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La Tate licenzierà 120 dipendenti a causa della prolungata chiusura

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Dopo il MoMA di New York ecco un’altra istituzione di livello planetario che si accinge a licenziare i propri dipendenti a causa delle perdite economiche dovute alla prolungata chiusura imposta dalle restrizioni per il contenimento del contagio del Covid.

Questa si tratta già della seconda tranche di licenziamenti messi in atto dalla Tate per tentare di rimanere a galla economicamente. A settembre infatti metà dei dipendenti della sezione commerciale, cioè gli impiegati dei bookshop e dei servizi di ristorazione dell’istituzioni furono lasciati a casa, all’incirca 300 persone. Già allora ci furono numerose polemiche e promesse, una delle quali fu che nessun dipendente della Tate Gallery, quindi i lavoratori prettamente correlati all’attività museale, sarebbe stato lasciato a casa, invece ecco il dietro front e l’annuncio: 120 dipendenti saranno licenziati, circa il 12% della forza lavoro, l’obiettivo è quello di ridurre i costi di 6,5 milioni di euro circa. Al momento l’istituzione ha lanciato una campagna di licenziamenti volontari rivolta a chi può accedere al pre-pensionamento o chi ha intenzione di prendersi una “pausa”, nel caso questa campagna non raggiungesse il numero di volontari prefissato i dirigenti avvieranno un processo di selezione e di rimozione dagli incarichi obbligatoria. “Ora dobbiamo fare ciò che stanno facendo tanti altri nel nostro settore, ovvero ridurre le dimensioni complessive della forza lavoro della Tate Gallery”, hanno affermato in una dichiarazione la direttrice della Tate Maria Balshaw e il COO Vicky Cheetham. “Speriamo che questo processo volontario ci aiuti a realizzare questi risparmi significativi, ma non possiamo escludere di dover passare alla ridondanza obbligatoria nel 2021 per raggiungere il livello di riduzione necessario”.

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La Tate, che si autofinanzia per il 70%, ha chiuso la prima volta a marzo con la diffusione del coronavirus in Gran Bretagna, riaprendo a luglio con capacità limitata. L’istituzione, che è stata chiusa per un totale di sei mesi, ha anticipato che quest’anno probabilmente supererà a fatica il milione di visitatori, circa un ottavo del numero previsto, e di aver perso all’incirca 75 milioni di dollari di entrate autogenerate. Oltre ai tagli al personale della galleria, la Tate ha dimezzato il budget operativo e ridotto gli stipendi dei dirigenti. Parlando dei tagli con il Daily Telegraph, il direttore della Tate Liverpool Helen Legg è stata schietta. “Non vedremo un rimbalzo nelle nostre cifre nei prossimi 12 mesi, forse anche nei prossimi due anni”. “Si tratta di sopravvivenza.”

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