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AdriFest 2023: Andrea Pazienza nelle parole di Marina Comandini

Lo scorso 16 luglio, all’interno del suggestivo chiostro del Palazzo Ducale di Larino (CB), si è svolto Ci vuole Pazienza, un dialogo tra Marina Comandini e Antonello Vigliaroli, responsabile della sezione Splash! Archivio Andrea Pazienza del Mat – Museo dell’Alto Tavoliere di San Severo (FG), come parte del programma dell’AdriFest – Ma(d)re Natura 2023, a cura di Luca Ciarla

Marina Comandini e Andrea Pazienza si sono sposati nel 1986 e hanno trascorso insieme a Montepulciano quelli che poi sarebbero stati gli ultimi anni di vita del fumettista. Il dialogo si è concentrato proprio sul periodo della maturità artistica di Pazienza che la moglie ha vissuto da vicino, ripercorrendo le pagine tormentate di Pompeo per arrivare ad Astarte, passando per Favole e accennando agli inizi della carriera cinematografica che Pazienza si preparava a intraprendere. Durante l’incontro sono emersi aneddoti curiosi e divertenti che hanno sottolineato la vitalità e l’umanità di Andrea Pazienza, senza tralasciare nuove chiavi di lettura per la comprensione della singolare figura del fumettista.

Il primo contatto tra i due coniugi è avvenuto dopo la pubblicazione della prima puntata di Pompeo, nel 1985. Pompeo nasce in un momento di grande difficoltà per Andrea Pazienza e si conclude nel 1987, quando invece l’autore vive una fase di serenità, come un sismografo il fumetto capta e registra la variazione dei suoi moti d’animo. Per Pazienza era difficile mantenere lo stesso stile nel tempo, ma in questo caso è riuscito a rendere la storia omogenea. Durante il dialogo Marina Comandini ricorda gli insegnamenti che Andrea le ha lasciato: “Questa è una cosa che mi ha insegnato lui: quando disegni delle tavole, non bisogna disegnare dall’inizio alla fine, cioè dalla prima immagine per poi proseguire in sequenza, ma devi disegnare in maniera disordinata in modo tale che alla fine ci sia un’omogeneità del lavoro. Perché ogni giorno che ti svegli sei diverso, e quindi nella realizzazione delle immagini inserisci tecniche differenti. Di conseguenza, per non rendere visibile questa trasformazione, il trucco è quello di rimescolare le immagini e disegnare in maniera disordinata”. In Pompeo, Pazienza ha mantenuto durante l’arco dei due anni quella formula dura delle prime fasi, ma con un umore del tutto diverso. 

Copertina del volume “Gli ultimi giorni di Pompeo”, Fandango Libri – edizione 2011

L’incontro con l’illustratrice Marina Comandini ha influenzato il percorso creativo di Pazienza modificandone la palette cromatica che, negli ultimi anni della sua carriera, passa da colori realistici e terrosi, quindi grigi, marroni a tinte più surreali come lilla, viola, blu, etc.

Alla fine dell’estate del 1986 Andrea ha disegnato due storie per bambini contenute nel volume Favole, in questa occasione le tavole sono state colorate da Comandini. Notiamo infatti una gamma cromatica accesa e brillante. “Ora mi sono ricordata perché Pancrazio è blu: c’era bisogno di fare tanti cieli colorati, in particolare tramonti. Il colore giallo del leone non funzionava. A un certo punto Andrea mi disse: ma fallo blu! E così è stato. 

Le fonti di ispirazione di Andrea Pazienza spesso erano la letteratura e la poesia, come per esempio in Pompeo, il cui riferimento ai poeti russi del Novecento è costante, così per il suo ultimo lavoro purtroppo lasciato incompleto, l’autore prende spunto da Annibale di Gianni Granzotto, per creare Astarte. Dalle parole di Comandini emerge tutta l’estrosità di Pazienza: “Che lui abbia pensato al cane Astarte per raccontare di Annibale non è così scontato. Andrea aveva una sensibilità particolare per gli animali, quindi non è un caso che sia partito dal cane del famoso condottiero. Normalmente i graphic novel che conosciamo raccontano pedissequamente la storia che vogliono raccontare. Invece lui parte da Astarte, il cane di Annibale, che viene nel sogno dell’autore stesso della storia. Questo gioco di ruoli è tipico di Andrea, ma era una novità all’epoca ed è un espediente che solo in seguito è stato utilizzato molto sia nel mondo del fumetto che in altri contesti. Questo modo di raccontare, questa autoreferenzialità nel raccontare, nasce dal lavoro di Andrea. È stato un promotore in questo. Astarte, io l’ho visto scrivere e disegnare da Andrea. Spesso scriveva il testo prima di disegnare e solo successivamente aggiungeva le immagini. Era molto legato alle parole”. 

Astarte nasce in un periodo in cui Andrea stava entrando in una nuova fase della sua vita, aveva 32 anni. Era in un momento di crisi perché non aveva più una casa editrice di riferimento: Linus aveva smesso di pubblicare Pompeo perché secondo la Milano Libri era una storia sconveniente. A Lucca incontra Rinaldo Traini che con la sua casa editrice Comic Art si occupava prevalentemente di contenuti per famiglie, ma propone al fumettista di pubblicare i suoi lavori, lasciandogli carta bianca dal punto di vista creativo. Pazienza, scettico, lo mette alla prova. Infatti, consegna due storie impubblicabili Cenerentola 1987 e Cuore di Mamma, volutamente spinte ai limiti per tastare la libertà di espressione che Traini gli garantisce. Nel momento in cui l’editore pubblica le due storie Andrea decide di cambiare registro e realizza capolavori quali Zanardi Medievale, Zanna, Ma la vecchiezza è una Roma, e appunto, Astarte.

L’excursus sull’ultima fase della carriera artistica di Andrea Pazienza ha sfiorato anche il profondo legame tra questi e la musica italiana: “Nel periodo in cui stavamo insieme è uscito Don Giovanni di Lucio Battisti, con i testi di Pasquale Panella. Lui lo adorava. Chi conosce il lavoro di Pazienza, sa che lo ha inserito spesso nelle sue storie. Era letteralmente impazzito per quei testi”. Infine, per concludere la serata larinese, si è accennato all’interesse che Andrea coltivava per il cinema. Sono gli anni in cui si avviava a intraprendere la carriera cinematografica, drasticamente interrotta dalla prematura morte avvenuta nel 1988, quando Andrea si stava preparando per il film Cavalli si nasce di Sergio Staino. Pazienza inizialmente entusiasta del personaggio che gli era stato assegnato, man mano che scorre con la lettura del copione scopre che Andrea (nome del suo personaggio) era il farabutto del film. Pazienza, offeso, comincia a maturare l’idea di scrivere sceneggiature per film, inoltre, il fumettista non si riconosceva più nel suo vecchio pubblico, in un momento storico di profondi cambiamenti che si stava aprendo al berlusconismo. Andrea, in qualche maniera, cominciava a ritenere il fumetto un media in via di distruzione, dunque, stava nascendo in lui l’idea di cambiare il suo linguaggio artistico e passare al cinema, “aveva iniziato a scrivere una storia che cominciava con un castello merlato, un re e le sue figlie…”

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