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Ad ArtVerona 2012 in anteprima nazionale Love Therapy Sense Therapy

Un progetto a cura di Raffaella A. Caruso, nato dal fortunato incontro dei due artisti, che con sapienza e ironia reinterpretano una delle Icone più conosciute di Fiorucci: il nano di Love Therapy; un omaggio al grande Maestro di moda e comunicazione, di cui quest’anno si festeggiano i 50 anni di attività e alla Pop Art, riferimento artistico comune, che Ludmilla Radchenco, come del resto Fiorucci, ha saputo in questi anni far rivivere nelle sue opere, con un linguaggio nuovo e aggiornato.

Un progetto dedicato ai cinque sensi: “Nonostante l’enorme possibilità che abbiamo di gustare, toccare, vedere, udire, odorare, manca sempre qualcosa … E’ questo lo gnomo di Elio Fiorucci, il sesto senso, l’apertura al mondo dell’invisibile, il tramite verso nuovi canali percettivi” Raffaella A. Caruso
Pop makers Pop Lovers: Elio Fiorucci e Ludmilla Radchenko, un incontro. Dalla Love Therapy alla Sense Therapy

da un’idea di Elio Fiorucci e Ludmilla Radchenko

Progetto a cura di Raffaella A Caruso per Eidos Immagini Contemporanee ad ArtVerona12 (pad. 6 – stand C8/D/7)

E’ stato tutto un fiorire di mostre sul pop il 2012: e sebbene non manchino gli intenti celebrativi (25 anni dalla morte di Warhol, 50 anni dalla scomparsa di Marilyn, i 50 anni di attività di Elio Fiorucci) questo incontro rende reale e tangibile come il pop sia ancora oggi vivo e attuale, non solo nell’arte ma anche e soprattutto nella trasmigrazione di contenuti da arte – moda – design – pubblicità e viceversa, trovando la propria efficacia tautologicamente proprio grazie al linguaggio utilizzato.

L’incontro è quello tra Ludmilla Radchenko ed Elio Fiorucci. Un guru della moda quale Fiorucci, amico di Warhol e che non a caso vide transitare nel negozio di Galleria Passarella a Milano L.A.2 ed Haring , che ha fatto proprio il concetto di serialità, di accessibilità del prodotto, l’importanza di un suo valore estetico che lo renda oggetto del desiderio a prescindere da un non più necessario costo elevato, dialoga con una giovane promessa dell’arte contemporanea. Il linguaggio comune l’ironia, il terreno di gioco la vita, attraversata con leggerezza e genialità. Grande comunicatore e innovatore, Fiorucci lega il suo nome ad alcune “trovate” di moda ancora oggi nel nostro costume: il colore, quello allegro, vitale, il bubble pink, il fluo, nei suoi oggetti la luce dei neon della grande Mela, zeppe, cappelli da cowboy, monokini e ancora quei jeans sdruciti push up ante litteram, trasversale vessillo di ogni generazione e latitudine. Così Ludmilla Radchenko approdata in Italia per la moda, arriva al mondo della comunicazione per seguire il suo primo amore, la pittura, osservando con essa lo showbiz di cui ha fatto parte e tratteggiandolo con disinvolta ironia, la stessa che Fiorucci regala alle sue creazioni, utilizzando tutti gli stilemi del consumismo e la forza iconica di prodotti e personaggi…
Due outsider dunque, in continuo equilibrio tra arte e moda, due pop lover ma soprattutto due pop maker: due generazioni, due mondi ma la stessa inesauribile energia, la stessa voglia di comunicare e il dono di saperlo fare!

Andiamo con ordine però: uno dei punti nodali del pop è il concetto di Icona, la constatazione del bisogno di ogni società, infantile eppure per certi versi necessario e salutare, di riconoscersi nei propri miti.
Selezionando per questo percorso e presentando ad Elio alcune delle Icone della Radchenko, mi interessava dunque non solo il fatto che fossero proprio i personaggi incontrati da Elio Fiorucci nella New York dello Studio 54 (Grace Jones, Bowie, Madonna …), ma il percorso che porta l’artista a divenire esso stesso icona. In questo sta il senso del recupero da parte della Radchenko delle “icone”, immagini mentali stimolo all’apertura di più canali di comprensione e comunicazione.

Lo fa con entusiasmo e leggerezza Ludmilla… non indugiando in piaceri solipsistici ma con continue finestre che si aprono sul mondo, lirici appunti da social network, con i quali cerca il confronto e la discussione. Così da brava pop maker ha pienamente condiviso l’esigenza camaleontica del kitsch, quella vis trasformista che lo ha portato da fenomeno trash degli anni Ottanta a linguaggio cult del nuovo millennio in perenne evoluzione verso nuove gerarchie e codici. I suoi collage impreziositi da lustrini, borchie, bulloni e paillettes sono una sorta di profani ex-voto del popolare; i suoi lavori, eccedendo per particolarismo oggettuale, rappresentano contemporanee vanitas sul senso delle cose, bombe semiotiche in costante variazione del segno e dalle innumerevoli possibilità combinatorie, bombe semiotiche in costante variazione di segno.
Ogni oggetto, ogni immagine adesso è spunto creativo: e il gioco continua, sino a rendere icona il nano della Love Therapy, attuale progetto creativo di Elio Fiorucci.
Così, non per pedissequo omaggio ma con la giocosa ironia tutta riassunta nel titolo di ogni lavoro – crasi tra il senso rappresentato ed il cognome di Elio – Ludmilla crea cinque tableaux vivants: protagonisti i cinque sensi e lo gnomo della Love Therapy. E’ questo il cuore del Progetto Love Therapy: indicare allo spettatore alternativi mezzi di conoscenza. Ci rapportiamo con la realtà attraverso i cinque sensi: con essi proviamo piacere. Il piacere del cibo, il piacere del contatto fisico e sessuale. Si possono provare sensazioni sublimi alla vista di un dipinto, di uno spettacolo naturale, nell’ascoltare musica, nell’essere immersi nei profumi della natura, ma per quello che è il livello di evoluzione dell’uomo manca sempre qualcosa. A nulla vale procurare ai nostri sensi sempre nuove e più estreme esperienze. Nonostante l’enorme possibilità che abbiamo di gustare, toccare, vedere, udire, odorare, manca sempre qualcosa … E’ questo lo gnomo di Elio Fiorucci, il sesto senso, l’apertura al mondo dell’invisibile, il tramite verso nuovi canali percettivi. L’umana necessità di una sinestesia che attivi nuovi canali sensoriali, quelli dell’anima, della compartecipazione al divino e, per chi non crede in una dimensione più alta, al creato … Basterebbe questo per essere felici …
Il termine gnomo rimanda alla gnosis greca e il credere in folletti e spiritelli ctonii è l’enorme ricchezza di quella parte di pensiero magico mai perso dall’uomo, neanche il più razionale…E’ la possibilità di rapportarsi all’indicibile e all’inconoscibile con il senso e con il cuore, non con la mente. Si chiude dunque con una speranza d’amore questo percorso, con il recupero dei sensi, con un auspicato ritorno ad una natura sui generis, che per taluni sarà il bisogno del trascendente, per altri l’amore per il creato, per altri ancora la fiducia in se stessi, il riprendere dunque contatto con la parte più intima e naturale di sé…Ci incoraggia Elio Fiorucci con una massima di cui ha fatto viatico: “Fine della paura, inizio dell’Amore”.
Raffaella A. Caruso
Olfattucci
Con l’ausilio dell’immagine di due costosissimi prodotti (l’oro nero e l’oro giallo) si vuole stimolare una riflessione sul caro-benzina, quasi come se si riuscisse a percepire la crisi anche attraverso l’odore del petrolio e l’odore del profumo. Il lussuoso e glamour flacone Chanel si sovrappone alla sagoma dello gnomo ed il tappo/cappello diviene il turbante dei mercanti medio-orientali.
Sulla dx della composizione un manifesto provocatoriamente urla “per pulire meglio il tuo cane usa questo!”. Oggi più che mai il lusso viene imposto quasi come fosse necessario per compiere le mansioni più umili e basilari, dimenticando che la Natura fa da sé…

Vistucci
La vie en rose di occhiali dalle lenti colorate, non quella struggente di Edith Piaf, ma quella dell’aggressiva ed intensa versione disco che cantò Grace Jones, la vista come senso dell’attrazione tra i sessi, la sudditanza ad una Tv accesa per colmare solitudini anche quando non c’è nulla da guardare, sono i temi affrontati da Vistucci.E’ la vista che ci aiuta a catturare i dettagli che la mente decodifica, e mentre la televisione ci bombarda di immagini, l’artista auspica un ritorno alla lettura, quella della carta, dei libri e delle lettere lungamente attese, come l’amore..

Tattucci
Il senso del tatto è rappresentato per “assonanza” dal tattoo del marinaio di Gaultier, icona gay.
Le figure maschili presenti nell’opera sono sezionate a metà a simboleggiare il mistero della ricerca della “metà della mela” un mistero…La certezza è che oggi il linguaggio del mondo gay è fortunatamente più compreso: l’outing della grande scritta materica LOVE incita lo spettatore a toccare, senza paura….Intenso e lirico dunque lo gnomo di Tattucci dove è forte lo sfalsamento dei piani, il contrasto compositivo tra la scritta di fondo richiamo ai lavori di Robert Indiana, trattata in maniera ruvida e pittorica, come lui mai fece, e la trasparenza in primo piano di resine che animano il marinaio di Gaultier..

Gustucci
Immediato il richiamo alla Campbell’s Soup, ai supermarket, ai prodotti americani e di conseguenza ai fast-food. Un frigorifero dalle fauci spalancate, metafora dell’ingordigia contemporanea e dei consumi no-limits è minacciosamente pronto ad ingurgitare qualsiasi prodotto. Gustucci ci invita a rallentare velocità e consumi, suggerendo un’alimentazione più sana e naturale, e la frutta sul carro armato (simbolo di un’economia pesante e a rilento) rappresenta la fiduciosa e lenta speranza del ritorno a prodotti sani e propri della nostra cultura.Così il nano-gusto rivestito dalla Campbell’s Soup invita a recuperare il piacere di un’alimentazione naturale, ad opporsi al fast e fat food anglosassone, memoria di Oldenburg e del suo Store nell’East Side e di The American supermarket fondamentale esposizione del ‘64, mentre un frigorifero dalle fauci spalancate assurge a paradigma di un vuoto esistenziale che deve essere riempito. In ogni modo.

Uditucci
Sullo sfondo della vecchia musicassetta- già archeologia industriale- due nani vestiti di verde e di rosso compongono il Tricolore. Sul bianco di sfondo scorrono quali titoli di coda di un film visto e rivisto le parole del nostro inno. Alle loro tempie puntate due pistole, dalla giocosa impugnatura in plastica bubble pink, rimando immediato a quelle manette di peluche usate da Fiorucci in una campagna pubblicitaria che fece all’epoca scalpore. Ai loro piedi un telefono bianco. Stupisce trovare nella Radchenko l’uso di una immagine non facilmente decodificabile dalla maggior parte dei nostri ragazzi. L’Italia di oggi- rimasta in mutande- si confronta con la fotografia che ne fece Camerini nel cinema dei “telefoni bianchi”: un’Italia rinnovata urbanisticamente ed animata da grandi opere pubbliche nello spirito razionalista del Bauhaus, un’Italia che assaporava i primi fermenti industriali, gli agi di un consumismo a venire e lontana dalla cupa atmosfera della marcia su Roma. Un’Italia che si preparava all’Impero e alla sua drammatica fine nella Seconda Guerra Mondiale si confronta con quella delle opere mancate (il Ponte sullo Stretto, la banda larga) e con il mancato orgoglio di una identità nazionale.
Elio Fiorucci nasce a Milano il 10 giugno del 1935, e già a 17 anni inizia a seguire l’attività paterna, una rivendita di pantofole. E’ il 1967 però l’anno della svolta non solo per lui, ma per la moda intera con l’apertura del primo negozio in Galleria Passarella. Tre anni dopo il nome Fiorucci diviene un marchio con una propria produzione industriale, distribuita in Europa, Sudamerica, Giappone. Esplode in tutto il mondo lo “stile Fiorucci”. Del 1974 l’apertura del secondo store a Milano, in Via Torino: tre piani con la formula rivoluzionaria di contenitore unico di abiti vintage e profumi, abbigliamento e complementi d’arredo. Nel 1975 il primo negozio di Londra in Kings Road e l’anno seguente il Fiorucci Store a New York sulla 59ª, subito luogo cult di incontro degli intellettuali newyorkesi. L’anno seguente, nel cuore di Manhattan, inaugura il mitico Studio 54: alla serata partecipa tutto il “jet set” internazionale ed è Fiorucci ad organizzare l’opening del locale. Nel 1979 il successo statunitense è consacrato dall’apertura del negozio di Beverly Hills a Los Angeles, mentre la Walt Disney lo ringrazia per aver regalato con le sue t-shirt agli adulti il mito di Topolino. Nel 1982 con l’avvento della Lycra -Du Pont, Fiorucci ha per primo la geniale intuizione di mischiarla al jeans, come l’anno seguente con il film “Flashdance”è il primo a reinterpretare e a mettere in vendita la moda-palestra. Nel 1984 esplode la graffiti mania ed Elio subito ne invita l’astro Keith Haring nel negozio di Via Passarella per un happening performance di due giorni.
All’apice di un successo planetario nel 1990 Elio Fiorucci cede il marchio alla giapponese Edwin International, azienda leader del jeans Made in Japan. Così il nuovo Millennio lo trova impegnato nel nuovo progetto creativo Love Therapy, piccoli nuovi pezzi di abbigliamento ed accessori che offrono serenità, confort ed allegria. Testimonial il famoso nanetto.
Degli anni duemila due riconoscimenti importanti: il premio “Piazza Mercanti” nel 2004 conferito dalla Camera di Commercio di Milano per la sua abilità di imprenditore e comunicatore e due anni dopo l’Ambrogino d’oro, per essere stato protagonista della moda Italiana, “rivoluzionando lo stile dei giovani, cogliendo e miscelando le nuove tendenze dei ragazzi di tutto il mondo”,.
Nel 2007 nell’ambito della mostra “Anni 70, il decennio lungo del secolo breve”, la Triennale di Milano gli dedica lo spazio “Fiorucci Land”, come simbolo della rivoluzione del costume nei Seventy’s…Creatore di mode, talent scout, imprenditore e comunicatore, promotore di incontri e artefice di connubi… Elio Fiorucci percorre da cinquant’anni il mondo dell’arte e della moda con il coraggio di osare e riuscendo a trasferire nei suoi “oggetti” l’ispirata inutilità dell’arte e convogliandone nell’uso comune la forza espressiva. E non a caso i musei di Arte contemporanea americani ed inglesi collezionano e raccolgono “pezzi” firmati Fiorucci: ancora oggi il prototipo della shopping-bag utilizzata per la vendita al pubblico è esposto presso l’Albert and Victoria Museum di Londra.
Come subito intuì l’amico Andy Warhol Elio Fiorucci è un vero un pop maker intraprendente e geniale ma soprattutto un pop lover.

Ludmilla Radchenko nasce l’11 Novembre 1978 ad Omsk in Siberia dove si diploma in Fashion Design nel 1999. Nello stesso anno approda in Italia, dove lavora come modella, show-girl e attrice fino al 2008. La passione per la pittura rimane però forte e nel 2009 decide di dedicarsi totalmente ad essa. Istintuale e piena di vitalità, la sua pittura nasce dall’osservazione del reale ed attinge agli stilemi del pop arrivando ad una sorta di Pop Realism. Lungi infatti dal riproporre come nella tradizione “classica” l’oggetto in maniera iperbolica ed ossessiva, la Radchenko lo carica di contenuti sociali in aperta denuncia con un suo uso strumentale e strumentalizzante ed ogni tela vive di molteplici letture grazie anche all’uso di più tecniche: dall’emulsione fotografica, alla tradizionale pittura impastata però di resine, al collage di matrice surrealista e dadaista. In ossequio allo spirito pop la Radchenko capisce e carpisce la forza iconica di alcuni personaggi: li ritrae interpretandone l’animus o stravolgendolo in modo provocatorio… Scanzonata e ironica, spesso di un sarcasmo addolcito però dal colore, Ludmilla non si limita alla tela ma da vera pop maker personalizza spazi e arredi con prestigiose collaborazioni nel design e nella moda, customizzando gli oggetti più popolari.
Da dicembre 2010 è nelle librerie Feltrinelli il suo primo catalogo: “POWER POP” edito da Skira, con saggio critico di Fortunato D’Amico. Di novembre 2011 il primo video d’arte “Woman Been”, una sorta di viatico al proprio fare e l’inizio della collaborazione con la galleria Eidos Immagini Contemporanee. Grazie alla presenza in istituzioni museali (Triennale di Milano “MADE IN JAPAN: L’estetica del fare”; L.u.C.C.A – Museo di Arte Contemporanea, Roma, Palazzo Torlonia; Salemi, Museo della Mafia), gallerie, fiere internazionali, l’arte della Radchenko viaggia tra l’Europa e gli States (Milano, Venezia, Monaco, New York), fino ad approdare alla 54° Biennale di Venezia nel Padiglione Italia, Lazio e di Palazzo Nervi, Torino.

www.artverona.it
ArtVerona, la fiera delle gallerie italiane di arte moderna e contemporanea
Veronafiere – pad. 6 e 7- ingresso: Porta San Zeno (Viale del Lavoro)
da giovedì 18 a lunedì 22 ottobre 2012
preview: giovedì 18 ottobre dalle 14 (solo su invito)
orari di manifestazione: 18 ottobre 15.30-20.30, 19/20/21 ottobre 10.30-19.30, 22 ottobre 10.30-15.00
segreteria organizzativa: tel. +39 045 8039204 fax +39 045 8298578 email staff@artverona.it

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