“Divenne chiaro per me che la comprensione del mistero e della bellezza della materia della grande pittura è una cosa infinitamente più occulta e più difficile a capire che non il lato poetico e metafisico di un’opera d’arte”.
(G. de Chirico)
Ancora pochi giorni e avremo il piacere di trovare nelle librerie l’ultimo libro dello storico dell’arte, accademico e critico Lorenzo Canova (1967). Membro del Consiglio scientifico della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, Canova ci ha permesso di inoltrarci in anteprima tra le pagine de Il Grande ritorno. Giorgio de Chirico e la Neometafisica. Un libro brillante che offre nuovi spunti di riflessione sul lavoro e la figura di Giorgio de Chirico, soprattutto per quello che riguarda il periodo Neometafisico dell’artista.
Consigliato agli addetti ai lavori, agli appassionati e soprattutto ai curiosi, tra le sue pagine potremo perderci senza però perdere il grande senso della pittura.
Il 25 Marzo uscirà in libreria il tuo ultimo libro Il grande ritorno. Giorgio de Chirico e la Neometafisica, pubblicato da La nave di Teseo. Cosa avremo il piacere di leggere?
È un libro che nasce da un lungo lavoro di ricerca dedicato alla Neometafisica di Giorgio de Chirico, il periodo finale della sua lunga carriera di pittore che parte, all’incirca, nel 1968 e va fino alla sua morte nel 1978.
A partire dal 1968, de Chirico ha costruito infatti un nuovo sistema pittorico, dove la rielaborazione delle sue creazioni non è una semplice replica del passato, ma un nuovo e luminoso periodo di creazione in cui il pittore ha riletto e interpretato la sua stagione metafisica giovanile contaminandola con l’immenso apparato iconografico delle sue opere degli anni Venti e Trenta per ottenere risultati del tutto innovativi.
Le opere neometafisiche sono infatti frutto di una visione profonda e allo stesso tempo ludica, ironica e lucidissima, in cui il pittore realizza il “grande gioco” con il proprio mondo di immagini e scoperte, raggiungendo però nuovi confini all’insegna della densità filosofica e culturale che ha sempre segnato il suo percorso.
Nel libro si trovano così capitoli visti dedicati ai nuovi interni metafisici, agli archeologi e ai nuovi manichini umanizzati, ai gladiatori, ai trofei, ai soli gialli e neri, ai ritorni del cavaliere al castello avito, di Orfeo Trovatore stanco, di Ulisse che rema nella sua stanza e del Figliol Prodigo, di Oreste consolato da Elettra e Pilade, fino alle nuove visioni di Venezia e New York e dei Bagni Misteriosi.
Il libro è dedicato ad uno dei più autorevoli storici dell’arte del novecento italiano: Maurizio Calvesi.
Accademico, critico, storico dell’arte nonché tuo grande Maestro, Calvesi è scomparso da poco ma vorremmo ricordarlo attraverso un tuo ricordo.
Maurizio Calvesi è stato il mio maestro e sono orgoglioso di essere stato suo assistente in importanti progetti editoriali ed espositivi.
È riconosciuto come uno dei più grandi storici dell’arte italiani e internazionali ma è anche stato il grande maestro degli studi su de Chirico a cui ha dato dei contributi fondamentali che ancora oggi mostrano la sua straordinaria capacità di interpretazione.
È stato un uomo acutissimo e profondo che insegnava sempre qualcosa con la sua grandissima intelligenza e la sua pungente ironia.
Ho sempre ammirato la capacità di Calvesi di essere uno studioso che poteva passare da Caravaggio a Boccioni, da Piero della Francesca a Burri, da Dürer alla Metafisica con la stessa, grandissima, qualità.
È stato anche un critico d’arte appassionato e acutissimo e mai conformista nel suo impegno militante: per me rappresenta ancora un esempio basilare e spero che lo possa essere anche per le generazioni più giovani.
Nel tuo libro ci permetti di percorrere in maniera inversa quello che è il lungo cammino attraverso la complessa carriera di de Chirico dall’origine della pittura metafisica…
La Neometafisica di Giorgio de Chirico è segnata da un viaggio a ritroso che vede l’artista ricomporre il suo passato assemblandolo in modo nuovo, liberandolo dalle ombre nere della melanconia e della premonizione di un futuro angosciante della prima Metafisica che, del resto, si collocava di fronte al baratro tragico di due guerre e di tragedie prossime a devastare l’Europa e il mondo come era conosciuto nel 1910, in uno stravolgimento che lo stesso assetto inquietante dei suoi capolavori aveva intuito e profetizzato.
Negli ultimi anni di vita, confortato dalla sicurezza dell’immortalità della propria opera e dell’eternità, Giorgio de Chirico ha infatti riaperto le sue prospettive, ribaltandole verso un punto di intersezione atemporale in cui le stanze e i loro oggetti, le squadre lignee e le scatole che contengono altri quadri si aprono in un gioco infinito che ripercorre tutto il tempo esistenziale e artistico di de Chirico, illuminando alcuni misteri e ricomponendone altri.
In un certo senso, tuttavia, la Neometafisica è stato anche il grande ritorno di de Chirico sul palcoscenico dell’arte mondiale, la sua ultima magia capace di stupire un pubblico che, con troppa sufficienza, lo aveva dato per finito e che invece oggi ammira in modo sempre crescente il lungo viaggio della sua ininterrotta grandezza.
A partire da una mostra monografica su questo periodo di de Chirico, curata proprio da Calvesi a San Marino nel 1995, passando per una grande mostra monografica a Parigi nel 2009 e fino alle mostre più recenti, la pittura neometafisica è stata finalmente apprezzata e valutata nella sua importanza e nella sua qualità che ha dato vita ad alcuni importanti capolavori che ho cercato di studiare nel mio libro.
Spesso si pensa a De Chirico solo come ad uno dei grandi artisti del XX secolo senza però riconoscere il suo enorme valore come intellettuale. Il suo lavoro è stato profondamente influenzato anche dalla filosofia, e, soprattutto, dalla figura di Friedrich Nietzsche. Che ruolo ha avuto questo filosofo all’interno delle sue opere?
Com’è noto, de Chirico riteneva che Nietzsche fosse fondamentale per la nascita della pittura metafisica nel 1910 per le suggestioni filosofiche di libri come Così parlò Zarathustra e per le suggestioni poetiche della sua scrittura e delle sue lettere.
Questa influenza è stata studiata in modo approfondito dalla critica e il titolo stesso del mio libro fonde idealmente due temi centrali della filosofia di Friedrich Nietzsche che hanno avuto un’immensa influenza su de Chirico: il grande meriggio, a cui sono legate anche le sue piazze metafisiche, e l’eterno ritorno, fondamentale per la sua idea di tempo circolare.
Le visioni dechirichiane del viaggio metafisico, della partenza e del ritorno, le immagini delle Piazze d’Italia, dei Trovatori, dei cavalieri erranti trovano la loro origine negli scritti di Nietzsche che de Chirico ha reso proprie con la sua personale e visionaria capacità di creazione.
Ma gli interessi intellettuali del pittore sono stati immensi e nel libro, ad esempio, è preso in esame anche il rapporto di de Chirico con altri filosofi come Eraclito e Arthur Schopenhauer e con scrittori come Thomas de Quincey e Gérard de Nerval.
Del resto le ricerche di questo libro si fondano in gran parte sugli scritti di de Chirico che sono moltissimi (su tutti il romanzo Ebdòmero, un riconosciuto capolavoro letterario del Novecento) e che la Fondazione de Chirico sta pubblicando in modo sistematico anche grazie alla collaborazione con le edizioni de La nave di Teseo, che pubblica anche il mio libro.
La figura e il lavoro di De Chirico hanno influenzato alcuni artisti del passato ma anche contemporanei. Da Guston a Warhol fino a Paolini. Come credi sia possibile un legame tra loro, che, “apparentemente”, paiono molto diversi?
Si tratta di grandi artisti molto differenti nella loro poetica e nelle loro scelte espressive, tuttavia sono accomunati dall’interesse per de Chirico, a cui hanno reso omaggio in modo dichiarato, ma con tutte le peculiarità delle loro diverse personalità.
Ho proposto l’influenza di de Chirico sulle generazioni artistiche che vanno dalla Pop Art in poi in una mostra curata con Riccardo Passoni alla GAM di Torino quasi due anni fa, ma una ricerca ancora più capillare su questo tema porterebbe delle importanti sorprese.
Oggi l’interesse per la sua opera è molto importante per un segmento importante delle generazioni più giovani di artiste e artisti che si servono peraltro di linguaggi molto differenti.
Lo studio di questo grande artista non sempre risulta facile. Che consiglio daresti a chi si avvicina per la prima volta alla figura e al lavoro di De Chirico?
Penso sia sempre fondamentale partire dalle immense suggestioni poetiche, culturali e stilistiche dei suoi capolavori.
Tuttavia ritengo anche che sia anche necessario studiare il percorso di de Chirico nella sua completezza e di farlo superando le molte incrostazioni di stereotipi falsanti che impediscono ancora troppo spesso di apprezzarne la grandezza di pittore, ma anche di scrittore.
Questo è quello che fa la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico da anni, a partire dall’impegno pluridecennale del suo presidente Paolo Picozza e del suo consiglio scientifico.
Suggerirei di ammirare l’incessante ricerca dell’artista sulla pittura (anche nella espressione tecnica) e la sua capacità di rinnovarsi fino agli ultimi anni della sua vita.
De Chirico è stato un artista e un intellettuale di straordinario spessore, va studiato in modo aperto, rigoroso e filologico con degli strumenti più raffinati della storia dell’arte a cui vanno aggiunte le contaminazioni con la filosofia, la letteratura, l’archeologia, l’architettura, la storia delle religioni e con molte discipline delle cosiddette “scienze dure”.
Ti ringrazio per averci dato la possibilità di leggere in anteprima il tuo libro. Lo trovo illuminante. Alla fine mi è parso di dovermi chiudere tutte le “stanze” alle spalle e attraversare in solitudine una delle sue piazze deserte riflettendo su ciò che è stato.
De Chirico ci aveva visto lungo…”Ora, per finire, parliamo ancora un po’ di me”. Così sarà. Grazie.
Grazie a voi della vostra attenzione, spero che il libro possa essere interessante e, mi auguro, anche piacevole per le persone che avranno la cortesia di leggerlo.