La City of London ha deciso di spostare dalla sua sede di Guildhall le statue di due controverse figure storiche, protagoniste della tratta degli schiavi transatlantica
“La tratta degli schiavi è una macchia nella nostra storia. E mettere coloro che ne hanno tratto profitto letteralmente su un piedistallo è qualcosa che non ha posto in una città moderna“. Alla “sbornia” di politically correct che sta condizionando il mondo delle arti, specie nel mondo anglosassone, ArtsLife sta dedicando un’ampia inchiesta, partita dai risultati della Power 100 list di ArtReview (qui il primo articolo, qui l’ultimo contributo). Ma pressoché ogni giorno arrivano notizie che alimentano la tematica. Con le parole che leggete sopra, per esempio, la co-presidente della task force Tackling Racism del Comune di Londra, Caroline Addy, mette altra carne al fuoco del revisionismo post-colonialista.
Sulla scorta di queste dichiarazioni, infatti, la City of London ha deciso di spostare dalla sua sede di Guildhall le statue di due controverse figure storiche. Protagoniste della tratta degli schiavi transatlantica. Una è quella dell’ex sindaco di Londra William Beckford, arricchitosi alla fine del XVII secolo con piantagioni in Giamaica che utilizzarono schiavi africani. L’altra quella di Sir John Cass, mercante ed ex membro del Parlamento, attivo fra il XVII e il XVIII secolo anche nel commercio degli schiavi. Il Comune ora istituirà un gruppo di lavoro per sovrintendere alla rimozione delle statue e valutare come potrebbero essere sostituite.
Ora: nessuno mette in dubbio la correttezza e anzi la necessità di una condanna di comportamenti violenti e incivili. Ma si tratta di situazioni lontane molti secoli: ha senso rimuoverne le testimonianze, piuttosto che contestualizzarle, magari proprio con una chiave deploratoria? Quanto queste scelte sono piuttosto omaggi alla voga antirazzista, incomprensibile per questioni ormai lontanissime e oggettivamente irriproducibili?
https://www.cityoflondon.gov.uk/