Al Kunstmuseum Basel “The Heart of Relations”, la più grande mostra dell’artista tedesca Andrea Büttner, allestita nelle tre sedi del museo (fino al primo ottobre 2023), che «riunisce diversi filoni narrativi esplorati dall’artista negli ultimi quindici anni», ha spiegato il museo.
Abbiamo parlato di questo evento espositivo con Josef Helfenstein, Direttore del museo, e con Maja Wismer, curatrice della sezione arte contemporanea del museo, nell’intervista qui sotto.
Per l’Art Basel week (qui il nostro Speciale) il museo propone due volte la performance dell’artista “Piano Destructions”, ieri, 12 giugno e il prossimo 15 giugno (dalle 18.30 alle 19.15): nella zona interrata dell’edificio del Neubau, l’artista «presenta filmati di artisti uomini come Nam June Paik, Wolf Vostell, Ben Vautier e Günter Uecker che distruggono pianoforti. In risposta a queste scene di distruzione di pianoforti, Büttner fa suonare nove pianiste a coda in formazione di coro, dal vivo e di fronte a un pubblico».
Nelle tre sedi espositive del museo (Hauptbau, Neubau e parte dedicata al contemporaneo: Gegenwart) sono in corso, inoltre, la mostra personale di Shirley Jaffe “Form als Experiment” (fino al 30 luglio), la personale dedicata a Charmion von Wiegand (fino al 13 agosto), la mostra “Bernard Buffet. Existenzialist und Populärkünstler” (fino al 3 settembre), la collettiva “Born in Ukraine Werke” (fino al 2 luglio) con opere della Kyjiwer Gemäldegalerie, il museo nazionale d’arte ucraino nationalen ukrainischen Kunstmuseum e l’installazione di Gina Folly “Autofokus. Manor Kunstpreis 2023”.
Silvia Conta: Il Kunstmuseum Basel è il museo d’arte più importante della Svizzera, con una collezione che va dal XV secolo all’arte contemporanea esposta in tre sedi. Qual è la mission del museo riguardo all’arte contemporanea?
Josef Helfenstein: «Una delle qualità uniche della collezione del Kunstmuseum Basel è che possiamo offrire ponti o opportunità di dialogo tra antichi maestri e artisti contemporanei. Cerchiamo quindi di esplorare sempre queste opportunità, come ora con gli interventi di Andrea Büttner nella nostra Old Masters Gallery. Lo abbiamo fatto in passato con Gerhard Richter, William Kentridge, Louise Bourgeois e molti altri artisti».
Come riuscite a trovare un equilibrio tra la presentazione di artisti contemporanei internazionali e la concessione di spazi ad artisti contemporanei nazionali?
«Il nostro museo ha una solida reputazione internazionale e quindi non siamo molto attivi nel distinguere le nazionalità degli artisti. Il nostro obiettivo è mostrare arte contemporanea importante, sia essa svizzera o non svizzera. E lo facciamo su base continuativa. D’altra parte, siamo molto interessati a mostrare posizioni di artisti svizzeri che non sono molto conosciuti al di fuori del Paese. Sia esponendole in una galleria separata, sia integrandole nelle presentazioni principali della galleria».
Silvia Conta: “Andrea Büttner-The Heart of Relations” è la più grande mostra dell’artista finora realizzata. Come è nata la mostra?
Maja Wismer: «La mostra è nata grazie al mio interesse di lunga data per il lavoro di questa artista, fin dal suo contributo ampiamente riconosciuto a dOCUMENTA 13 nel 2012. Quando sono stata nominata responsabile dell’arte dal 1960/arte contemporanea al Kunstmuseum Basel, sapevo di voler presentare una mostra sul suo lavoro.
Andrea Büttner ha un profondo interesse per la storia dell’arte e, in effetti, la collezione della nostra istituzione abbraccia diverse centinaia di anni di storia dell’arte occidentale. Oltre alla sua mostra nell’edificio dedicato all’arte contemporanea, il Kunstmuseum Basel | Gegenwart, le opere di Andrea Büttner compaiono anche tra i dipinti di antichi maestri esposti nella mostra permanente della collezione. In questo contesto, le sue opere offrono un’illustrazione particolarmente lucida di come la nostra epoca contemporanea possa essere negoziata di nuovo dal punto di vista di una bussola storica più ampia. Per quanto riguarda il Kunstmuseum e, più in generale, la città di Basilea, ciò implica il riconoscimento del fatto che, nonostante la secolarizzazione, gran parte della nostra cultura visiva e dei modi di vita contemporanei sono ancora impregnati di eredità cristiana. Per Andrea Büttner non c’è nulla di restrittivo in questa presa di coscienza, che anzi fornisce lo spunto per una valutazione critica e costruttiva della propria storia».
Quali aspetti della ricerca di Andreas Büttner emergono in modo particolare in questa mostra?
«Le mostre del suo lavoro possono essere caratterizzate come “narrazioni” espansive che invitano lo spettatore ad approfondire per gradi. La mostra al Kunstmuseum Basela mostra una confluenza di linee narrative distinte, come la benevolenza della vita comunitaria monastica e quella del lavoro coercitivo nell’agricoltura biodinamica sotto il nazionalsocialismo. Allo stesso modo, Büttner mette in relazione le tradizioni rappresentative dell’oppressione pubblica con le tracce dell’uso quotidiano degli smartphone, come le impronte digitali lasciate sui dispositivi. Il campo tematico che Büttner affronta frequentemente nel suo lavoro è incentrato sugli approcci alla vita comunemente atipici per il cristianesimo; il perno dei suoi interessi è sempre la fascinazione per le suore e i santi, ma anche per le personalità secolari all’interno di sistemi altamente regolamentati che si ribellano e che, pur perseguendo il loro stile di vita cristiano, hanno scelto di non ritirarsi dalle preoccupazioni quotidiane della vita secolare».
Ieri, 12 giugno, e il prossimo 15 giugno l’artista presenta la performance “Piano Destructions”. Come si inserisce questa specifica performance nella ricerca dell’artista e nel concept della mostra?
«”Piano Destructions” appartiene al filone narrativo di Andrea Büttner che gioca tra impronte culturali, meccanismi di presentazione e di esecuzione e tradizioni di rappresentazione nelle arti visive. Büttner collega il gesto della distruzione ripetuta nelle avanguardie del dopoguerra con la pratica dello studio e della prova, entrambi parti integranti della grammatica dell’educazione musicale. Anche se la performance combina protocolli “maschili” e “femminili” nello stesso spazio, l’attenzione di Büttner non si concentra sulle definizioni di genere, ma sui modi in cui le forme di comportamento si articolano, su come esercitano un’influenza sociale e su come arriviamo a interpretarle».
Potrebbe indicare un paio di opere nel percorso della mostra che sono particolarmente importanti per comprendere il lavoro dell’artista e la mostra?
«L’artista attinge a un’ampia gamma di mezzi di comunicazione per rendere visibili i suoi temi: inizialmente nota per le sue xilografie e incisioni di grande formato, ha poi ampliato il suo raggio d’azione fino a comprendere una varietà di media, come libri, oggetti in vetro, installazioni video e tessuti.
In posizione centrale si trova la serie di incisioni su legno Beggars (2015). I ritratti monumentali di mendicanti velati sono evocativi di una serie di modelli artistici, una selezione dei quali è esposta nella proiezione di diapositive in ottanta parti Shepherds and Kings (2017). In questo caso, la Büttner unisce le rappresentazioni della nascita di Cristo; nel farlo, non si concentra sui protagonisti della scena natalizia, ma sui pastori e sui re, cioè come rappresentanti di ricchi e poveri.
La proiezione su larga scala del video Little Sisters: Lunapark Ostia (2012), si concentra sul lavoro quotidiano dell’ordine. Il video racconta le conversazioni dell’artista con due suore della comunità religiosa Piccole Sorelle di Gesù, che gestiscono uno stand in un parco di divertimenti a Roma. Qui diventa evidente che queste suore sono pienamente parte di questa comunità completamente laica di animatori di parchi di divertimento.
Il punto di partenza della videoinstallazione What is so terrible about craft? / Die Produkte der menschlichen Hand (2019) è una delle suore della comunità religiosa Communaute de Jerusalem, che lavora per il grande magazzino Manufactum di Colonia. Il concetto aziendale di Manufactum ruota attorno alla commercializzazione dell’artigianato, anche di quei manufatti che i monasteri producono per finanziare le loro attività. Le sequenze delle interviste mostrano la monaca che discute della storia del suo ordine e della necessità di assicurarsi un reddito. Andrea Büttner accosta fotografie della panca dell’organo della chiesa a scatti della chaise longue di alta qualità di Manufactum, o primi piani di prodotti per la pulizia a scatti di liturgie che promettono purificazione (spirituale)».