Questo articolo è frutto dell’operato degli studenti del Laboratorio di scrittura, iscritti al Master Post Laurea “Management della Cultura e dei Beni Artistici” di Rcs Academy”, tenuto tra dicembre 2021 e gennaio 2022 da Luca Zuccala, vicedirettore della nostra testata. La collaborazione tra ArtsLife e Rcs Academy ha dato la possibilità agli studenti partecipanti al Master, dopo le lezioni di introduzione, pianificazione e revisione dei contenuti proposti, di pubblicare il proprio elaborato sulla nostra piattaforma.
Riportiamo di seguito l’incontro tra l’autrice, Francesca Sala, e lo scultore Francesco Trabucchi nello studio a Bormio (Valtellina), il FTRAB Sculpture Studio.
Bormio. Entrando nel laboratorio di Trabucchi si percepisce come la tradizione domini lo spazio. Il legno è elemento sovrano e accoglie luminoso il visitatore nella stanza dove espone parte delle sue opere. Il marmo sotto le mani di Trabucchi si scioglie come cera, ma ciò che più colpisce è il senso che sta dietro ciascuna delle opere che crea. La sua è una ricerca su come le immagini influiscano sulle persone, perché chi è creatore di immagini ha un grande potere, in quanto il linguaggio visivo è universale. Come una missione da compiere, questo artista non si realizza creando solo qualcosa di esteticamente apprezzabile, l’opera non può essere fine a sé stessa.
Una bottiglia non è solo una bottiglia, è l’uomo. L’uomo che viene schiacciato, ammaccato ma che rimane in piedi. Ricorrenti nei suoi studi sono le mani, mani forti come il marmo o delicate come la terracotta. Mani strette a pugno o trafitte sui palmi. Mani che possono creare grazie all’intelletto contrapposte alle pinze meccaniche che rubano il genio. Sì, perché uno dei tanti studi che attualmente vediamo nelle sue sculture, è la ricerca di ciò che l’uomo è in grado di fare e che le macchine o le stampanti 3D non riescono a fare. In un mondo dove tutto è meccanico, Trabucchi ricerca l’esclusività dell’uomo.
Compie uno straniamento sui materiali che perdono le loro caratteristiche fisiche e assumono quelle del soggetto. La pietra diventa panno delicato che accarezza il dorso di una mano, il bronzo diventa l’ala di un uccello pronta a spiccare il volo, persino una pigna può diventare una scarpa da calcio. Materia illusoria, che si plasma sotto il suo volere per diventare quello che non è. O per essere quello che è sempre stato.
Dietro a queste ricerche, questi valori e questo impegno c’è un’ombra. La domanda che tutti gli artisti in questo periodo dove tutto è già stato fatto si pongono: “creare per farsi vedere o farsi vedere per creare?”. Il bisogno di Trabucchi è quello di esprimere la realtà. Non è un artista perché crea opere, è artista perché non potrebbe fare altro. Ognuno ha il proprio modo di esprimersi, di fare, di dire, e lui, la sua essenza è racchiusa nelle sculture che crea. Tutti i significati che imprime nel marmo, nel bronzo, nella terracotta sono essenziali per dare vita ai suoi soggetti. Le mani raffigurate sono le sue mani, la bottiglia di marmo è lui, ogni cosa dentro al FTRAB Sculpture Studio è Francesco Trabucchi.