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Immacolata Concezione di Vuccirìa Teatro, solo l’innocenza può salvare il mondo

La recensione di Immacolata Concezione, andato in scena il 17 e 18 febbraio al Teatro della Tosse a Genova

Se non si conosce il lavoro della compagnia siciliana Vuccirìa Teatro, è difficile esprimere un giudizio su una loro messa in scena. Per questo è opportuno prima dare ai lettori qualche importante nozione a riguardo. Il gruppo opera nel teatro e nella Performance-Art. Fondata da Joele Anastasi ed Enrico Sortino, che fin dall’inizio collaborano con l’attrice Federica Carruba Toscano, la compagnia fa un preciso lavoro di ricerca nel tentativo di creazione di un linguaggio che sia l’incontro tra una drammaturgia originale e una ricerca attoriale attiva. Vuccirìa vuol dire “baccano” ed è anche il nome del famoso mercato palermitano e non è certo stato scelto a caso dai componenti della compagnia che mettono al centro del loro lavoro tutte le possibilità creative dell’attore, facendo anche rumore per dare vita dall’interno ai mondi che lo appartengono.

Immacolata Concezione, presentata venerdì 17 febbraio alla Sala Trionfo del Teatro della Tosse è naturalmente su questa linea. E’ la storia di un microcosmo siciliano fatto di omertà, violenza e presunzione, ma anche di quella autenticità tipica della carnalità isolana. La vicenda si svolge nella Sicilia del 1940. Concetta (Federica Carruba Toscano), ragazza silenziosa e innocente, viene barattata dal padre caduto in disgrazia con una capra gravida e affidata a Donna Anna, proprietaria del bordello del paese. Ben presto la fama “della nuova arrivata” raggiunge tutto il paese, ma nessuno sa quali piaceri regali agli uomini per farli impazzire così tanto. 

Lo spettacolo inizia in maniera forte. Il pubblico sente e poi vede arrivare dal fondo della platea la ragazza completamente nuda, tenuta legata con una corda e trascinata come una capra sul palco. In centro ad esso vi è una specie di gazebo, o meglio, altarino girevole, in cui si consumeranno gli incontri amorosi tra la ragazza ed i vari clienti. Le tende che coprono quanto accade fanno intendere, ma il sorriso ingenuo della ragazza tutte le volte che si mostra al pubblico lascia qualche dubbio sul suo operato all’interno del misterioso involucro. Cosa accade veramente tra Concetta e gli uomini che la vanno a trovare?…

Concetta ha imparato alla perfezione le regole  dettate da Donna Anna (Joele Anastasi) che di lei vuol fare una perfetta signorina, dedita a soddisfare tutti i desideri degli uomini, e dà varamente sollievo e piacere a tutti che inevitabilmente si invaghiscono, se non innamorano, di lei. Nessuno conosce il segreto della sua ars amandi, ma quello che è certo è che quanto offre Concetta si differenzia da quanto concedono tutte le altre “signorine” del bordello. Nella giostra del desiderio è lei il perno, quell’altarino girevole di volta in volta si fa balcone, nido d’amore, stanza dei segreti. Tutto gira intorno a Concetta. Solo alla fine  scopriremo che non è certo il piacere della carne che crea la coda davanti alla sua porta, ma l’innocenza di uno sguardo che rende gli uomini tutti uguali.

Ma il finale sarà comunque amaro: le signorine non possono avere figli. Nemmeno se è figlio dell’amore come quello nato tra Concetta e Turi (Alessandro Lui), e nemmeno se c’è un parroco (Ivano Picciallo) a benedirne la nascita. Il finale conferma la durezza di una realtà che non può realizzarsi, nè in Sicilia, nè forse in nessun luogo, quella che violenza e tenerezza possano convivere, e lo fa con un’immagine che richiama l’animalità del mondo. Questa volta ad essere nudi con la corda e il campanaccio al collo sono i maschi. Maschi simili a bestie che si cibano affannosamente di mandarini senza neanche togliere la buccia. Concetta riappare dipinta di bianco, è diventata una santa, come dice lei stessa. Forse troppo tardi gli uomini hanno capito il valore di quel sorriso di quell’innocenza, le sole cose capaci di salvare il mondo.

Lo spettacolo, vincitore della V edizione di Teatri del Sacro, ci riporta un po’ ai primi lavori di Emma Dante, la cui lingua della pièce è il dialetto siciliano. Rispetto ai lavori della Dante qui troviamo meno incisività, in certi momenti  ci si aspetterebbe un un ritmo più serrato, ma nel complesso è un ottimo lavoro grazie anche alla bravura di tutti gli attori e di quella grande carnalità innocente di Federica Carruba Toscano.

Immacolata Concezione Vucciria Teatro ph di Dalila Romeo

 

teatrodellatosse.it

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