Un video di David Cronenberg per raccontare l’orrore e la sensualità delle Veneri provenienti dal Museo della Specola di Firenze. Il nostro approfondimento sulla mostra “Cere Anatomiche” a Fondazione Prada
La Fondazione Prada a Milano espone per la prima volta 13 modelli anatomici di cera femminili realizzate nel Settecento dall’Officina ceroplastica dell’Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze nel XVIII e XIX, per il Museo La Specola, insieme a una selezione di copie di 72 disegni rappresentativi delle diverse stanze e sezioni scientifiche della raccolta. L’opera nuova realizzata in occasione di questa mostra volutamente didascalica è il cortometraggio di David Cronenberg che propone un incontro immaginario tra scienza, anatomia e cinema (fino al 17 luglio).
Al primo piano della Fondazione Prada, ammantate dall’oscurità seducono i modelli in cera di 4 figure femminili riprodotte per intero, chiamate Veneri, e le 9 sezioni di corpo provenienti dalla Sala dell’Ostetrica del museo scientifico fiorentino più antico d’Europa, attualmente chiuso per restauri.
Queste cere anatomiche femminili dai volti stereotipati, più simili a Madonne che a cadaveri veri e propri, con capelli raccolti in trecce, labbra vermiglie, lunghe ciglia, occhi dall’espressione languida, collane di perle al collo, sembrano in estasi, hanno la testa reclinata all’indietro e pose sinuose di braccia, mani, gambe modellate e dipinte da noti ceroplasti come Clemente Susini, un artista abile nel riprodurre in tre dimensioni le dissezioni anatomiche dei medici ad uso didattico. Nel dettaglio, i quattro volti femminili evocano anche nella postura dei corpi Santa Teresa d’Avilla (1645-1652) di Gian Lorenzo Bernini e rimandano anche l’espressività del realismo cinquecentesco, si pensi ad esempio a Gaudenzio Ferrari.
Più di tutte attrae lo sguardo della Venere detta ‘Mater gravida’, che sotto sette strati sovrapposti custodisce il proprio feto. Sono morbosamente sensuali questi corpi traslucidi, dall’incarnato artificiale per nulla simili alla naturale rigidità dei defunti, sospese tra eros e morte, estasi e dolore, orrore e immortale bellezza, ma tutto si ferma in superficie, congelato in quella bacheca di difficile accesso agli sguardi più curiosi.
Queste donne terribilmente belle appaiono accanto ai loro disegni (in forma di copie espositive), servivano a svelare i misteri del corpo agli universitari in medicina, ai medici e agli ospedali per studiare il funzionamento degli organi del corpo a chi non poteva avere accesso a cadaveri veri e propri. Le belle addormentate imprigionate nelle bacheche da oltre due secoli sembrano trattenere emozioni e ci appaiono perfette, ma non soddisfano totalmente il voyerismo del macabro dello spettatore più esigente, che non può avvicinarsi più di tanto alle vetrine allarmate per godere della visione di dettagli anatomici e della straordinaria riproduzione iperrarealista dei calchi degli organi delle veneri.
La rarefatta dimensione di straniamento è però disturbata da suoni inquietanti, quasi ossessivi emessi dagli allarmi che scattano quando il fruitore si avvicina troppo incautamente alle bacheche delle veneri immortalate in un sonno eterno; ebbene questo intervento sonoro non programmato, rompe la rigidità dello spazio, alterando il clima rarefatto e necrofilo, è a mio avviso l’accadimento più interessante della mostra: un happening rigenerante e vitalistico non previsto che avrebbe stupito John Cage, l’autore del brano 4.33.
Il meglio della trasfigurazione del patrimonio ceroplastico del museo fiorentino, di indiscutibile valore, si materializza sotto lo sguardo onirico e disorientante del regista canadese David Cronenberg (1943, Toronto), esploratore del genere cinematografico indicato come body horror, interessato alla mutazione del corpo, da Videodrome (1983) al film che racconta la trasformazione da uomo-insetto The Flay (1986), fino all’uomo-macchina in Crash (1996). Nel cortometraggio Four Unloved Women, Adrift on a Purposeless Sea, Experience the Ecstasy of Dissection (Quattro donne mai amate, alla deriva su un mare senza scopo, sperimentano l’estasi della dissezione), proiettato nel Podium all’interno di una scenografia ispirata ai teatri anatomici, Cronenberg incastona le quattro Veneri della Specola in una trama narrativa come presupposto per indagare i suoi principali temi: ferite, mutazioni del corpo, il piacere estetico della visione degli organi del corpo che implicando riflessioni sulla vita, morte, erotismo, attrazione e repulsione in uno scenario da videogame dal finale ambiguo e paradossale.