Inevitabile fallimento per ItsArt, la “Netflix della cultura” italiana voluta da Franceschini e ora chiusa dal suo successore
“Il palcoscenico virtuale dedicato alla diffusione digitale dei contenuti artistici e culturali sull’Italia. Un’innovativa occasione di contatto tra produttori e pubblico, tra artisti e spettatori, tra opere d’arte e visitatori, amplificata su scala globale”. Così si presenta ancora oggi ItsArt, la piattaforma presentata dall’allora ministro Dario Franceschini come la “Netflix della cultura” italiana. Propositi ambiziosi ma decisamente velleitari, fin da subito indirizzatisi verso un prevedibile – e previsto – naufragio a tutto campo. Anticipato dalle dimissioni giunte all’inizio del 2022, dopo solo tre mesi dalla nomina, di Guido Casali, amministratore delegato di ItsArt. Dovute “a divergenze sulle strategie per lo sviluppo della piattaforma”.
Un bagno di sangue previsto nientemeno che dal capogruppo dell’allora maggioranza in Commissione Cultura, il deputato Daniele Belotti. Che sosteneva in un’interrogazione parlamentare sosteneva che “a cinque mesi dal lancio della piattaforma, ci sono tutte le premesse per un flop. E lo Stato rischia di aver investito denaro pubblico, ben 20 milioni di euro, nell’ennesimo carrozzone che, come sempre, pagherà pantalone”. Il fallimento della contestatissima operazione è stato certificato dai risultati di esercizio del primo anno, con perdite di circa 7,5 di milioni a fronte di entrate praticamente inesistenti.
Il risultato non poteva che essere quello ora annunciato dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano: ovvero la messa in liquidazione da parte di Cassa Depositi e Prestiti, promotrice su mandato del Ministero della Cultura. E non si è fatta attendere la coda di commenti polemici, specie sul palcoscenico virtuale della rete. Molti diretti – non sappiamo con quanta fondatezza – al ruolo di Chili, partner nel “canale distributivo dell’Arte e della Cultura italiana nel mondo”.