I Cracker Jacks sono popcorn caramellati, negli Stati Uniti uno snack cult di vecchia data che viene consumato alle partite di baseball ancora oggi. Ogni scatola contiene una piccola sorpresa. Forse qualcuno ricorderà che stava in una confezione di Cracker Jacks l’anello giocattolo che Audrey Hepburn portò a incidere da Tiffany… Da qui la fascinazione del gioiello, per il suo potere simbolico ed evocativo, che conserva anche quando è solo un giocattolo, e l’ispirazione per l’allestimento.
Quando alla fine degli anni Trenta artisti del calibro di Alexander Calder, Salvador Dalì e Pablo Picasso iniziarono a interessarsi al gioiello vi infusero i rispettivi linguaggi artistici, anzi, li considerarono come delle miniature delle loro opere, delle sculture per una superficie espositiva un po’ anomala come il corpo.
Le figurine di ferro di Calder, i fili elettrici di Jean Clément o le aspirine infilate di Louis Argon erano “evidentemente” dei gioielli dove la preziosità dell’idea dei loro autori affiancava – se non superava – la preziosità del materiale. Ecco allora che il prezzo non veniva più determinato dai grammi di metallo o dai carati delle gemme ma dalla originalità dell’idea creativa e dalle quotazioni degli artisti che li avevano realizzati. Per il gioiello significò la fine dell’unitarietà a favore di un’irriducibile molteplicità che è caratteristica precipua del gioiello contemporaneo. Il gioiello contemporaneo è una galassia puntiforme definita dalla molteplicità e dalla diversità: di significati – simbolo, amuleto, accessorio, investimento, scultura, gadget – di valori – materiale, creativo, commerciale – di ambiti – arte, artigianato, moda, design- di manifattura – alta gioielleria, serie limitate, serie industriali. Una molteplicità di senso come di forme che oggi rende impossibile, oltre che vano, qualsiasi tentativo di circoscrivere il gioiello in termini e valori assoluti e che ne rappresenta anche il suo maggiore fascino e mistero. (Prof. Alba Cappelleri, Presidente del corso di laurea in Design della Moda, Politecnico di Milano).
Dal sodalizio di Hannika Cereda e Fabiana Cortesia nasce 2me-Handmade, una collezione di bijoux-scultura realizzata con oggetti di riciclo. La camera d’aria della bicicletta e le palettine in plastica per il gelato si trasformano nelle loro mani in creazioni glamour, tra ironia ed eco-design.
Leggerissime opere d’arte da indossare, i collari in acciaio oppure ottone di Elena Cavallo vengono realizzati reinterpretando bottoni antichi, vecchie perline in vetro, spille e fermagli.
Le creazioni di Bruna Chiarle sono invece realizzate in vetrofuso e pate de verre in un equilibrio che passa dalla fragilità della trasparenza al vellutato senso di viscosità. Alternati alla matericità del vetro, argento e cuoio alleggeriscono le composizioni.
Cecilia Mosso utilizza ceramica e porcellana per le sue creazioni dalle forme pulite ed essenziali. Fragile, elegante, duttile, la porcellana richiama un saper fare antico rivisitato in chiave contemporanea dalla giovanissima artista attraverso forme e volumi e una speciale gamma cromatica.
Elena Martinelli lavora il metallo, principalmente con filo e lastra. Per mezzo di trafori, ossidazioni e patine modella la luce e l’ombra insieme al metallo. Introduce sfumature di colore accostando materiali diversi in un gioco di textures che prende spunto dalla natura, dalle persone, dalle suggestioni della quotidianità.
L’allestimento è a cura di Nuts Design&More (www.nutsdesgn.it).
In occasione dell’evento sarà possibile visitare Mapping Identities, la mostra collettiva in corso in galleria (www.guidieschoen.com).