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Intervista a Livio Moiana

Livio Moiana, nato a Como nel 1969, lavora da venti anni come fotografo, pubblicitario e ritrattista. Negli ultimi dieci anni si è focalizzato sulle immagini in bianco e nero e sullo studio del corpo umano. Dedica tutte le sue opere alla memoria di Tamara Monti, l’allenatrice di delfini, sua compaesana, uccisa nel 2007 a coltellate a Rimini da un suo vicino di casa. E’ inoltre uno dei membri fondatori dell’Associazione Tamara Onlus, a sostegno delle vittime delle violenze.

Fino al 29 settembre il Museo Fondazione Luciana Matalon, in Foro Bonaparte 67, a Milano ospiterà la sua mostra “Shapes of freedom”, curata da Nello Taietti.

Da venti anni a questa parte non fai che scattare foto di nudi, ma sei un po’ voyerista e fissato con il sesso?

Voyerista no. Quanto al sesso, è uno dei piaceri della vita. Mi piace il nudo perché è pulito e non segue le mode. Non faccio vedere, volutamente, i visi delle persone fotografate, per lasciare più spazio all’immaginazione.

Non sarà che scatti tante foto di nudi per sublimare la tua mancanza di sesso?

Non saprei, ho la memoria corta.

Scusa, quando è stata l’ultima volta?

Sinceramente non ricordo. Ultimamente ho comperato dei libri che aiutano a ritrovare la memoria.

Allora deve essere stato molto tempo fa….Meglio i nudi di donna o di uomo?

Decisamente di donna, sono più armoniosi. Ancora meglio quelli di coppia, uomo e donna. Da notare che non sempre uso modelli e modelle professioniste.

Sei anche un fotografo pubblicitario e hai lavorato per grandi aziende da Mediaset a Nestlé. Con questa crisi e il calo della pubblicità non fai un po’ la fame?

Si fatica a vivere, lo ammetto. Soprattutto per colpa dei colleghi che hanno ridotto le tariffe e praticano una concorrenza sleale.

Quanto è il massimo che ricavi da un lavoro pubblicitario?

Qualche migliaia di euro.

E’ per questo che ti sei dato alla fotografia dei matrimoni? Non lo trovi degradante per un artista?

Tutt’altro. I miei non sono scatti di sposi e invitati, ma veri e propri reportage, dove non mi faccio mai notare e  immortalo tutte le espressioni, anche quelle che potrebbero sembrare insignificanti. Riesco addirittura ad anticipare le emozioni. Le mie foto non sono statiche, ma ritratti in movimento.

Basta che piacciano a te. Le tue foto sono mai uscite dai confini della Lombardia?

Si. Una mia foto è stata scelta per rappresentare l’Italia a “Sonigma Foto” di Barcellona. E’ l’immagine di una mano che stringe i glutei.

Scommetto che eri l’unico italiano in gara

Ti sbagli, eravamo in molti. Non so dirti però perché abbiano scelto la mia foto. Comunque, tornando alla domanda di prima, preferisco l’Italia all’estero. Non amo molto partecipare alle mostre internazionali.

A proposito, mi risulta che tu abbia vissuto e lavorato negli Stati Uniti, poi ti sei fatto cacciare?

Me ne sono andato io, di mia spontanea volontà. Non mi trovavo più bene lì. Del resto il lavoro non è tutto nella vita. Mi mancava l’Italia, il calore della nostra gente, i nostri valori, a cominciare da famiglia e amicizia, ai quali gli americani non danno alcun peso. E’ una questione di differenti mentalità.

E’ vero che hai fotografato Mickey Rourke?

Si, è successo a Miami. Cercavo lavoro e sono stato ingaggiato per scattare la foto della cartolina che pubblicizzava l’opening del nuovo bar di Mickey Rourke. Lui è una persona molto educata e gentile.

Ti ha pagato?

Si, ma poco.

L’hai fotografato nudo o vestito?

Vestito e soltanto in viso.

Quindi non sai dirmi se è deludente o addirittura sorprendente rispetto alle scene di “Nove settimane e mezzo”.

No, non sono andato così a fondo. Posso dirti però che all’epoca era molto affascinante. Oggi il bisturi lo ha rovinato.

 

 

 

 

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