La società di consulenza Deloitte LLP ha calcolato con un sondaggio qual è valore intangibile che gli italiani attribuiscono al Colosseo
Sono passati sessant’anni da quando Totò cercava di vendere la Fontana di Trevi al credulone italoamericano Decio Cavallo. La richiesta fu allora di 10 milioni di lire, controproposta a 100mila lire, affare concluso a 500mila. Paradossi, più o meno come quello che esce fuori ora con oggetto il Colosseo. Un nuovo comico che si mette sulle tracce del principe Antonio de Curtis? No, stavolta la cosa è – almeno tecnicamente – seria. Il che non significa certo che qualcuno – chi, poi? Un premier detronizzato? – voglia mettersi a vendere le bellezze italiche.
Tutto parte da Deloitte LLP, gigante dei servizi di consulenza e revisione, primo nel mondo in termini di ricavi e numero di professionisti. Che ha voluto calcolare l’impatto del patrimonio storico-artistico italiano sul sistema economico nazionale. Prendendo appunto a termine di paragone l’Anfiteatro Flavio. Primo dato? Il Colosseo contribuisce ogni anno per circa 1,4 miliardi di euro al prodotto interno lordo. Sommando il valore diretto dei biglietti venduti a una stima dell’impatto che i suoi visitatori hanno sulle altre attività commerciali. Ma la cifra più sorprendente viene dal “social asset value” del Colosseo, ovvero il valore intangibile che gli italiani attribuiscono alla sua mera esistenza. Che viene stimato in circa 77 miliardi di euro.
“Questo è il valore del monumento percepito dalla maggior parte degli italiani, e non solo da coloro che lo visitano“, recita il rapporto della società di consulenza. Ottenuto sulla base di un sondaggio che chiedeva alle persone quanto fossero disposte a pagare per preservare un bene o un servizio. I cittadini di Roma stanzierebbero in media 90 euro a testa, gli altri italiani 57 euro.