Iniziamo oggi una nuova rubrica che entrerà, nei prossimi mesi, nelle principali collezioni private italiane. Cominciamo incontrando Andrea Fustinoni, che insieme al compagno Fabio D’Amato ha diviso la sua raccolta tra le stanze e i saloni del Grand Hotel Miramare di Santa Margherita Ligure, e la propria abitazione
Andrea Fustinoni è Managing director del Grand Hotel Miramare di Santa Margherita Ligure. Con una collezione che a oggi conta circa 250 opere, ha diviso le sue opere tra l’hotel e la propria abitazione. Il principio? Il design italiano degli anni ’50. La svolta? Una scultura di Spalletti incontrata sulla strada per il mare…
Quando e come è nata per lei la passione per l’arte contemporanea?
Risale al mio periodo londinese, decadi fa, dove il week-end era diviso tra disco il sabato sera e mostre/musei la domenica; il primo approccio fu con la collezione contemporanea della Tate Britain, animato da pura curiosità e senza nessuna preparazione in merito: da lì, il primo germoglio.
Quando e come ha iniziato a collezionare?
Ho iniziato col design degli Anni ’50 (Fornasetti, Ponti, Sarfatti, Borsani) abbinandolo ad artisti dello stesso periodo (Scialoia, Munari, Lepienne). Il debutto nel contemporaneo avviene con un’opera di Scott King comprata alla galleria Sonia Rosso di Torino. Ma il primo lavoro che ha dato una linea a tutta la collezione è stato Vicini di Casa di Ettore Spalletti, del 2005, dalla galleria Vistamare di Pescara, durante una sosta nel viaggio verso la Puglia.
Qual è il leitmotiv o il filo conduttore della sua collezione?
È una collezione basata principalmente sulla fotografia e i suoi “derivati” come i video, ma comprende anche opere concettuali che rimandano comunque all’immagine, come Rosa Barba o Lisa Oppenheim.
Lei ha due collezioni, una personale e una legata all’Hotel Miramare di Santa Margherita Ligure. Quali sono le differenze tra i due percorsi?
Nella prima il disorientamento è l’elemento principale del nostro percorso di ricerca (mio e di Fabio, compagno di vita), dove scoprire che il messaggio è diverso dalla prima lettura dell’opera crea appunto uno straniamento che ci interessa approfondire. Nella seconda il doppio linguaggio verso i fruitori, (clienti dell’hotel): uno estetico, per chi si limita alla semplice visione dell’opera esposta, ed uno più nel dettaglio per chi vuole approfondirne il significato intrinseco.
Se dovesse dare un titolo alle due collezioni, quale sarebbe? (un titolo per ciascuna)
“Una passione quotidiana” la prima, “Beyond the sea”, la seconda.
Che cosa racconta di lei la sua collezione personale?
Una parte importante della mia vita nell’incontro con ogni singola opera e nelle relazioni sviluppatesi di conseguenza ma anche un fermo immagine su quel preciso momento temporale … cosa stavo facendo, dove stavo andando …
E l’altra del suo hotel?
La storia e la crescita del Miramare in questi anni e la relazione sempre più forte tra arte e ospitalità con le conseguenti richieste di lavori site-specific agli artisti.
Come sceglie le opere da acquistare?
Per il loro contributo ai contenuti della collezione, in armonia con le opere preesistenti ma anche aprendo nuovi filoni di ricerca.
Dove le acquista preferibilmente? (aste, gallerie, studi di artisti, critici…)
Fiere, gallerie (col piacere di dedicare tempo nell’approfondire il percorso di un artista) e, quando non rappresentati da quest’ultime, negli studi d’artista.
Si fida del giudizio dei critici?
Sempre interessante conoscere il loro punto di vista sul sistema dell’arte anche per un confronto con le proprie impressioni.
Quali sono le persone di cui si fida di più, dal punto di vista del contenuto artistico, e perché?
Alcuni galleristi, che con grande apertura ti suggeriscono artisti non rappresentati da loro ma utili nel completare un percorso collezionistico. Poi amici curatori e collezionisti coi quali è sempre viva la dialettica. Con un paio di loro abbiamo creato un gruppo whatsapp, “Centro di spettegolezzart”, che al di là del nome ironico, è diventato un momento di confronto quotidiano su artisti, mostre e possibili acquisizioni.
Qual è la fiera più interessante in Italia, secondo lei?
Qui mi gioco i vip pass prossimi a venire ma per il contemporaneo è senza dubbio Artissima; anche se, a onor del vero, Ricciardi con Miart ha iniziato un ottimo lavoro e su ArteFiera ci sono aspettative grazie all’incarico di direttore operativo dato a Enea Righi.
Come può migliorare, a suo parere, il sistema dell’arte in Italia?
Con più sostegno verso i giovani artisti da parte dello Stato, con spazi dedicati a un percorso di valorizzazione e residenze. Tel Aviv, Zurigo, Londra ma anche una città di medie dimensioni come Losanna, sono ricche di esperienze simili, dove pubblico e privato convergono verso un unico progetto teso a promuovere i loro artisti.
Quali sono secondo lei i talenti italiani su cui puntare oggi? Mi fa quale nome?
Irene Fenara per il lavoro sulle video camere di sorveglianza, che interpretano in totale autonomia, senza contributo dell’uomo, il mondo esterno; Federico Cantale dove forme e colori pop sono attraversati da una vena di minimalismo e Alfredo Aceto, che ha saputo trasformare un’esperienza personale in un percorso artistico di grande interesse.
C’è un aneddoto legato a un acquisto o all’incontro con un’opera particolarmente interessante, che le va di raccontarmi brevemente? “
Per l’eternità (Santa Margherita), di Luca Vitone dove l’artista ha compreso un momento difficile nel mio privato, realizzando un lavoro con elementi collegati alla mia famiglia: il quadro di Pompeo Mariani già nella collezione di mio nonno, il riferimento a mio fratello Alberto, il Miramare voluto da mio padre, insomma una storia generazionale all’interno di una singola foto.