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Il dovere della verità. ‘L’allegoria sul mondo dei giornali’ celebra in un francobollo il 60° anniversario dell’Ordine dei Giornalisti

“Allegoria sul mondo dei giornali”: l’opera di Luigi Vigevano esposta nella Sala Ocera

È di Luigi Eugenio Vigevano, classe 1941, “giornalista dal 1967 e pittore da sempre”, come ama definirsi, l’immagine che illustra il francobollo chiamato a ricordare i sessant’anni della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti, promossa dall’onorevole Guido Gonella, a sua volta ricordato nel 2005, centenario della nascita, con un dentello da 45 centesimi.

Erano molti anni – confessò Luigi Eugenio Vigevano in un’intervista al figlio avvocato, Diego Massimiliano –che durante le sedute dell’Ordine nazionale nel salone in Lungotevere dei Cenci percepivo la volontà di contribuire da giornalista e pittore ad abbellire le pareti di quella spoglia sala offrendo il mio modesto contributo di artista e omaggiando al tempo stesso la figura del giornalista attraverso un excursus sullo sviluppo della stampa, ma l’imminente trasferimento della sede in via Parigi, mi fece accantonare l’idea”.

Ripresa, quasi casualmente, il 7 dicembre 2008 quando “passando per Romagnano Sesia per recarmi nella mia casa in Valsesia una voce mi spinse a telefonare all’allora  presidente dell’Ordine, Lorenzo Del Boca, per raccontargli la mia idea. Non solo lo trovai, ma ci incontrammo proprio quel giorno al Bar Cavour di Romagnano Sesia – tappa per me obbligata per un caffè tutte le volte che mi recavo alla casa delle vacanze. Il Presidente, infatti risiede da sempre in quella storica cittadina e, nonostante la conoscenza risalga negli anni, non lo avevo mai incontrato in quel luogo.

Illustrai a lui la mia idea che con il passare del tempo prendeva sempre più le sembianze di un’opera pittorica significativa nei contenuti, per diventare un’allegoria che avrebbe reso un giusto tributo alla difficile professione del giornalista, attraverso la raffigurazione della storia della stampa.”

Ottenuto il benestare del Presidente, Luigi Eugenio Vigevano si mise al lavoro, realizzando 50 tra disegni e studi preparatori e 4 bozzetti che confluirono nella grande tela – misura m 5,20 x 1,40 metri – collocata nella sala Ocera, che il ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha trasformato in francobollo B (attualmente venduti a 1,20 euro, lettere e cartoline per l’interno). L’impaginazione dell’ ”Allegoria sul mondo dei giornali”, questo il titolo dell’opera, effettuata presso il Centro Filatelico del Poligrafico dello Stato, non valorizza del tutto il lavoro di Vigevano. Colpa, forse, del formato verticale, mentre il dipinto è orizzontale, cosicché, oltre a perdere omogeneità, alcuni particolari risultano inutilmente ripetuti. L’insieme, oltre alle diciture celebrative, è completato dalla scritta “Il dovere della verità”, alla quale tutti i giornalisti sono tenuti ad ispirarsi nel loro lavoro.

“Allegoria sul mondo dei giornali”: l’opera di Luigi Vigevano esposta nella Sala Ocera

Da sempre testimoni della storia e in prima linea nella ricerca della verità, trenta colleghi hanno pagato con la vita il proprio impegno civile uccisi dalle mafie, dal terrorismo e sui teatri di guerra; ancora oggi oltre venti giornalisti, vittime di minacce e intimidazioni, sono costretti a vivere sotto scorta per poter svolgere il loro lavoro, garantendo un’informazione indipendente, completa e imparziale” è la sottolineatura di Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei giornalisti.

Ma cosa rappresenta l’ “Allegoria del mondo dei giornali?”. E’ ancora Diego Massimiliano Vigevano che ci viene in aiuto avendo raccolto la descrizione del padre.  Partenza, a sinistra con i caratteri mobili di Gutenberg,  per passare alla mitica macchina da scrivere della Olivetti, modello lettera 22, nella quale è inserito un foglio sul quale è riportato questo aforisma di Oriana Fallaci: “Ogni persona libera, ogni giornalista libero, deve essere pronto a riconoscere la verità ovunque essa sia. E se non lo fa è (nell’ordine): un imbecille, un disonesto, un fanatico. Il fanatismo è il primo nemico della libertà di pensiero”. Si tratta di un chiaro omaggio alle all’importante contributo che le donne hanno apportato alla professione. “La Fallaci – ricorda- fu un’inviata di grande spessore professionale, scrisse per L’Europeo pagine memorabili sulla guerra del Vietnam. Il suo pensiero, racchiuso nell’aforisma che ho citato, rappresenta il primo dovere deontologico di ogni vero giornalista. Secondo, perché la conobbi personalmente all’inizio della mia carriera giornalistica quando lavoravo nella redazione di Annabella, il giornale femminile che vive ancora oggi con la testata A”.

Nella sequenza non manca la linotype ed alti mezzi tecnici in uso nel corso del tempo. Compreso un datato video di computer (ma ce ne sono anche di più recenti).  Ricordo le ore trascorse in tipografia a scoprire da vicino la realizzazione del giornale, dove ho incontrato figure storiche quali il ‘Proto’. Costui era in grado di comporre le pagine del giornale con caratteri mobili manualmente ad una velocità incredibile e solo successivamente con la linotype.

Mi auguro  questa la conclusione dell’artista  che la mia opera venga guardata con interesse dalle nuove generazioni che certo non hanno avuto la fortuna – dico io – di conoscere la ’assetta Rossi’, cioè il contenitore dei caratteri mobili. Per le nuove generazioni il regolo tipometrico o il rullo tiraprove rappresentano certamente l’archeologia giornalistica, ma questi stessi strumenti mi ricordano l’importanza che rivestivano per la formazione, per esempio, della velina della pagina del giornale che sarebbe andata poi, con i negativi delle foto, ad incidere il cilindro per la stampa”.

Al centro un grande rullo con i quattro colori di stampa rappresenta il confine della rivoluzione tecnologica fra la composizione del giornale detta ‘a caldo’ e le nuove tecniche di composizione ‘a freddo’. Il rullo dei quattro colori sopravvive ancora oggi nella stampa telematica. Ecco il perché di quest’opera, una pagina di storia aperta sulla nostra professione. Un’allegoria appunto.

Non è finita. Al centro dell’affollata sequenza è rappresentato un uomo bendato legato ad una colonna. “Rappresenta il giornalista che viene torturato. Infatti la più grande tortura inflitta a un giornalista è quella di non poter udire o vedere la verità. Ai suoi piedi ho raffigurato una macchina da presa che gronda sangue. Si tratta di un tributo a tutti quei giornalisti che hanno perso la vita cercando di raccontare la verità. Infatti la macchina è collocata sopra il codice deontologico il cui primo articolo impone al giornalista di raccontare proprio e solo la verità”. Poi ancora video e tastiere moderne, pacchi di giornali che profumano di inchiostro e, nell’angolo inferiore sinistro, semicoperto dalla lettera B che sta ad indicare che il francobollo può essere usato per lettere e cartoline a destinazione l’Italia, il tram 1, il più antico del mondo, che a Milano continua a sferragliare sui binari. 

 Alla presentazione del francobollo, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha sottolineato che “sfida di oggi è competere in un mondo dove le notizie arrivano da ogni luogo. E’ necessario coniugare informazione e responsabilità. Andrebbe affrontato anche il tema della responsabilità per la diffusione dei contenuti in rete via social media, per questo la professione giornalistica è e resta centrale per l’informazione”.

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