140 opere di 39 autori, artisti che hanno sublimato l’orrore della guerra in squarci silenziosi di pulsante umanità. Un titolo semplice, Artisti in guerra, e nomi che hanno fatto la storia dell’arte (come Francisco Goya, Salvador Dalì, Pablo Picasso, Zoran Mušič, Alberto Burri e Fabio Mauri) insieme a quelli di chi rappresenta la scena contemporanea più impegnata, socialmente e politicamente (come l’ucraino Nikita Kadan e l’afgano Rahraw Omarzad). Fino al 19 novembre 2023, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marianna Vecellio.
Dipinti, fotografie, video, installazioni e libri rari (come quelli provenienti dalla Collezione Cerruti del poeta Paul Éluard) ripercorrono gli scenari più crudi, dalla Guerra d’Indipendenza spagnola alla Seconda guerra mondiale, fino ai conflitti recenti. Una raccolta filologica che attraversa il mondo indagandolo negli orrori dei bombardamenti e delle esplosioni nucleari, mettendo in dialogo autori appartenenti a momenti storici differenti come Fabio Mauri (1926-2009) con Ettore Ximenes(1855-1926), Francisco José de Goya y Lucientes (1746-1828) con Anton Zoran Mušič (1909-2005), Elizabeth Lee Miller (1907-1977) con Bracha L. Ettinger (1948). Un racconto per immagini al terzo piano del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, che fino alla Seconda Guerra Mondiale fu occupato dai militari.
Una sala, la 36, ospita la sezione dedicata alla Guerra del Vietnam (1955-1975) con l’installazione di Dinh Q. Lê Light and Belief. Voices and sketches of life from the Vietnam War, presentata a Kassel in occasione di dOCUMENTA XIII. L’opera raccoglie settanta disegni, realizzati dal 1968 al 1973 da diversi artisti Viet Cong e nordvietnamiti, raffiguranti scene idilliache lontane dagli sconvolgimenti bellici. Il perché di questa scelta è spiegato in mostra dalle interviste fatte dallo stesso Q. Lê agli autori dei disegni, artisti-soldati che non dipingevano scene di violenza.
Nikita Kadan (1982), Anri Sala (1974), Michael Rakowitz (1973) e Rahraw Omarzad (1964), in successione nelle sale 36 bis, 37 e 38, sono i testimoni viventi delle atrocità contemporanee di cui si fanno statuari portavoce con opere di estremo lirismo. Delicate come il video Nocturnes di Anri Sala che elabora la Guerra dei Balcani (1990-2001) con un documentario che segue la solitudine di due personaggi insonni, un collezionista di pesci e un ex casco blu delle Nazioni Unite. Magnetiche e strazianti come l’installazione di Nikita Kadan ispirata, se la guerra può ispirare, al conflitto ucraino: concepita come proseguimento dell’omonima opera The Shelter, realizzata per la XIV Biennale di Istanbul e dedicata al Donbass, The Shelter II (2023) si configura come un rifugio antiaereo il cui spazio superiore è un muro di libri (non più simbolo di cultura ma protezione contro i frammenti di vetro in caso di esplosioni) e quello inferiore, cavo, è ricoperto di terra, nella cui oscurità emerge un calco in bronzo fuso della mano dell’artista, metafora soffocata di impotenza.
Le guerre in Afghanistan concludono il percorso nel sottotetto del Castello, ripercorrendone gli avvenimenti dalla liberazione del paese dai Taliban nel 2001, fino al ritiro definitivo delle truppe USA e NATO nel 2021 e il ritorno del regime talebano: Every Tiger Needs a Horse (2022-2023) è un’installazione di sei tele di grandi dimensioni dell’artista e attivista Rahraw Omarzad, rifugiatosi in Italia nell’autunno del 2021 grazie all’impegno del Castello di Rivoli insieme al Governo italiano. Nell’opera installativa la dinamite si sostituisce all’artista che, grazie alla collaborazione dell’Esercito, ha fatto esplodere della pittura all’interno di una base militare, alle cui pareti erano state apposte le tele. L’installazione e il film New Scenario di Omarzad insieme a The Shelter II di Kadan sono le opere inedite donate al Castello di Rivoli dagli artisti.