Martedì 8 marzo 2022 ha riaperto il Museo di Palazzo Fortuny. Il gotico palazzo veneziano prende il nome dall’ultimo proprietario, l’artista Mariano Fortuny y Madrazo: pittore, scenografo, stilista e tanto altro ancora.
Durante la terribile notte del 12 novembre 2019 un’eccezionale acqua alta ha gravemente colpito Venezia. Tra i numerosi danni subiti dalla città ci furono anche quelli riscontrati al piano terra di Palazzo Pesaro degli Orfei. I lunghi e complessi lavori per riaprire il Museo sono stati avviati all’inizio del 2020, inoltre sono stati soggetti a lunghe e continue interruzioni a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Ora però, finalmente, ci siamo.
Martedì 8 marzo 2022 il museo è stato finalmente restituita alla città. E ha un nuovo nome: Museo di Palazzo Fortuny. Il gotico palazzo veneziano prende il nome dall’ultimo proprietario, l’artista Mariano Fortuny y Madrazo, ed è sede dell’omonimo museo che fa parte della Fondazione Musei Civici di Venezia. Mariano Fortuny è stato un personaggio eclettico e e innovatore. Nel corso della sua vita (1871-1949) si è cimentato in diverse discipline artistiche: la pittura, la scultura, l’incisione, la fotografia, il teatro, l’illuminotecnica, il design, la moda, la creazione di tessuti per l’arredamento.
Oggi il museo a lui dedicato ne raccoglie ed espone gli oggetti, le creazioni, le opere collezionati. Anche grazie al massiccio rinnovamento – a cui ha contribuito con 500mila euro, sotto forma di Art Bonus, l’insegna PAM Panorama – il Palazzo è tornato ai fati di inizio Novecento. Un’epoca in cui Fortuny – insieme alla musa, moglie e sodale Henriette Nigrin – accoglieva l’élite intellettuale europea.
Il percorso espositivo, di straordinaria suggestione, è stato curato da Pier Luigi Pizzi – regista, scenografo e architetto di fama internazionale – con Gabriella Belli e Chiara Squarcina ed il supporto di Massimo Gasparon per le complesse scelte illuminotecniche.
Il primo piano
Al primo piano del Palazzo torna pienamente visibile il ciclo parietale di 140 metri quadrati con cui Mariano Fortuny, con l’artificio del trompe l’oeil e un’armoniosa stesura di colori, aveva dato vita a un illusorio giardino incantato, con figure allegoriche, satiri e animali esotici.
Lungo l’immenso portego illuminato dalle polifore si susseguono tessuti fiabeschi, lampade da lui progettate e ispirate ai pianeti, quadri, mobili e oggetti. Come la produzione pittorica dell’artista e del padre, anch’egli pittore, con un ciclo di piccoli dipinti di paesaggio allestiti nel grande armadio-vetrina disegnato da Mariano, il tutto frammisto ai ritratti e alle molte opere ispirate da Henriette: il viso, i capelli, le pose.
Stupiscono nel loro scenografico accostamento i preziosi velluti stampati su invenzione di Mariano, con motivi di ispirazioni soprattutto rinascimentale, e i costumi di scena realizzati da Mariano per l’Otello di Giuseppe Verdi. L’opera fu rappresentata a Venezia, nel cortile di Palazzo Ducale il 18 agosto 1933 con le scenografie e i costumi di Mariano Fortuny.
Da una delle salette laterali sbuca lo studio di pittore di Mariano Fortuny. Ricreato come in un set, con il suo cavalletto, le prove di nudo, diversi modelli ed esempi anatomici e i colori da lui stesso brevettati. Poi la passione per Wagner, con i quadri ispirati alle sue opere dal Parsifal a L’Anello del Reno e i bozzetti delle scene e dei costumi progettati per la prima assoluta di Tristano e Isotta alla Scala di Milano. È indubbiamente l’amore per la musica del compositore tedesco e per la sua idea di opera d’arte totale che porta Fortuny a interessarsi alla scenografia, alla pittura teatrale e alla illuminotecnica, fino alla rivoluzionaria invenzione della “Cupola”, con cui porterà luce indiretta e diffusa, cieli colorati e nuvole, nei teatri di tutta Europa.
La sala della moda fa rivivere l’atmosfera autentica della casa-atelier. Sfilano, tra giochi di veli, gli scialli Knossos e il Delphos: l’abito di seta plissé creato in sodalizio con Henriette, che tutte le dive vorranno indossare.
Il secondo piano
Al secondo piano troviamo gli atelier di Mariano, il dietro le quinte delle sue creazioni. Ci sono la stampa e la tipografia, con i torchi, le incisioni, le sue produzioni e le opere collezionate dalla famiglia come le incisioni di Goya, Tiepolo, Piranesi. Quindi il laboratorio tessile di abiti e di stoffe, con anche l’importante collezione di abiti e tessuti antichi della madre, le matrici originali per la stampa e i modelli per il taglio; il teatro, con i palchi lignei realizzati da Mariano per provare i giochi di luci e gli effetti scenici.
Lì accanto il laboratorio di fotografia, con le attrezzature sperimentali che lo porteranno a brevettare una speciale carta fotografica e, infine, gli amati libri. Anche lo studio-biblioteca di Mariano, immortalato in tante foto del tempo, sarà per la prima volta accessibile al pubblico. Affascinante scoperta, con i mobili da lui progettati, i ritagli e le curiosità conservate, gli schedari rivestiti. I suoi ricordi più personali.