Print Friendly and PDF

Il “pianeta Bourdin” sinistro e sensuale in mostra a Milano

Vogue-Paris-May-1970-©-2023-The-Guy-Bourdin-Estate
Vogue-Paris-May-1970-©-2023-The-Guy-Bourdin-Estate
La nuova mostra Guy Bourdin: storyteller (24 Febbraio – 31 agosto 2023), fortemente voluta da Giorgio Armani, sancisce l’impegno di rendere lo spazio Armani/Silos uno stimolante centro di cultura per la fotografia contemporanea. Una selezione di cento fotografie tra scatti iconici e immagini meno note e un fashion video presentati in collaborazione con The Guy Bourdin Estate ripercorrono l’immaginario visivo estremamente connotato del fotografo di moda parigino (1928-1991).

La ricca esposizione fotografica ha come focus il racconto: Guy Bourdin infatti, particolarmente interessato alle storie e alle atmosfere da costruire attorno all’oggetto di moda, era stato uno dei primi autori a ribaltare il canone secondo il quale la composizione e la trama fossero da considerarsi subordinate al prodotto.

Personaggio particolare Guy Bourdin, sul quale è circolata molta aneddotica riguardo al suo difficile carattere, ai complessi rapporti amorosi e alla sua passione per i segni zodiacali che lo indirizzavano sulla scelta dei collaboratori e anche delle modelle. Racconta Nicolle Meyer, quella che a posteriori è stata eletta a “musa” e volto di molte delle sue immagini, che durante il loro primo incontro lui abbia voluto dare una sbirciata alla sua carta d’identità per dedurre il suo segno. Il segno zodiacale a quanto pare era risultato congeniale ai calcoli di Bourdin data la nutrita serie di scatti realizzata con lei dagli inizi della sua carriera di modella, appena diciassettenne.

Carattere schivo e poco interessato alla pubblicazione dei suoi lavori mentre era in vita, ma già considerato maestro del colore iperrealista quando ancora Photoshop non era neppure un’idea. Esercitava un controllo totale sulle immagini che creava: schizzi preparatori, sopralluoghi e strumenti alla mano per riuscire nel risultato che voleva ottenere, non lasciava che nulla fosse deciso all’infuori di lui. La sua passione era da un lato la pittura, infatti agli esordi ne esercitò anche la professione poi portata avanti con il mezzo fotografico attraverso le sue ispirazioni: Balthus, Edward Hopper, René Magritte. Dall’altro lato l’amicizia con Man Ray e la frequentazione con la corrente surrealista rivelano l’orientamento dello sguardo verso il campo della fotografia “artistica” che tiene legata tutta la sua coerente produzione fotografica durata un quarantennio. Non solo, ma anche il fascino che il cinema ha esercitato su Bourdin, soprattutto la filmografia di Alfred Hitchcock, è un altro elemento da considerare attentamente dato che tutta la sua fotografia è permeata da situazioni dalle tinte giallo-noir.

La mostra Guy Bourdin: storyteller, fedele alle inclinazioni presenti nel lavoro di Bourdin, esalta la poetica del colore del fotografo attraverso gruppi di immagini che esplodono nelle sale in un trionfo di colori rivelando le coppie cromatiche care al fotografo. L’esibizione fa pienamente esplorare il “pianeta Bourdin” sinistro e sensuale, fatto di modelle dai trucchi glossy, di manichini, di scene voyeuristiche soffuse di eros e thanatos, sogni che potenzialmente si trasformano in incubi, mistero e rapporti psicologici oscuri, tutto inquadrato in maniera raffinata e tagliente.

Un viaggio in particolare è quello che forse più colpisce: quello delle “walking legs” straordinari manichini di gambe tagliati al di sotto delle ginocchia che se ne vanno in giro in negli scorci urbani indossando scarpe glamour con un’aura magnetica e irripetibile. Esempi unici dove le gambe fake, più vere del vero, rappresentano una parte per il tutto, sostituendo con grande forza la scelta di una modella intera ed in carne ed ossa.

La serie, ideata per il designer di scarpe Charles Jourdan, era stata un successo tanto da aggiudicarsi le campagne dagli anni Sessanta agli anni Ottanta.

La storia per immagini di Bourdin incrocia per lungo tempo la collaborazione con il leggendario giornale di moda Vogue e mette d’accordo tutti sul lato della libertà che ha esercitato su possibili controlli da parte delle riviste di moda, è nota la morbidezza con la quale era trattato da Francise Crescent nel ventennio 1968-1987 nel quale lei era editor di Vogue Paris, dando una grande fiducia a Bourdin e ad altri talenti a lui contemporanei, un nome su tutti: Helmut Newton, fotografo al quale era spesso accostato nelle pagine della rivista e al quale lo legava una bella amicizia.

Conclude il percorso espositivo una sala con una ventina di splendidi scatti in bianco e nero.

Commenta con Facebook

Altri articoli