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Il mese che non c’è: dalla nascita del calendario alla scomparsa di ottobre

Ritorno al Futuro - 1985 - Doc Brown e la Torre dell'orologio Ritorno al Futuro - 1985 - Doc Brown e la Torre dell'orologio
Ritorno al Futuro - 1985 - Doc Brown e la Torre dell'orologio
Ritorno al Futuro – 1985 – Doc Brown e la Torre dell’orologio

“Il modo più pratico di esorcizzare il flusso inarrestabile del Tempo, e di cercare di conoscerne la natura e l’essenza, è quello di misurarlo; di ridurne la portata e di oggettivarne la grandezza. Per facilitarsi il compito bisogna frazionarlo, spezzettarlo in porzioni; scandirlo in parti, imponendogli ritmi umani”

– Fernando Rigon, L’orma del Tempo

L’uomo ha sempre cercato di dominare il tempo, è un impulso irrefrenabile che ha portato a svariati modi per computarlo, basti pensare che ancora oggi esistono calendari differenti: quello etiope dura 13 mesi e comincia l’11 settembre! Non è dunque da temporibus illis che l’inizio dell’anno nuovo corrisponde al primo di gennaio, anzi, per molto tempo non è stato così.

Quando prende le mosse il nostro racconto? Verità o leggenda, il primo calendario romano si deve al fondatore della città eterna, Romolo; cominciava a marzo e contava 295 giorni distribuiti in 10 mesi lunari. Col successore Numa Pompilio l’inizio dell’anno rimaneva il medesimo, ma i giorni salivano a 355 vista l’aggiunta dei mesi gennaio e febbraio: januarius era il mese di Giano, dio dell’“inizio”, februarius delle purificazioni, da februare, ossia purificare. I mesi diventarono in tal modo dodici.

Jean-Leon-Gerome-La-Morte-de-Cesar-1867-olio-su-tela-cm-855x1455-Walters-Art-Museum
Jean-Leon-Gerome-La-Morte-de-Cesar-1867-olio-su-tela-cm-855×1455-Walters-Art-Museum

Un significativo cambiamento avvenne molti secoli dopo, precisamente nel 46 a.C., con l’entrata in vigore del calendario giuliano. Malgrado le imperfezioni la riforma di Giulio Cesare, più e più volte rifinita nel corso del tempo, fissò l’inizio dell’anno alle kalendae di gennaio, passò dall’anno lunare all’anno solare stabilendo la durata di ciascuno a 365 giorni e 6 ore. Questa eccedenza non è da sottovalutare, non è segnalata en passant, anzi, ogni quattro anni andava a costituire un giorno intero che doveva essere aggiunto al mese di febbraio: l’anno così ampliato di 366 giorni fu detto bisestile. Da ultimo, il calendario giuliano fissò al 25 marzo l’equinozio di primavera: una data fondamentale per calcolare la Pasqua di Resurrezione, una festività mobile che cadendo sempre di domenica permette di ricostruire i calendari passati.

I problemi non sono finiti qui, c’è un’ulteriore complicazione: l’eccedenza del calendario giuliano non era appena di 6 ore, troppo comodo, ma anche di 11 minuti e 9 secondi che ogni 128 anni formavano un giorno intero. Questo residuo nel corso del tempo aveva fatto arretrare l’equinozio di primavera al 21 marzo, tanto che il Concilio di Nicea del 325 lo ancorò a questa data.

Lavinia Fontana - Ritratto di papa Gregorio XIII, 1570-80, olio su tela, cm 120,6×100,3, collezione privata
Lavinia Fontana – Ritratto di papa Gregorio XIII, 1570-80, olio su tela, cm 120,6×100,3, collezione privata

Altri tentativi correttivi vennero attuati. A partire dal XIV secolo gli stessi pontefici si fecero promotori di studi incaricando molti matematici e scrivendo a imperatori, università e vescovi perché non sottovalutassero la questione, ma la prendessero a cuore. Sarà papa Gregorio XIII, con la bolla Inter gravissimas il 24 febbraio 1581, a dare il via alla riforma del calendario giuliano sostituendolo così col calendario gregoriano, il nostro.

Anche in questo caso uno dei problemi capitali da affrontare riguardava proprio l’equinozio di primavera: difatti, man mano che gli anni passavano, era retrocesso all’11 marzo, così, per ricondurlo al 21, vennero rimossi dieci giorni al mese di ottobre del 1582, dal 5 al 14 inclusi. Se avessimo vissuto nel 1582 saremmo andati a letto la sera del 4 ottobre e svegliati il 15: Santa Teresa d’Avila, anche se spirata la notte fra il 4 e il 5 ottobre, risulta morta tra il 4 e il 15.

Nel 1582 adottarono il calendario gregoriano solo Italia, Lorena, Francia, Portogallo e Spagna. Non tutti i paesi accolsero immediatamente il cambiamento: alcuni aspettarono, nel 1752 Inghilterra e Irlanda, nel 1923 Russia e Grecia; altri ancora oggi prediligono una distinta scansione temporale: il calendario giuliano dopo più di duemila anni sopravvive, la chiesa greco-ortodossa lo usa come calendario liturgico.

Qual è la beffa? Anche il calendario gregoriano non è privo di errore, le eccedenze non sono da sottovalutare: 24 secondi, sembrano pochi, ma tra duemila anni tale differenza formerà un giorno. Chissà quale soluzione troveranno i posteri, noi non saremo qui per vederla, a meno che… qualcuno ha detto ibernazione?

Jonn Tenniel, Coniglio ritardatario - Lewis Carroll, Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, 1865
Jonn Tenniel, Coniglio ritardatario – Lewis Carroll, Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, 1865

Bibliografia

  • Cappelli, Cronologia, Cronografia e Calendario Perpetuo. Dal principio dell’Era Cristiana ai giorni nostri, Milano, Ulrico Hoepli Editore, 1930.
  • Geraci – A. Marcone, Storia romana. Editio maior, Milano, Mondadori Education S.p.A., 2017.
  • Pratesi, Genesi e forme del documento medievale, Milano, Editoriale Jouvence, 2018.
  • Rigon, L’orma del Tempo, Skira editore, 2013.

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