Questo articolo è frutto dell’operato degli studenti del Laboratorio di scrittura, iscritti al Master Post Laurea “Management della Cultura e dei Beni Artistici” di Rcs Academy”, tenuto nel mese di gennaio 2021 da Luca Zuccala, vicedirettore della nostra testata. La collaborazione tra ArtsLife e Rcs Academy ha dato la possibilità agli studenti partecipanti al Master, dopo le lezioni di introduzione, pianificazione e revisione dei contenuti proposti, di pubblicare il proprio elaborato sulla nostra piattaforma.
Dal 2016 il Comune di Novara, in sinergia con diverse associazioni operanti sul territorio, ha avviato un percorso di rifunzionalizzazione degli spazi dell’ex Caserma Passalacqua. Un progetto di rigenerazione che pone al centro la reale formazione di una rete proattiva di soggetti, quella famosa rete a cui tanti aspirano, di cui molti parlano, ma che, forse, solo in pochi riescono davvero a creare.
La genesi di un sistema di co-progettazione legato al contesto urbano non è l’utopico risultato di una vuota comunicazione tra tutti gli stakeholders in gioco, ma è, prima di tutto, presa di coscienza delle difficoltà che si possono incontrare, per trovare, insieme, una soluzione. Ed è quello che si verifica a Novara.
Ne abbiamo parlato con Mattia Raffa, giovane co-fondatore di nòva, associazione a cui fanno capo le attività organizzate all’interno dell’ex Caserma.
Nòva, un nome che evoca molto. Cosa vuol dire per voi nòva? Come nasce?
Faccio parte di SerMais, associazione no-profit che vuol dire “di più insieme”; è nata nel 2008 ed è partita lanciando più progetti, come Libera Novara, Promemoria Auschwitz e Meridiano d’Europa.
Siamo attivi nello spazio dell’ex Caserma Passalacqua, come molte altre associazioni, con cui ci siamo trovati a lavorare letteralmente gomito a gomito. Abbiamo capito che c’era bisogno di gestione, di avere un punto di raccordo, di un contenitore che avesse la potenza di accogliere tutti noi, che non fosse solo il tavolo fisico attorno cui sederci.
Quando è nato questo contenitore, abbiamo chiesto ai ragazzi della scuola Open Source di Bari (con cui attualmente collaboriamo nel corso WormHole per operatori culturali) di aiutarci a individuare gli elementi costituenti della nostra identità. Con loro abbiamo quindi lavorato al “cosa siamo?”, “cosa sembra a noi questo contenitore?”. E così nasce nòva. Nòva raccoglie Novara, rimanda a novità, a Supernova, che è l’esplosione che c’è alla morte di una stella, ma che rimanda alla rinascita di nuovi mondi. Tutto questo vuole essere nòva nel contesto novarese, un punto di aggregazione per ragazzi, un punto di libertà. Il logo di nòva, o meglio, il nostro non-logo, è esplosione, è possibilità di creare fino a 6000 combinazioni partendo da un numero definito di blocchetti tipografici. E questo è specchio di quello che c’è alla base dei nostri progetti, dell’attività di nòva: più persone possono creare qualcosa di nuovo, partendo dalla stessa base identitaria.
L’immagine del contenitore di associazioni è molto forte. Così come l’idea dell’importanza che affidate al valore del dialogo. Potrebbe sembrare banale, è una di quelle parole che tanto si utilizza, ma non si sa mai fino a che punto consapevolmente, consciamente. Voi, invece, ci credete e ne fate la base della vostra progettazione. È difficile dialogare?
Non ti nascondo che il tema del dialogo è spesso difficile: collaborare con più realtà, più persone, ti porta a venire a contatto con tante idee, molte volte diverse tra di loro. Bisogna trovare una chiave di mediazione. Il rischio del dialogo è non arrivare mai all’ottimale, ad un punto fisso. Inoltre, il dialogo, in questo momento legato all’emergenza sanitaria, è fondamentale per scrivere i bandi a cui partecipiamo: lavorando per la maggior parte del tempo lontani gli uni dagli altri, ognuno scrive un bando per poi condividerlo. Questo è un passaggio vitale per il concetto di co-progettazione.
Qui ritorna l’importanza della nascita di nòva: abbiamo capito che poteva essere il tavolo metaforico attorno cui far sedere tutti. Abbiamo capito che nòva è la chiave di volta.
Il dialogo con le altre associazioni rimanda al concetto di collaborazione, il dialogo con la comunità rimanda al concetto di inclusione, altro pilastro di progetti di rigenerazione urbana. Per nòva, cos’è inclusione sociale?
Bella domanda, vorrei raccontarti cos’è per noi inclusione sociale attraverso un’immagine che viviamo spesso all’interno degli spazi dell’ex Caserma. Se penso ad inclusione sociale, mi vengono in mente momenti legati alla Peer Education, dove attorno ad un tavolo, mentre si sta facendo matematica, ci sono ragazzi che vengono da più scuole, appartenenti a diverse realtà culturali, ognuno con un suo modo di essere, ognuno con dei problemi da risolvere, molte volte al di là di quelli legati alla geometria e all’algebra. Grazie ai membri delle associazioni e agli educatori comunali, questo momento diventa non solo legato alla matematica, ma è occasione per aiutarli nelle loro difficoltà, per includerli e coinvolgerli, portandoli a scoprire altre attività, dando loro modo di conoscere meglio se stessi e altri ragazzi.
Parlando di altre attività, non posso non pensare al Maker space, di cui sei responsabile. Come nasce l’idea di inserire uno spazio del genere dentro l’ex Caserma?
Purtroppo, non è uno spazio ancora definito, a causa del Covid abbiamo dovuto mettere in stand-by parte della progettazione. Siamo in fase embrionale, stiamo lavorando sui bisogni e sui servizi che può dare. Un anno fa abbiamo proposto un corso di stampa 3D, e, per il tema innovativo, ci aspettavamo una presenza massiccia di studenti, liceali e universitari: così non è stato! C’è stata una grande presenza di lavoratori, giovani e soprattutto adulti. Di cosa ha bisogno quindi Novara? C’è bisogno di uno studio maggiore, senza tralasciare il fatto che è un’ulteriore opportunità per mettere in contatto, in dialogo, fasce diverse anche con realtà diverse.
A tal proposito, interessante è la sinergia che si potrebbe creare tra il Maker space e Fadabrav, la Falegnameria Sociale di Novara, uno spazio condiviso tra Comune e SerMais, al servizio della comunità. È uno spazio dove principalmente si producono oggetti in legno, ma l’idea di fondo è di usarlocome pretesto per creare un luogo di confronto, dove parlare dei problemi della vita quotidiana. Ora è in corso un’attività per papà, fatta di serate in cui possono costruire vari oggetti, seguiti dal gruppo che presso il Comune si occupa della fascia infantile. Vorremmo presentare loro anche gli spazi della Caserma, far conoscere loro le diverse opportunità e il Maker space e, perché no, provare a lanciare un corso di serigrafia.