Lo scorso 28 febbraio, in occasione dell’ottantesimo compleanno di Oliviero Toscani, Milano – la sua città – gli ha dedicato una mostra a cielo aperto con centinaia delle sue foto sparse lungo tutto il territorio comunale. Dietro all’iniziativa c’era lo zampino di Nicolas Ballario, giornalista e critico d’arte che da quasi vent’anni collabora con Toscani. A seguito dell’esposizione sono stati così tanti i messaggi e le mail pervenuti che la continuazione naturale è stata quello di creare una retrospettiva che durasse più di un giorno come era avvenuto a Milano. Ospitata da Palazzo Albergati a Bologna e organizzata da Arthemisia, la mostra “80 anni da situazionista” è curata proprio da Ballario e sarà aperta al pubblico fino al prossimo 4 settembre. Lo slancio d’affetto è stato tanto forte da vincere anche le resistenze di Toscani, tendenzialmente restio a questo tipo di esposizioni che definisce: “le foto appese al muro col chiodino”.
La mostra ripercorre la carriera del fotografo dagli anni giovanili alla scuola d’arte di Zurigo fino ai giorni nostri, ma non si fossilizza su un prevedibile ordine cronologico o tematico. La scelta delle immagini spazia tra tutte le fasi della carriera dell’artista selezionando alcuni tra i ritratti e le campagne più iconici. Dalle rockstar Lou Reed, Mick Jagger, Patti Smith e Elvis Presley a una serie di foto aventi come modello Andy Warhol per quel che concerne la prima tipologia di scatti. Non solo volti noti però, grazie all’infinito progetto Razza Umana per il quale vengono fotografati su fondale bianco individui comuni da oltre quindici anni. “Chi è il personaggio che l’ha colpita di più nella sua carriera?” hanno chiesto i media a Toscani nel corso della conferenza stampa di presentazione. “Un barbone messicano o colombiano di cui non conosco nemmeno il nome per la luce che aveva negli occhi” la risposta del fotografo “nessuno l’aveva mai degnato di uno sguardo o gli aveva dato importanza e questo emerge chiaramente dalla magia che i suoi occhi trasmettono”. Questo prediligere le persone normali emerge da tutta la carriera di Toscani come ha spiegato nella recente autobiografia Ne ho fatte di tutti i colori: “Spesso si dice che la fotografia rubi l’anima e in effetti se guardi bene le espressioni delle top model alla loro ventisettesima copertina… Una modella si fa guardare, mentre i personaggi di Razza Umana ti guardano”. Le superstar Toscani le ha fotografate quasi sempre a inizio carriera prima che lo shooting diventasse routine, spesso per Elle francese, magazine per il quale vanta il maggior numero di copertine realizzate.
Non solo fotografie ma anche monitor che ripercorrono varie fasi della carriera, spesso raccontate proprio dalla voce di Toscani; c’è posto anche per una selezione di Colors: la celebre rivista ideata dal fotografo, vera e propria avanguardia nel mondo dell’editoria che cambiava periodicamente formato e sede e veniva pubblicata in tutto il mondo in varie lingue.
Trovano ampio spazio nell’esposizione anche alcune delle celebri campagne che hanno cambiato il mondo della comunicazione mettendo il prodotto fuori dalla fotografia: così ad esempio Benetton è diventato un marchio mondiale senza che nelle foto si vedesse mai un capo d’abbigliamento della collezione in vendita. La serie di scatti che aveva come protagonisti i condannati a morte nelle carceri americane è il culmine di questo modus operandi: abiti che non puoi acquistare indossati da persone che vogliamo eliminare. Le campagne si occupavano di moda quando questa segnava un cambio generazionale come avvenuto con l’avvento della minigonna, ma in seguito trattavano altro: dall’Aids alle famiglie omosessuali, dall’immigrazione alla guerra. Proprio con riferimento a quest’ultima, c’è un’unica eccezione nella mostra: una sala tematica, l’ultima, dedicata alle immagini di guerra. Foto che non sono di reportage, bensì costruite per ragionare su questa barbarie che, afferma Toscani, lo fa vergognare di appartenere alla specie umana.