in sezioni specifiche. Parallelamente è iniziata l’attività di digitalizzazione dei testi storici della gastronomia italiana – compresa la Cucina Futurista – pubblicati sul sito di Academia (oggi in corso di rifacimento) riducendo la consultazione cartacea dei testi più antichi e delicati. Continua ancor oggi la ricerca sul mercato librario dei testi storici a integrazione delle collezioni per consolidare il ruolo di Biblioteca di riferimento di settore. Parallelamente la Biblioteca ha un suo programma annuale di restauri e manutenzioni per preservare le opere più fragili. Non va dimenticato che – proprio per sottolineare la propria specificità – la Biblioteca ha affiancato ai testi a stampa anche una pregevole raccolta di oltre 150 incisioni a tema gastronomico dal XVI al XX secolo (tutte restaurate e condizionate in maniera appropriata in passepartout a ph neutro di formato standardizzato) e una cospicua raccolta di oltre 5.000 menù (dal 1848 ad oggi) che permettono di esplorare i vari ambiti della gastronomia. I menù ci raccontano quali ricette venivano proposte; i libri come erano realizzatele ricette; le stampe ci mostrano l’aspettoche avevano sulla tavola costituendo, nel loro insieme, un unicum a livello documentale.
Oltre seicento opere di Bacon, Boccioni, Burri, Cascella, de Chirico, Ernst, Fontana, Guttuso, Manzù, Marini, Messina, Moore, Morandi, Morlotti, Picasso, Pomodoro, Savinio, Soldati – collezionate per passione da Pietro Barilla – sono esposte oggi negli uffici, nei corridoi, nelle sale riunioni, nell’ampio prato d’ingresso e persino all’interno degli stabilimenti dell’azienda. Come si prende cura di una Collezione d’Arte moderna e contemporanea così importante? Quale il suo “pezzo del cuore”?
L’arte ha sicuramente la capacità di “parlare”, nel tempo e nello spazio e di lasciare i suoi stimoli anche a distanza. Per questo siamo convinti che la presenza di importanti e significative opere d’arte in Azienda abbia contribuito, in modi misteriosi e non sempre facilmente definibili, a fare della Barilla l’azienda che oggi è. Pietro Barilla ha ripetutamente ribadito il ruolo fondamentale della cultura anche nella propria quotidiana attività imprenditoriale. Per questo le opere da lui collezionate nel corso di una vita vissuta alla costante ricerca dell’eccellenza, sono e rimangono visibili negli spazi comuni – corridoi e sale riunioni – anche se questo comporta un lavoro continuo di monitoraggio e di verifica. La cui ineludibilità è evidenziata anche dalle scelte, a volte sperimentali, dei materiali adottati da alcuni artisti per le proprie opere. Per questo ogni anno e in maniera sistematica viene attuato uno screening di verifica dello stato di conservazione delle opere che porta a una azione costante di manutenzione e pulizia, affidata a esperti selezionati con l’aiuto della Sovrintendenza, tesa a prevenire l’esigenza di interventi più importanti. Questo, sia per le opere pittoriche sia per le grandi sculture all’aperto che necessitano di una pulizia periodica e costante. Parallelamente la Collezione si è dotata di un deposito tecnologicamente avanzato per conservare le opere che debbono essere spostate in virtù delle continue trasformazioni della configurazione degli spazi di lavoro. Abbiamo anche attivato un sistema di georeferenziazione delle opere che ci permette una gestione puntuale e tracciata di ogni spostamento. Nel lavoro quotidiano ogni opera è capace di raccontarmi, ogni volta, qualcosa di nuovo. E per questo mi diventa davvero difficile fare preferenze. Ma ve ne è una – forse perché è la più piccola? – che mi emoziona sempre molto profondamente. Sono grato a chi mi ha affidato la cura di questa Collezione perché assieme alla responsabilità vivo gioie nuove e gioie antiche ogni giorno.
La passione per l’arte di Pietro Barilla si è sempre intrecciata con la vita dell’azienda, era in qualche modo funzionale all’idea di impresa ideale che perseguiva e di cui spesso le opere sancivano i momenti chiave. Geniale e ironica la campagna pubblicitaria “Pasta fatta ad Arte”, creata dalla Young & Rubicam nel 1995 e impegnata nella parodia dei più grandi artisti del Novecento, da Fontana a Mondrian, da Pomodoro a Burri fino a Calder, a ricordare che anche una semplice pasta poteva essere un’opera d’arte. Come è nata l’idea di questa operazione pubblicitaria? Ha riscosso successo?
Le periodiche visite dei dirigenti dell’Agenzia di pubblicità in Azienda – con le relative “passeggiate” nei corridoi incastonati di opere d’arte ha sicuramente contribuito a far nascere l’idea – felice – della campagna “Pasta fatta ad Arte”. Peraltro è nella filosofia aziendale, fin dagli anni fra le due guerre, far percepire che la qualità della comunicazione doveva essere uno specchio della qualità del prodotto. La campagna non nacque per il largo consumo, ma fu veicolata solo su alcuni media specializzati: le testate di cucina e quelle di arte. Una azione mirata e di nicchia. In Archivio conserviamo i layout originali che presentano alcuni soggetti in più rispetto a quelli effettivamente pubblicati. Per rendere la campagna “comprensibile” nella sua ironia divertita dovevano essere utilizzati artisti immediatamente riconoscibili dal pubblico e quindi ampiamente noti e caratterizzati da un proprio specifico stile. Alcuni degli artisti prescelti sono presenti anche all’interno della Collezione Barilla (Burri, Fontana, Pomodoro), ma non vennero utilizzate opere della Collezione come punto di partenza per gli annunci stampa. Pur essendo ormai passati 25 anni, quella campagna non sembra “invecchiare” e mantiene ancor oggi una sua freschezza. Forse anche la pubblicità venne fatta “ad arte”.
Nell’ambito delle iniziative di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020, ha curato la mostra I Quadri di Pietro. Capolavori dalla Collezione Barilla d’Arte Moderna, visitabile fino al 31 dicembre 2021,presso la Pinacoteca Stuard. Com’è nata l’idea del progetto espositivo e quali le opere esposte?
Quando il Comune di Parma propose a Barilla di sostenere l’attività di Parma Capitale della Cultura 2020 fra le varie azioni che l’Azienda poteva mettere in campo, emerse subito l’opportunità di allestire una esposizione con le opere più significative della Collezione. Il Comune gestisce la Pinacoteca Stuard, autentico scrigno d’arte collocato negli ambienti restaurati dell’antichissimo monastero di San Paolo (lo stesso dove la Badessa aveva fatto affrescare le sue stanze dal genio di Correggio) poco noto e poco frequentato. Nacque così l’idea, partendo da una sollecitazione di Luca Virginio, indimenticato Responsabile della Comunicazione e Relazioni Esterne di Gruppo, di allestire non una mostra con tutte le opere ma un percorso da sviluppare nell’arco del tempo, così come la Collezione che Pietro Barilla aveva costituito, nel corso della sua vita. L’ingresso gratuito favoriva certo la possibilità per le persone di tornare, per “entrare” in un quadro alla volta. Dodici quadri, per dodici mesi, con dodici storie esemplari nel percorso dell’arte, sviluppate in successione cronologica e una vetrina speciale allestita nella prima sala della Pinacoteca. Un quaderno avrebbe raccolto le dodici storie, così da permettere la lettura complessiva della mostra. Si succedono le nature morte di Ensor (1903), Savinio (1930) e Soldati (1935), lo studio di Max Ernst, Divinité(1940) per la Vestizione della sposa alla Fondazione Guggenheim di Venezia, paesaggi di Morandi (1941), Soutine (1942), Léger (1953) e Morlotti (1958), le figure di Guttuso (1958), Dubuffet (1959), Fontana (1961) e Picasso (1962). Su tutto però emerge il profilo del collezionista e del suo straordinario gusto per il bello e la sua gioia nel condividere l’arte con chi gli stava vicino. La mostra, interrotta per le vicende sanitarie, verrà riproposta nel corso del 2021 fino al 31 dicembre.
Al giorno d’oggi il mondo dell’arte sta subendo un duro colpo, la pandemia da Covid-19 imperversa e blocca interi paesi, costringendo musei, gallerie, archivi e fondazioni d’artista a fermarsi e le fiere al posticipo o addirittura all’annullamento dei propri appuntamenti. Il momento di trasformazione e di incertezza economica che stiamo vivendo impone un brusco cambiamento alle nostre abitudini e un ripensamento del proprio lavoro. Quali, dunque, i suoi pensieri su prossimo futuro, attualizzati anche al suo ruolo di curatore?
L’arte ci costringe a confrontarci con i messaggi dei vari artisti e a modalità di comunicazione diversi da quelli a cui la nostra mente è abituata. Per questo sono convinto che sia proprio l’arte l’unica medicina in grado di guarirci – intimamente, nell’animo, intendo – da una epidemia che ci preannuncia tempi di grande incertezza. L’arte non ci può dare risposte. Ma può costringere la nostra mente a leggere la realtà con occhi diversi e a dare quindi risposte non ovvie e scontate alle situazioni che incontriamo. Se il “mondo dell’arte” con i suoi operatori, istituzioni e funzioni dovrà ripensare le modalità di fruizione (penso a musei e gallerie, all’attività didattica e di formazione, ma anche alle aste e al mercato) il ruolo dell’opera d’arte è e rimane insostituibile per aiutarci a leggere il presente e a definire la nostra visione del futuro.
Ha una “mostra nel cassetto” che le piacerebbe curare e organizzare con la Collezione d’Arte della famiglia Barilla?
La Collezione Barilla presta – con molta oculatezza, calibrando la qualità delle proposte espositive con la necessaria attenzione alla conservazione – a diverse importanti istituzioni europee le proprie opere. Più che pensare a una mostra in particolare, stiamo riflettendo sulle modalità per rendere accessibile la Collezione anche a chi non lavora in Azienda. Non portando i quadri fuori dall’Azienda, ma portando in Azienda le persone. Senza però interferire sulle funzioni primarie del lavoro quotidiano. Per questo abbiamo sperimentato – prima che le norme sanitarie ne impedissero lo svolgimento – un percorso di visita per piccoli gruppi di persone motivate e molto interessate, che unendo la vita dell’imprenditore-collezionista alla visione delle opere più significative, permettesse di cogliere il valore vero della Collezione: non una somma di opere, ma il risultato della passione di un uomo e un luogo di vita e di lavoro. Le prime esperienze hanno avuto esiti particolarmente felici e mi auguro che, con il ritorno alla normalità, sia possibile, dal 2021 poter estendere questa opportunità anche ad alcune scuole, come gli Istituti d’Arte, che ce lo chiedono.
Per concludere, Tips & Tricks, tre consigli che si sente di dare a un (neo)curatore che si sta approcciando per la prima volta alla professione.
Il primo consiglio ce lo dà Pietro Barilla: “Tutto è fatto per il futuro”. La fretta è cattiva consigliera. Ogni azione va intrapresa pensandoci piantatori di alberi: altri ne coglieranno i frutti. Il secondo consiglio ce lo lascia l’Archivio: l’esperienza di chi ci ha preceduto è un tesoro prezioso, da coltivare e conservare con attenzione e cura perché il passato contiene i semi di ogni futuro. La vera “rivoluzione” non consiste nel “buttare” per far cose “nuove”, ma piuttosto nel riscoprire e valorizzare qualcosa che ci è stato affidato, ma “al momento giusto”. Occorre quindi una grande attenzione per saper leggere e interpretare il proprio tempo. Ed è la passione – terzo elemento – che ci può dare l’unica vera “marcia in più” per trasformare, quello che sembra un lavoro, nella nostra missione, capace di trasformare la nostra stessa esistenza e, grazie a questo, anche quella degli altri.