Grande attenzione di pubblico e stampa ha accolto il 3 dicembre, nella Pinacoteca Vaticana, la presentazione del volume “I Musei Vaticani 1929 – 2009 nell’80° anniversario della firma dei Patti Lateranensi” da parte di S.E. il Cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, e il prof.Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani.
Il volume rappresenta un imperdibile documento per gli studiosi d’arte e curatori di musei che vogliono approfondire la conoscenza di questo complesso museale tra i più grandi al mondo, “un concentrato di teologia per immagini” come lo ha definito lo stesso Benedetto XVI nel 2006, che oggi accoglie 4,5 milioni di visitatori all’anno, nato cinque secoli fa attorno a un gruppo di opere risalenti a Giulio II, delle innumerevoli attività gestionali e tecnico-scientifiche che vi ruotano attorno. La data simbolica di fondazione è il 1506, anno dell’arrivo del Lacoonte in Belvedere, tra i tesori maggiori. Dopo il 1929 il complesso ha goduto un ampliamento delle collezioni storiche e l’istituzione di nuovi importanti settori come il museo etnografico missionario e l’arte religiosa moderna, ha visto la creazione di laboratori per il restauro e la conservazione delle opere d’arte. Ottanta anni che corrispondono alla dittatura e alla guerra, alla democrazia, la divisione in blocchi, il Concilio Ecumenico che hanno attraversato la Città del Vaticano e toccato anche indirettamente i Musei Vaticani che sono cresciuti nei settori della conservazione, del restauro, della museografia, della didattica dei beni culturali, delle scienze archeologiche e storico-artistiche. Ottanta anni che hanno visto grandi Papi come Pio XII che ha difeso durante la guerra Roma custodendo i tesori artistici provenienti dall’Italia occupata o come Paolo VI, “testimone di una drammatica modernità”, che inaugurò nel 1973 la sezione di Arte Religiosa Moderna con opere di Arte Contemporanea. Il volume non dimentica i meriti di Papa Ratti, in particolare il Museo Missionario Etnologico istituito nel 1925, con circa 80 mila oggetti tra i più importanti della cultura africana, delle due Americhe, dell’Asia e dell’Oceania, ora ospitato nell’Ala Passarelli del Governatorato, ala che ospita dal 1962 il Museo Gregoriano Profano, il Pio Cristiano, la sezione delle Carrozze e delle Autromobili Papali, precedentemente nel Palazzo Lateranense. In quest’ultimo Palazzo rimane il Museo Storico, inaugurato nel 1973, che raccoglie i cimeli della corte pontificia nei secoli passati.
Gli autori del volume sono gli stessi curatori delle collezioni custodite nei Musei, i titolari dei laboratori di restauro. Il primo staff scientifico prende forma durante la direzione di Bartolomeo Nogara (1920 – 1954) con lo storico dell’arte Deoclecio Redig de Campos e l’archeologo Filippo Mogi. Nascono il laboratorio restauro pitture e il laboratorio Arazzi e successivamente il laboratorio restauro Metalli e Terrecotte. Dopo il 1929 prende consistenza il Laboratorio e Archivio Fotografico grazie all’archeologa tedesca Hermine Speier che per la sua origine ebrea riuscì a salvarsi trovando accoglienza in Vaticano. Nel 1932 si inaugurava la Pinacoteca e nel 1933 si apre al pubblico il monumentale ingresso sul viale Vaticano, e si accede ai musei attraverso la grande scala elicoidale di Giuseppe Momo con rilievi in bronzo di Antonio Marini. Nel 1935 vennero completati i moderni depositi come il Magazzino Quadri. Già alla fine degli anni trenta, i Musei Vaticani sono già organizzati come gli Uffizi e il Louvre.
Il volume segue sia una linea tecnico-scientifica con la museografia, i restauri, le mostre, lo studio e la valorizzazione delle collezioni e una linea amministrativa – gestionale. Nel 1982 nascono i “Patrons of the Arts”, che con le loro risorse finanziarie hanno permesso restauri di straordinario rilievo, dagli affreschi dell’appartamento Borgia a quello della Cappella Sistina, dalla Cappella Paolina all’area archeologica di Santa Rosa. Nella linea gestionale una particolare attenzione è rivolta dal volume alle attività dell’Ufficio Mostre, governato da flussi di opere date in prestito, mostre che sono triplicate negli ultimi 15 anni.
Il volume mette in luce tutti i variegati aspetti, la versatilità e la specializzazione del “restauro vaticano”, innanzitutto quello della Cappella Sistina, dei suoi dipinti museali e su tela, e poi degli arazzi, delle ceramiche, dei mosaici, dei materiali su carta, del legno, delle armi, degli oggetti esotici custoditi nel museo etnologico.
Un importante spazio è dedicato a Paolo VI che, consapevole del divorzio doloroso che da quasi due secoli si era consumato fra l’universo cattolico e le arti figurative, aveva teso ponti rispettosi verso gli artisti, creando le premesse per un dialogo che non si è mai interrotto, anzi oggi Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, immagina la presenza di un padiglione vaticano per le prossime Biennali di Venezia. Il Museo d’arte religiosa moderna, cresciuto nel tempo grazie a donazioni ed acquisti, ha ancora limiti evidenti di contenuti e di rappresentatività storiche, alterna capolavori assoluti a opere di più modesta fattura, privilegia la parte italiana rispetto alle scuole straniere, presenta ancora significative lacune.
Edizioni Musei Vaticani, Giunti Editore e Sillabe
a cura di Antonio Paolucci e Cristina Pantanella.