Museo Novecento di Firenze presenta al pubblico la mostra Leoncillo. L’antico (3 dicembre 2021 – 1 maggio 2022). L’esposizione mette in luce l’interesse del grande scultore umbro (Spoleto, 1915 – Roma, 1968) per l’antico, rileggendo le sue creazioni plastiche alla luce del rapporto con la grande arte del passato.
É la prima volta che un museo italiano indaga i profondi rapporti che Leoncillo ha intrattenuto con l’antico, arcaico e classico. Oltre che con i grandi maestri del rinascimento e del barocco. Come in precedenti occasioni viene consolidato il rapporto di collaborazione con altri musei e istituzioni fiorentine. Una delle più celebri opere di Leoncillo sarà, infatti, esposta al Museo Archeologico Nazionale di Firenze a sottolineare la continuità di un dialogo fecondo tra arte contemporanea e passato, in questo caso con l’espressione artistica degli antichi etruschi. Proprio queste creazioni impressionarono Leoncillo per la loro profonda comprensione dei sentimenti umani sospesi tra amore e morte, vita e aldilà.
Le opere esposte, una trentina fra sculture, pannelli e carte, mettono in evidenza infatti la continuità di sguardo dell’artista. Dagli esseri ibridi e mostruosi del 1939 sino all’ultimo e celebrato decennio in cui trionfa l’esperienza della materia, attraverso la stagione neocubista (1946-1955), Leoncillo non rinuncia mai ad articolare un confronto intimo ed impegnativo con il grande passato della scultura. Non soltanto per restituire dignità al proprio materiale d’elezione, la ceramica, ridotta in genere a semplice strumento da artigiani, ma collocandosi implicitamente sullo stesso piano dei maestri e delle civiltà artistiche che l’hanno preceduto. Lo fa confrontandosi con lo stesso soggetto privilegiato, l’uomo, e con lo stesso dramma: la sofferenza e la morte.
La mostra, a cura di Martina Corgnati e Enrico Mascelloni con la direzione artistica di Sergio Risaliti, organizzata da MUS.E, riunisce tra le altre le tre terrecotte policrome invetriate ricordate come i Mostri. Si tratta di creature ibride ispirate al mondo classico realizzate negli ultimi anni Trenta: la Sirena, l’Ermafrodito e l’Arpia. Le tre opere, già esposte nel 1940 alla Triennale di Milano, dove Leoncillo era stato invitato da Giò Ponti, e pochi anni dopo, nel 1943, nell’ambito di una collettiva di giovani artisti italiani organizzata presso la romana Galleria dello Zodiaco, testimoniano “l’originalità della invenzione” e “la vitalità della deformazione espressionistica e barocca” che iniziano a emergere in Leoncillo, come ebbe a dire il pittore Virgilio Guzzi. Seguono poi due esemplari delle note Cariatidi degli anni della guerra, il primo probabilmente del 1942 e un altro del 1945, insieme a opere meno conosciute, come il Tavolo e Figura che corre.
Durante la stagione postcubista l’interesse per l’antico resta vivo, sebbene costretto a convivere con la precisa e a volte geometrica organizzazione spaziale influenzata dal Picasso di Guernica. Questi anni sono rappresentati in mostra dal Ritratto di Mary e soprattutto dalla drammatica Partigiana dalle mani legate, un pezzo che si considerava disperso e che riappare adesso nel catalogo di Leoncillo. Invece il pannello del 1957, esposto qui per la prima volta in una rassegna museale e bozzetto per una grande opera monumentale realizzata a Faenza, anticipa la struttura “paratattica”. Cioè sviluppata in orizzontale guardando ai sarcofagi romani tardo-antichi tipica dei pannelli ultimi, come Racconto di notte II.
A proposito della realizzazione di un ciclo assai importante, le “sculture orizzontali”, di notevole impegno e di dimensioni monumentali, l’artista scriveva nel suo Piccolo Diario Artistico “per la forma generale pensare al frammento di Medusa dormiente del Museo delle Terme”. Del ciclo delle sculture orizzontali è presente in mostra l’esemplare forse più noto, Vento rosso del 1958, caratterizzato dal modellato violento e nervoso della sua ultima produzione. Alla “orizzontale assoluta” si alternano numerose “verticali”, esemplificate in mostra da un Sebastiano bianco e da un Taglio rosso, preceduti nell’allungamento verticale da un’opera del 1957, Colonna.
Infine, al Museo Archeologico Nazionale di Firenze è esposta una delle opere più importanti dell’ultima fase della ricerca e della vita di Leoncillo, la straordinaria Amanti antichi (1965), che rimanda dichiaratamente, nella forma e nell’organizzazione spaziale della materia, all’etrusco Sarcofago degli Sposi, conservato nel Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma, luogo frequentato abitualmente dallo scultore spoletino insieme alle chiese e ai musei romani. Il motivo etrusco, ripensato in senso non solo plastico e formale ma anche espressivo, si definisce intorno al rapporto fra un doppio elemento verticale (i busti sollevati degli sposi) e un unico corpo orizzontale allungato (le gambe delle figure e il triclinio, cioè in verità il sarcofago).